VIII Rapporto Censis sull’avvocatura: una ripresa da consolidare
Quanti sono gli avvocati in Italia? Si riduce, nel 2023, dell’1,3% il numero degli iscritti alla Cassa, ma in diverse regioni del Paese il numero di avvocati per mille abitanti resta uguale o superiore a sei (6,6 in Calabria, 6,0 in Campania, contro una media nazionale pari al 4,0 per mille). La quota delle donne avvocato sul totale torna, nel 2023, a 47,1%, riportando la distribuzione fra uomini e donne avvocato a quella che era nel 2014. Sale a 48,3 anni l’età media degli avvocati, dato lontano dalla media della popolazione italiana che è pari a 46,6 anni; nello stesso tempo, il tasso di dipendenza (cioè, il numero di avvocati attivi per ogni pensionato) è sceso a 6,7 (era 7,7 nel 2019) mentre il numero dei pensionati è cresciuto nel 2023 del 4,5%. Il 2023 ha registrato 8.043 cancellazioni fra gli iscritti a Cassa Forense; 6.393 le nuove iscrizioni, ma il saldo è negativo per 1.650 unità. Inoltre, sono state 5.408 le cancellazioni da parte di donne avvocato, la metà circa con un’anzianità professionale inferiore ai 10 anni. È quanto emerge dall’VIII Rapporto Censis sull’avvocatura, realizzato dal Censis per la Cassa Forense.
Si riduce l’area del «disagio professionale». Il 54,2% degli avvocati, con una leggera diminuzione rispetto al 2023, definisce abbastanza critica o molto critica la propria condizione professionale (al Sud il dato è intorno al 60%). Per il 50,2% degli avvocati le prospettive 2024-2025 restano stabili, ma per il 27,9% non saranno positive. Non a caso, il 34,6% lascerebbe la professione prevalentemente a causa dei costi eccessivi e del basso ritorno economico. I redditi medi annui fra il 2021 e il 2022 crescono del 5,3% e in parte riescono a conservare il potere d’acquisto della categoria, esposto come altre agli effetti dell’inflazione. Sempre fra il 2021 e il 2022 si è consolidato il rimbalzo della ripresa che ha avuto avvio alla fine del 2021: al Sud, fra i giovani e fra le donne avvocato si riscontra un tasso di crescita dei redditi annui superiore alla media (rispettivamente: +8,1% fra le donne 30-34enni e +11,6% fra le 35-39enni, in confronto al +7,5% del Sud e al +9,5% della Calabria).
Cosa deve cambiare e cosa sta cambiando nella professione di avvocato. Nell’ambito dell’assetto normativo della professione, gli avvocati sollecitano: una regolamentazione della figura dei collaboratori di studio, senza però trasformare il professionista in un lavoratore subordinato (è d’accordo il 48,7% degli avvocati); una revisione delle incompatibilità con qualsiasi attività di lavoro subordinato, anche se con orario di lavoro limitato (il 34,9% è d’accordo); l’estensione dell’esclusività dell’attività dell’avvocato in tutti quegli ambiti in cui può sorgere un contenzioso (per il 46,4%). La quota dell’attività stragiudiziale sul totale del fatturato dei professionisti è in media pari al 40,7%. Nello stesso tempo il 63,3% afferma che i metodi di risoluzione delle controversie alternativi al procedimento giudiziale (Adr) allungano i tempi e i costi della giustizia, mentre il 41,7% concorda con il fatto che l’Adr riduce il ruolo degli avvocati e della giurisdizione. Ampia è l’area di scetticismo sul raggiungimento degli obiettivi previsti dal Pnrr sulla riforma della Giustizia: il 29,7% non crede che la riforma del processo civile verrà portata a compimento nei tempi previsti; un altro 35,1% afferma che gli obiettivi saranno raggiunti solo in parte. L’intelligenza artificiale è percepita dagli avvocati come un’opportunità piuttosto che una minaccia: lo afferma il 58,7% dei professionisti.
L’innovazione passa dagli studi strutturati. Ma forse i più chiari segnali di cambiamento nella professione possono essere individuati dall’esperienza degli studi strutturati. Fra questi emerge soprattutto un fattore comune: la consapevolezza del valore della condivisione delle competenze e delle esperienze professionali, che costituisce il motivo fondamentale della scelta dello studio strutturato. Tale consapevolezza deriva da motivazioni di diversa natura che sono riconducibili a una natura sempre più complessa e articolata della domanda di servizi in campo legale, che richiede la collaborazione e l’intervento di competenze integrate e diversificate e, forse più importante di tutto, la convinzione di poter offrire alla committenza un servizio che garantisca un maggiore livello di qualità complessiva.
Questi sono i principali risultati dell’VIII Rapporto Censis sull’avvocatura, realizzato dal Censis per la Cassa Forense.