Valvason (A.P.I.): «L’obbligo di Green Pass è giusto, ma servono regole chiare»
L’estensione dell’obbligo del Green Pass su tutti i luoghi di lavoro ha suscitato dubbi e incertezze tra le imprese. Il mondo associativo è in prima linea nell’aiutare le aziende ad affrontare anche questa difficoltà, che si aggiunge alle altre che, pur in un momento di ripresa economica, rendono difficile l’attività quotidiana dei nostri imprenditori. Di questo abbiamo parlato con Stefano Valvason (nella foto sopra), direttore generale di A.P.I. – Associazione Piccole e Medie Industrie.
Come giudica l’estensione dell’obbligo del Green Pass a tutti i lavoratori presa dal CDM lo scorso 16 settembre, poi approdata in G.U. il 21 settembre con il D.L.127?
Come A.P.I. riteniamo che sia fondamentale tutelare la salute pubblica e di chi lavora, ma dando al contempo agli imprenditori gli strumenti per poter gestire la propria attività, evitando al contempo di metterli in conflitto con i propri collaboratori. Il D.L.127 in questo momento sta creando scompiglio, ha importanti lacune, vuoti normativi, manca di chiarezza. Attendiamo, dunque, chiarimenti dal Governo che speriamo sciolgano tutti i dubbi. In associazione abbiamo i telefoni roventi, gli imprenditori ci chiamano e ci chiedono cosa fare. È vero che è stato pubblicato in G.U., ma l’obbligo del controllo entrerà in vigore il 15 ottobre. Per questo motivo gli imprenditori ci chiedono di anticipare già ora cosa devono esattamente fare perché per poter gestire al meglio la propria attività devono essere in grado di programmare. Il Legislatore sta creando incertezze, lasciando ancora una volta alle parti sociali datoriali la responsabilità di definire le procedure da attuare in azienda.
I sindacati avrebbero preferito l’obbligo vaccinale per tutta la popolazione, questo per evitare fondamentalmente che il costo potesse poi ricadere sui lavoratori per chi non si vaccina. Pensa che nel prossimo futuro, soprattutto se i contagi riprendessero ad aumentare ed una fetta della popolazione continuasse a rifiutare di vaccinarsi, la questione dell’obbligo vaccinale potrebbe riproporsi?
Sì, potrebbe riproporsi, magari si riproporrà, però ritengo che anche sotto questo aspetto ognuno debba fare il proprio lavoro. C’è veramente troppa confusione di ruoli e la tendenza talvolta è quella di non assumersi le proprie responsabilità. L’obbligo vaccinale è un’altra delle questioni di cui deve assumersi la responsabilità il Parlamento, emanando una legge, se lo ritiene – così dice la Costituzione -, in coerenza con le indicazioni del Garante della Privacy. Non è ammissibile che il tema venga rilanciato sul tavolo degli imprenditori che si occupano di tutt’altro, così come non devono essere fatte ricadere sulle imprese, di cui i lavoratori sono parte integrante, le inefficienze di un sistema nel quale ciascuno non fa la propria parte. Ritengo sia totalmente da demolire l’immagine dell’imprenditore che, per risparmiare, danneggia o non tutela il lavoratore. Le imprese e gli imprenditori già sostengono molteplici costi, non solo economici, spesso legati ai tanti adempimenti presi nell’interesse dei propri dipendenti. A questi si sono aggiunti i costi legati alle misure anticontagio relative a un rischio che non è aziendale, ma di igiene pubblica e pertanto di competenza del Sistema Sanitario.
Tra i tanti punti ancora da chiarire vi è quello che prevede per le aziende sotto i 15 dipendenti la sostituzione temporanea del lavoratore che non si è messo in regola con la certificazione. Qui emerge anche il timore che il meccanismo poi non risolva il problema, poiché è difficile trovare in tempi rapidi una sostituzione adeguata alla casella rimasta vacante. Cosa ne pensa?
È la dimostrazione che chi predispone le leggi spesso non conosce bene il mondo delle imprese. Come è possibile pensare – avendo chiaro quale è il tessuto produttivo italiano, costituito da aziende di piccola dimensione – che un dipendente che ha magari un’anzianità lavorativa di 10-15 anni – possa essere sostituito da una figura equivalente in solo 5 giorni? I lavoratori non sono così facilmente sostituibili, addirittura sono difficili da trovare, quando li si vuole assumere.
Cosa sta facendo A.P.I. per aiutare le proprie aziende associate che sono tenute a far rispettare l’obbligo di Green Pass?
Innanzitutto, la nostra azione come associazione di categoria (datoriale) è volta a tutelare gli interessi delle piccole e medie imprese ai tavoli istituzionali, ai vari livelli, anche attraverso il sistema di Confartigianato Imprese. Il nostro è un ruolo territoriale. Forniamo una informazione chiara e qualificata ai nostri imprenditori, a chi collabora con loro, anche attraverso webinar informativi che sono sempre più partecipati e assistenze personalizzate. Mi preme sottolineare che il ruolo dell’imprenditore non è quello di dedicarsi ad interpretare delle norme che spesso sono di difficile comprensione anche per gli addetti ai lavori, magari reperendo confuse informazioni su Internet. La nostra funzione è, quindi, proprio quella di analizzare, comprendere e tradurre le regole in modo che l’imprenditore abbia dei riferimenti operativi chiari per applicare la normativa
La nostra economia è in forte ripresa, ma non mancano motivi di preoccupazione. Ritiene che l’intensificarsi della campagna vaccinale – che è poi un obiettivo neanche tanto celato dell’obbligo di Green Pass – sia un requisito fondamentale per consolidare la ripresa economica?
Ritengo che non si debba confondere i due piani, quello della lotta al Covid-19 da un lato e quello della ripresa economica dall’altro. La ripresa economica, di cui abbiamo riscontri positivi, sarà però caratterizzata da molti aspetti contrastanti. La riduzione dei contagi è una condizione assolutamente necessaria ma non sufficiente per la ripresa economica
Ritiene, dunque, che per la nostra economia il peggio sia alle spalle?
In realtà, non penso che il peggio sia già alle nostre spalle. Al riguardo, mi preme fare alcune precisazioni. Innanzitutto, la crisi occupazionale non è scongiurata. Tra le grandi imprese del settore automotive, ad esempio, Marelli ha già annunciato 1.500 tagli occupazionali entro il 2022 e Stellantis, in Italia, ha già anticipato una riduzione di 12.000 posti di lavoro entro il 2023. Possiamo, dunque, affermare senza esitazione che il settore auto è stato gravemente colpito dalla riconversione all’elettrico e forti sono le ricadute in termini occupazionali. Nelle nostre piccole e medie imprese, invece, in questo momento stiamo assistendo al fenomeno opposto, ossia abbiamo imprese che fortunatamente stanno andando abbastanza bene, alla costante ricerca di manodopera qualificata. Tuttavia, per le piccole e medie imprese ci aspettiamo nei prossimi mesi carichi burocratici ed economici di notevole rilievo. Vedremo. In questo periodo si possono fare previsioni economiche al massimo per il semestre successivo. Quanto alla ripresa economica, dobbiamo considerare che l’odierna profonda instabilità geopolitica non sta certo giovando all’attività delle nostre imprese che si trovano ad operare in contesti spesso particolarmente complessi e delicati. Si pensi alla “guerra dei sottomarini”, piuttosto che alla situazione in Libia, ai movimenti della Cina, alle reazioni della Russia, alle politiche inglesi e americane. Allo stato attuale vi sono varie criticità da affrontare. In primo luogo, il tema del difficoltoso approvvigionamento e del costo delle materie prime che ha una pesante ricaduta sulle nostre imprese. Un altro tema spinoso è la fornitura dell’energia, il cui prezzo è salito oltre ogni previsione. Abbiamo creato una simulazione per una delle nostre imprese associate che acquista 5 milioni di euro all’anno di energia elettrica. Ebbene, con i costi attuali i 5 milioni per il 2022 diventeranno 22 milioni, conseguentemente l’azienda potrebbe essere costretta a chiudere lasciando senza lavoro centinaia di dipendenti. Infine, c’è il tema dei trasporti internazionali con la mancanza di containers. A tutti questi problemi si aggiunge lo sforzo che le imprese avevano già cominciato a fare prima della pandemia e stanno continuando a sostenere per adeguarsi alla trasformazione digitale e sostenibile. Si pensi alle grandi difficoltà di chi opera nei settori più penalizzati dai grandi cambiamenti. In particolare alla difficoltà di riconvertirsi del settore auto, oppure pensiamo al settore moda, che ha ricevuto un freno enorme dalla pandemia, perché le persone hanno avuto molte meno relazioni sociali e hanno, quindi, acquistato meno abbigliamento. È questo il mare agitato nel quale nuotano le piccole e medie imprese. In questo momento noi di A.P.I. siamo subissati da richieste di chiarimenti da parte dei nostri imprenditori che ci chiedono di essere supportati nel portare avanti la propria attività. Il nostro ruolo è quello di metabolizzare tutto ciò che non è core business dell’impresa e tradurlo il più possibile in indicazioni semplici, che siano applicabili da parte delle imprese con concretezza. In questo periodo così difficile, si sono avvicinate a noi anche tante imprese non associate che hanno avuto occasione in tal modo di entrare in un contesto associativo serio, in grado di fornire un’informazione altamente qualificata, multidisciplinare. Ritengo sia fondamentale per gli imprenditori, in momenti difficili come quello che stiamo vivendo, non rimanere isolati, poter condividere le proprie problematiche all’interno di un contesto rassicurante come quello di A.P.I., trovando assieme le soluzioni, superando dubbi ed incertezze che non potrebbero essere affrontati e gestiti in autonomia.
Avvocato, socio AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani). Si occupa di diritto del lavoro, diritto civile e diritto sociosanitario. Docente in Master di alta formazione manageriale. Partecipa come relatrice a convegni e seminari. Responsabile Sezione Lavoro de Il Giornale delle PMI.