Valutare. Costruire. Implementare. Gestire. Perché ogni CIO oggi è un operatore cloud
Gli ultimi anni hanno mostrato in modo evidente quanto la tecnologia sia oggi davvero pervasiva. Con la trasformazione digitale che ha iniziato realmente a prendere piede, le app sono sempre più diffuse e ogni azienda è diventata una società software. Retailer come Walmart e produttori di macchinari come John Deere hanno aperto laboratori di innovazione (Open Innovation Labs), non solo ponendo particolare enfasi sullo sviluppo di applicazioni, ma creando spesso software open source – poi condiviso con le comunità – e sfruttandolo come reale strumento di valore di questa era digitale.
Il 2020 ha portato la pandemia globale, che ha messo in chiaro come non possiamo solo costruire applicazioni: dobbiamo anche occuparci della loro esecuzione.
Il COVID-19 ha costretto le organizzazioni ad accelerare i loro sforzi di trasformazione digitale per creare innovazione e soddisfare le richieste dei clienti. Non a caso, il nostro State of Enterprise Open Source Report 2021 ha visto la trasformazione digitale diventare uno dei principali utilizzi dell’open source enterprise insieme alla modernizzazione dell’IT e allo sviluppo applicativo. La sempre più marcata presenza di cloud computing e servizi always-on significa che le organizzazioni aziendali devono sempre più appoggiarsi al cloud ibrido come modello operativo.
Raggruppare più servizi provenienti da diversi cloud pubblici nell’infrastruttura del datacenter esistente e sui workload on-premise corrisponde alla costruzione di un cloud ibrido e non è un’impresa da poco: richiede nuove competenze, nuovi strumenti e nuove strategie.
In breve, non è più sufficiente considerare ogni impresa come un’azienda di software. Oggi, ogni CIO è un operatore cloud.
Questo equivale a dire che ogni organizzazione aziendale è il prossimo hyperscaler? Assolutamente no. Ma pensate alla combinazione di hardware, applicazioni, ambienti virtuali, servizi cloud esistenti e infrastrutture associate che vengono mediamente supervisionate da un CIO. Potrebbero non essere esattamente quello che pensiamo come “cloud”, ma questo non intacca la loro essenza. I nostri data center sono sulla buona strada per essere composti potenzialmente da centinaia di cloud distinte, e ogni organizzazione dovrà avere le piattaforme, gli strumenti, i processi e le persone per poter operare efficacemente in questi diversi ambienti.
Ogni CIO e le rispettive organizzazioni devono capire che sono loro a controllare il proprio destino nell’ambito del cloud. Sappiamo come costruire pensando al cloud, ma ora dobbiamo sapere come eseguire le nostre operation su larga scala.
Tutto ruota attorno a servizi e applicazioni cloud
Da quando ho iniziato a lavorare nell’IT, la capacità di scegliere è sempre stata una componente cruciale dei processi decisionali. Un CIO non pianifica mai a vuoto né solo pensando al momento. Chi gestisce sistemi IT deve prevedere come una decisione che può sembrare semplice in questo momento potrebbe portare a future complessità importanti, all’incapacità di competere o alla mancanza di conformità rispetto a normative di settore in costante evoluzione. Questo significa che, se la scelta e la flessibilità erano considerazioni chiave negli anni passati, oggi sono più importanti che mai, specie nel momento in cui i CIO abbracciano il loro ruolo di cloud operator.
Puntare tutto sui servizi cloud potrebbe sembrare facile, ma in quanto strategia radicale e potenzialmente rischiosa, è una scommessa futura che pochi CIO stanno facendo per garantirsi la massima flessibilità in un mondo dai cambiamenti sempre più rapidi. Mantenere un grande datacenter che ora non è solo distribuito su più sedi, ma anche su più cloud, richiede una forza lavoro IT altamente qualificata e può comportare costi importanti. Adottare un approccio ibrido offre equilibrio, sia tecnologicamente che economicamente, ma senza una solida base hybrid cloud, ci si trova di fronte a complessità nel fondere servizi on-premise e cloud, oltre al rischio di incompatibilità tra gli stack.
Non esiste una risposta univoca per ogni CIO nel suo ruolo di operatore cloud, proprio come non c’era una sola risposta giusta quando tutto ciò di cui ci si doveva preoccupare era sviluppare software. Proprio per questa ragione, scelte lungimiranti e flessibilità dovrebbero essere alla base di ogni decisione che prendiamo. I CIO devono essere in grado di sviluppare, gestire e proteggere centinaia, migliaia o centinaia di migliaia di carichi di lavoro su più ambienti: si tratta di un compito incredibilmente complesso che non deve impattare sulla produzione o richiedere una rigida divisione dei flussi di lavoro in silo.
Ecco perché è imperativo che la prossima ondata di soluzioni IT operi in modo fluido attraverso il cloud ibrido, dal servizio in cloud fino alle applicazioni del datacenter e viceversa. Che si tratti di un servizio gestito o di un’implementazione on-premise, i carichi di lavoro dovrebbero essere proprio questo – carichi di lavoro – che i CIO, in quanto operatori cloud, possono eseguire quando, dove e come vogliono.
Andare oltre il datacenter… e oltre il cloud
Anche per i CIO che mantengono i loro datacenter tradizionali (ovvero quasi tutti), la nozione di datacenter si sta espandendo anche orizzontalmente. Mentre non è più insolito scalare carichi di lavoro e ambienti nel public cloud, le richieste delle applicazioni moderne e degli utenti finali non possono essere pienamente soddisfatte dall’elaborazione e dall’analisi centralizzata. L’ascesa dell’edge computing va di pari passo con il 5G nelle telecomunicazioni, l’intelligenza artificiale (AI), la realtà aumentata e altro ancora, portando le risorse di calcolo sempre di più ai margini lontani delle reti aziendali.
Già in passato, ho messo in evidenza due fattori chiave dell’edge computing:
L’edge computing non potrebbe esistere senza il cloud ibrido.
Le basi dell’edge computing devono essere open, pena l’impossibilità di raggiungere il successo.
Ambienti cloud, datacenter e dispositivi edge sono elementi incredibilmente diversi, ognuno con esigenze uniche in materia di gestione, sicurezza di rete e molto altro. Gli operatori cloud hanno bisogno di una base comune per attraversare questi diversi ambienti, proprio come hanno fatto finora per collegare diverse implementazioni cloud, ambienti virtualizzati e stack hardware. Quella base comune era, è e sarà sempre più Linux e i container Linux, oggi come in futuro.
Per gli operatori cloud, Linux fornisce il collegamento tra ogni istanza open hybrid cloud, incluso l’edge. Essere in grado di spostare i carichi di lavoro dall’edge al datacenter, fino al cloud pubblico senza dover cambiare completamente ogni applicazione è un fattore fondamentale ed è reso possibile solo attraverso gli standard aperti del kernel Linux. Linux è alla base dell’hybrid cloud, ed è anche il fondamento del limite più avanzato dell’enterprise IT.
Cambiare gli strumenti software? L’evoluzione è molto di più
Essere un operatore cloud, tuttavia, comporta una costante adozione ed integrazione di nuove tecnologie. Si tratta di capire cosa è necessario al di sopra e al di là di esse per estendere ulteriormente le operazioni cloud, così come acquisire le competenze interne per costruire, gestire, mantenere e proteggere questi ambienti.
Implementare con successo le piattaforme sottostanti a una strategia open hybrid cloud è una cosa, ma porta con sé più sfide distinte: sicurezza, conformità, rete e gestione. Un cloud non è un’implementazione statica; cambierà e HA BISOGNO di cambiare per adattarsi ad esigenze aziendali, dinamiche almeno quanto le richieste del mercato. Comprendere ciò che la vostra specifica implementazione richiede ora (e richiederà in futuro) è una chiave di successo per i CIO nel loro ruolo di operatori cloud.
Infine, gli operatori cloud hanno bisogno di competenze interne per poter gestire effettivamente i loro cloud, qualunque sia la definizione del termine che scelgono di applicare. Le competenze IT tradizionali saranno sempre richieste, ma spingere i team a imparare e padroneggiare le nuove piattaforme tecnologiche darà vita a un catalogo interno completo di strumenti e best practice che saranno vitali per il successo futuro. Un operatore cloud che mette le basi per un successo sostenibile non può esternalizzare tutto: alcune competenze devono essere sviluppate e rimanere in house.
Anche per questo motivo sono particolarmente entusiasta dell’importante espansione della partnership che Red Hat e la Boston University hanno annunciato oggi, incentrata sulla ricerca e le attività open hybrid cloud su ampia scala, oltre che sugli investimenti in programmi destinati ad aiutare a costruire un pool di talenti di prossima generazione esperti in open source e tecnologie emergenti.
Il nuovo datacenter è il cloud ibrido, composto da server bare-metal, ambienti virtualizzati, dispositivi edge e potenzialmente centinaia (o più) di servizi cloud. I CIO sono i nuovi operatori di queste complesse ed estese implementazioni cloud, e hanno bisogno di piattaforme, strumenti, processi e persone per operare con successo. In questo senso, il ruolo del CIO è sempre più quello di un facilitatore, un operatore del grande ambiente cloud.
CEO di Red Hat