Unimpresa: serve una nuova rottamazione, sulle PMI tasse al 60%

«La richiesta avanzata dal vicepremier, Matteo Salvini, di una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali è più che condivisibile e risponde a una necessità concreta delle piccole e medie imprese italiane. Oggi il peso del fisco sulle aziende è insostenibile: la pressione fiscale complessiva in Italia si attesta al 43,5% del pil, tra le più alte d’Europa, e per le PMI il carico tributario e contributivo può arrivare fino a sfiorare il 60% degli utili. È evidente che senza un intervento strutturale molte imprese rischiano di non farcela. Le nostre aziende si trovano spesso schiacciate da un fisco che non lascia margini di manovra. Oltre 12 milioni di cartelle esattoriali riguardano piccoli imprenditori, artigiani e commercianti, molti dei quali impossibilitati a saldare il debito a causa di interessi e sanzioni che spesso raddoppiano o triplicano l’importo originario. In questo contesto, la proposta della Lega di una rottamazione decennale in 120 rate, con il saldo del solo importo iniziale senza more e interessi, rappresenterebbe un passo fondamentale per restituire ossigeno al tessuto produttivo del Paese». Lo dichiara il consigliere nazionale di Unimpresa, Manlio La Duca.

«Non si tratta di un condono, ma di un meccanismo di giustizia fiscale. Serve un fisco più equo, che tenga conto delle difficoltà reali di chi produce reddito e occupazione. Chiediamo al Governo di avviare subito un confronto su questa misura e di accompagnarla con un piano più ampio di riduzione del carico fiscale per le PMI. Solo così si potranno rilanciare investimenti, crescita e occupazione» aggiunge La Duca

Secondo il Centro studi di Unimpresa, nel 2023 la pressione fiscale sulle piccole e medie imprese italiane ha continuato a rappresentare un ostacolo significativo alla crescita e alla competitività. Le PMI hanno subito un carico fiscale effettivo che, tra imposte dirette e indirette, ha raggiunto in media il 59,1% dell’utile d’impresa, un livello tra i più alti d’Europa. La tassazione complessiva è stata influenzata dall’Ires (24%), dall’Irap (3,9%) – seppur ridotta per alcune categorie – e dall’elevata incidenza del cuneo fiscale, con i contributi previdenziali che hanno pesato per oltre il 30% sul costo del lavoro. Nel 2024, con l’entrata in vigore della prima parte della riforma fiscale, il governo ha ridotto l’Irpef da quattro a tre aliquote, con un impatto positivo soprattutto sulle ditte individuali e sui professionisti, e ha avviato una graduale riduzione del cuneo fiscale, che però non ha ancora portato benefici strutturali alle imprese. Le PMI italiane restano inoltre penalizzate rispetto ai competitor europei: in Germania la pressione fiscale effettiva per le piccole aziende è intorno al 48%, in Francia al 50%, mentre in Spagna scende al 45%, rendendo l’Italia il paese con il fisco più oneroso per le imprese di piccole dimensioni. Nonostante alcune misure di incentivo, come il rifinanziamento del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali, il peso complessivo delle imposte, dei contributi e della burocrazia fiscale continua a rappresentare una delle principali criticità per la competitività delle PMI italiane.

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