Unimpresa: dazi, i costi di produzione industriale giù del 9% nel 2025 grazie al calo delle materie prime

I costi della produzione industriale a livello globale sono previsti in calo del 6-9% nel 2025, trainati dal ribasso dei prezzi delle materie prime, a partire dal gas naturale, che oggi si attesta a 35 €/MWh in Europa al Ttf, rispetto ai 40-50 €/MWh del 2024. È quanto emerge da un’analisi macroeconomica del Centro studi di Unimpresa, che evidenzia opportunità per l’industria, nonostante le turbolenze finanziarie legate ai dazi imposti dagli Stati Uniti. Il calo del gas (-12-30% rispetto al 2024) e del petrolio (Brent a 62-66 $/barile, -15% anno su anno) potrebbe ridurre i costi energetici per settori energivori come chimica e metallurgia del 10-18% in Europa e del 5-7% negli USA. Anche i metalli industriali, come rame (-8%) e alluminio (-12%), contribuiscono al trend, favorendo una diminuzione dei costi operativi fino al 10% per la produzione di acciaio e manufatti.  Secondo il Centro studi di Unimpresa, il ribasso delle commodity offre un’ancora di salvezza per l’industria globale, mitigando l’impatto dei dazi americani. Negli Usa, il gas a 3,2-3,6 $/MMBtu e le politiche protezionistiche potrebbero incentivare un aumento del 2-4% della produzione interna, mentre in Europa i risparmi energetici sostengono una ripresa manifatturiera. Previsto anche un impatto positivo sull’inflazione, con una riduzione stimata tra -0,4 e -0,8 punti percentuali sull’Ipc.

«Restano rischi legati a possibili rialzi delle commodity per tensioni geopolitiche o a un aumento dei costi di input importati a causa dei dazi. Il 2025 si prospetta come un anno di opportunità, ma la stabilità dei prezzi sarà cruciale» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, per quanto riguarda il gas naturale: In Europa, il prezzo al TTF è oggi a 35 €/MWh, un livello inferiore rispetto ai 40-50 €/MWh medi del 2024, ma superiore alle proiezioni più ottimistiche di inizio anno (25-28 €/MWh). Questo valore riflette scorte ancora elevate (circa 85% di riempimento) e una domanda industriale contenuta, mitigata da un inverno mite e da forniture stabili da Norvegia e LNG statunitense. Negli Usa, il gas al Henry Hub si attesta a 3,2-3,6 $/MMBtu, grazie alla forte produzione di shale gas e a una domanda interna stabile. Quanto al petrolio, il Brent si aggira sui 62-66 $/barile, mentre il WTI è a 59-63 $/barile, in calo del 15-20% rispetto ai picchi del 2024. La debolezza della domanda globale (crescita stimata a 1,1 milioni di barili/giorno dall’AIE) e l’aumento della produzione non-OPEC (es. Canada e Brasile) mantengono i prezzi sotto pressione, nonostante i dazi Usa su alcuni importatori. Sul fronte dei metalli industriali, il rame è a 8.700-9.100 $/tonnellata (-8% rispetto al 2024), mentre l’alluminio si stabilizza a 2.350-2.600 $/tonnellata (-12% anno su anno), spinto da una domanda cinese in rallentamento e da scorte globali in crescita. Capitolo materie prime agricole: grano e soia registrano cali moderati (grano a 5,7-6,2 $/bushel, soia a 9,8-10,3 $/bushel), grazie a raccolti abbondanti in Nord e Sud America, nonostante le tensioni commerciali.

Questa situazione conduce a stimare un calo dei costi della produzione industriale. Partendo dal prezzo del gas a 35 €/MWh in Europa e da una tendenza ribassista per altre materie prime, è possibile stimare l’impatto sui costi industriali nel 2025. Riduzione dei costi energetici: con il gas a 35 €/MWh, il calo rispetto ai 40-50 €/MWh del 2024 è del 12-30%. Se questo livello si mantenesse o scendesse ulteriormente (verso i 30-32 €/MWh entro fine anno, come suggeriscono alcune proiezioni), i costi energetici per l’industria europea potrebbero ridursi del 10-18%. Negli Usa, con il gas a 3,2-3,6 $/MMBtu, il risparmio è più contenuto (5-7%), grazie a una base già competitiva. Per settori come la chimica, dove il gas incide per il 25-30% dei costi, ciò si traduce in un risparmio di 8-12 €/tonnellata di prodotto in Europa. Quanto all’impatto sui settori manifatturieri, la produzione di acciaio, che combina energia e metalli, potrebbe beneficiare di una riduzione dei costi del 8-10%, grazie al calo dell’alluminio e del gas. Negli USA, l’industria della plastica e dei fertilizzanti potrebbe vedere costi operativi inferiori del 4-6%, sostenuta da energia a buon mercato. Va dunque valutato un potenziale effetto cumulativo: a livello globale, il calo dei prezzi delle materie prime potrebbe ridurre i costi di produzione industriale del 6-9% nel 2025, secondo stime basate su modelli del FMI e della Banca Mondiale; in Europa, con il gas a 35 €/MWh, il beneficio è stimato tra l’8% e il 11%, mentre negli USA si attesta al 5-7%, grazie alla minore dipendenza dalle importazioni energetiche.

Le turbolenze finanziarie legate ai dazi Usa (es. volatilità negli indici S&P 500 e EURO STOXX 50) sono controbilanciate da effetti positivi derivanti dai prezzi più bassi delle materie prime. Competitività industriale: le imprese europee e americane possono sfruttare costi energetici ridotti per migliorare i margini o competere sui prezzi, soprattutto nei mercati interni protetti dai dazi. Negli Usa, il mix di dazi e gas a basso costo potrebbe incentivare un aumento del 2-4% della produzione manifatturiera domestica entro il 2025, con settori come l’automotive e la chimica in prima linea a rilocalizzare. Quanto alla stabilità dei prezzi al consumo, la riduzione dei costi industriali potrebbe attenuare l’inflazione, con un impatto stimato tra -0,4 e -0,8 punti percentuali sull’IPC, favorendo il potere d’acquisto.

Immagine di freepik

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