Transizione 5.0: le implicazioni per il settore della comunicazione aziendale

 Transizione 5.0: le implicazioni per il settore della comunicazione aziendale

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Dopo giorni e giorni di discussione alla Corte dei Conti sul decreto attuativo MIMIT MEF del Piano Transizione 5.0, sviluppato della collaborazione di tre ministeri: il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, ha annunciato che nei prossimi giorni il decreto dovrebbe essere pienamente operativo. Con l’obiettivo di agevolare la trasformazione digitale e green delle imprese, il piano prevede una dotazione economica di 6,3 miliardi di euro per il biennio 2024-2025. Attraverso crediti d’imposta, il piano mira a stimolare investimenti in beni tecnologici materiali e immateriali[1]. Il decreto attuativo allarga quindi i segmenti di mercato delle imprese tramite incentivi fiscali per chi investe in tecnologie avanzate e sostenibili. Un significativo sgravio sui bilanci delle aziende che porta con sé implicazioni rilevanti per il settore della comunicazione aziendale. Si prevede la compensazione del credito tramite modello F24 in un’unica rata. L’eventuale eccedenza non compensata entro il 31 dicembre 2025 sarà compensabile in 5 rate annuali di pari importo.

La digitalizzazione, in forza della recente accelerazione impressa dall’intelligenza artificiale, sta trasformando strutturalmente il modello di business delle imprese[2]. Questo cambiamento rappresenta un pilastro fondamentale della recente politica economica dell’Unione Europea, sostenuto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dal programma Next Generation EU. Anche l’Italia, nel corso degli ultimi anni, in accordo con le direttive europee, ha varato una serie di provvedimenti e misure – come il Piano Industria 4.0 – per ammodernare e sostenere la competitività delle piccole e medie imprese attraverso l’adozione di tecnologie avanzate. Lanciato nel 2016, il piano governativo – prima Industria 4.0, poi Piano Impresa 4.0, e infine Transizione 4.0 – ha introdotto misure per favorire l’implementazione di IoT, AI e cloud computing; tecnologie fondamentali per l’innovazione tecnologica delle imprese[3]. Il passaggio all’Industria 5.0, definita dalla Commissione Europea come completamento dell’Industria 4.0, si basa sul paradigma uomo-macchina e l’uso di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, la robotica e la realtà aumentata per migliorare l’efficienza e la sicurezza. Inoltre, l’Industria 5.0 mira a obiettivi sociali e ambientali, richiedendo alle aziende di monitorare e ridurre il proprio impatto ecologico e i consumi energetici.

Nei fatti, l’adozione di tecnologie avanzate da parte delle imprese italiane produce innumerevoli benefici. Innanzitutto, semplificano sia le logiche che i tempi di integrazione. Ma, ancor più importante, permettono di condividere informazioni essenziali, come quelle riguardanti l’energia e la qualità, che in precedenza non si riuscivano a gestire in modo efficace. Questo si traduce in un significativo miglioramento delle prestazioni aziendali, in particolare per quanto riguarda la qualità, il controllo, la produzione e l’ottimizzazione dei consumi energetici. Inoltre, dallo sfruttamento delle innovazioni di AI generativa le aziende potrebbero migliorare oltre che l’efficienza operativa anche la personalizzazione dei contenuti nei confronti dei consumatori, con una significativa espansione dei servizi offerti[4]. I dati parlano chiaro: secondo l’osservatorio Digital Innovation (2023) del Politecnico di Milano, l’introduzione dell’intelligenza artificiale ha prodotto un incremento medio dell’efficienza del 21% per le imprese che, nonostante l’incertezza dello scenario economico e geopolitico, hanno investito in tecnologie digitali[5]. Questo dato avvalora una tendenza in continua crescita; già con il Piano Industria 4.0, le PMI italiane che hanno investito nel digitale hanno migliorato significativamente l’aspetto organizzativo e produttivo[6]. Sul versante della personalizzazione dei contenuti, la nona edizione dello State of Marketing di Salesforce[7] rileva come le aziende che utilizzano l’AI per personalizzare le esperienze dei clienti abbiano visto un aumento della soddisfazione e della fidelizzazione dei consumatori. Inoltre, altre stime attestano come il contributo dell’automazione possa essere rilevante anche per il versante della cybersecurity. Difatti, da un recente sondaggio condotto da PwC (2024) emerge che il 69% delle organizzazioni prevede di utilizzare, in ottica di difesa informatica, dispositivi di AI generativa nei prossimi dodici mesi[8]. Il decreto dischiude anche nuove opportunità sul versante del social selling, permettendo di esplorare nuove connessioni e modalità di engagement senza intermediazioni con i clienti. In un mondo sempre più digitale, il social selling si presenta come uno strumento particolarmente redditizio e strategico per le imprese, offrendo il 45% di opportunità di vendita in più rispetto alle vendite tradizionali[9].

Tuttavia, a fronte delle evidenti opportunità, l’adozione di tecnologie avanzate rappresenta una sfida finanziaria cui le imprese devono adattarsi, sia in termini di costi di implementazione che, soprattutto, in riferimento alla formazione del personale. A tal proposito, è necessario un cambiamento culturale in cui i dipendenti siano sufficientemente competenti per utilizzare con efficacia queste nuove tecnologie. È quanto, ad esempio, emerge dal rapporto del McKinsey Global Institute intitolato The future of work in Europe, secondo cui l’automazione richiederà a tutti i lavoratori di acquisire nuove competenze[10]. Inoltre, l’aumento dell’uso di tecnologie digitali desta preoccupazioni relative alla sicurezza e alla privacy dei dati. Le aziende devono investire prioritariamente in sicurezza per proteggere i dati dei clienti e garantire il rispetto delle normative -specie quella europea del GDPR- sulla privacy. Il sondaggio PwC Global Digital Trust Insights 2024 evidenzia che, nonostante gli investimenti in programmi avanzati di sicurezza, sussista ancora la necessità di un significativo miglioramento nel campo della cybersecurity[11]. Oltre il 30% delle organizzazioni, ad esempio, non segue in maniera sistematica quelle che dovrebbero essere le prassi standard di cyber defence.

In questo contesto, le certificazioni di qualità svolgono un ruolo cruciale. Si tratta di processi volontari in cui enti terzi indipendenti attestano che un determinato prodotto sia conforme ai requisiti specifici di una normativa. Offrendo garanzia di qualità e conformità, le certificazioni stimolano la fidelizzazione dei clienti migliorando la credibilità e la reputazione aziendale. I certificatori giocano un ruolo fondamentale nel garantire che le aziende rispettino gli standard di qualità richiesti. Una novità del piano Transizione 5.0 consiste nel vincolo stringente nel miglioramento dei consumi energetici. In questo contesto, i nuovi soggetti che possono certificare tale miglioramento con un servizio di doppia certificazione (ex ante ed ex post) sono le società di servizi energetici (ESCo) e gli Esperti in gestione dell’energia (EGE), non presenti nel vecchio Piano Industria 4.0.

Nel dettaglio, esistono certificazioni specifiche che le aziende possono ottenere sia per dimostrare l’adozione di politiche aziendali che puntino al totale soddisfacimento dei clienti; sia per rafforzare il vantaggio concorrenziale delle stesse. Due esempi su tutti. Da un lato la certificazione per la gestione della qualità (ISO 9001), che garantisce come i servizi e i prodotti erogati siano in linea con le aspettative dei clienti; dall’altro quella per la sicurezza delle informazioni (ISO 27001), la quale assicura il controllo della ingente mole di dati sensibili dei clienti.

Sul versante della sostenibilità, ci sono piattaforme tecnologiche che permettono di verificare la sostenibilità ESG del web, e il consumo di energia elettrica della presenza digitale dell’azienda, spesso anche grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale e della blockchain.

Queste certificazioni, oramai riconosciute a livello internazionale, aiutano le aziende a costruire una solida reputazione di affidabilità e professionalità sul mercato.

In conclusione, la digitalizzazione e l’adozione di tecnologie avanzate, supportate dal recente decreto attuativo del Piano di Transizione 5.0, offrono alle imprese italiane opportunità significative per espandere i mercati e migliorare l’efficienza operativa. Tuttavia, è essenziale bilanciare le opportunità con i rischi, investendo in formazione e sicurezza per garantire un’implementazione efficace e conforme alle normative vigenti.

Questo equilibrio di benefici e sfide sottolinea l’importanza delle certificazioni di qualità, che aumentano la fiducia e la soddisfazione dei clienti, supportando le imprese nella loro transizione verso un futuro più digitale e sostenibile.

[1]https://www.mimit.gov.it/it/notizie-stampa/mimit-dl-pnrr-al-via-transizione-5-0-6-3-miliardi-per-la-sfida-green-e-digitale-delle-imprese

[2]https://www.unlockingeuropesaipotential.com/_files/ugd/c4ce6f_ecf071799e4c4eba80113648d2b1090b.pdf

[3]https://temi.camera.it/leg19/temi/19_tl18_indagine_conoscitiva_industria_4_0_d.html#:~:text=Il%20decreto%2Dlegge%20n.,il%2030%20giugno%202023)%3B

[4] https://www.pwc.com/us/en/tech-effect/ai-analytics/ai-predictions.html

[5] https://www.osservatori.net/it/ricerche/comunicati-stampa/pmi-italiane-innovazione

[6]https://www.unioncamereveneto.it/wpcontent/uploads/2022/01/2022.01.13_Sintesi_Rapporto_DSEA_30-11-2021.pdf

[7] https://www.salesforce.com/content/dam/web/it_it/www/pdf/S-MC-State-of-Marketing-Report-9th-Edition.pdf

[8] https://www.pwc.com/it/it/publications/docs/pwc-global-digital-trust.pdf

[9] https://business.linkedin.com/sales-solutions/social-selling

[10] https://www.mckinsey.com/featured-insights/future-of-work/the-future-of-work-in-europe

[11] https://www.pwc.com/it/it/publications/docs/pwc-global-digital-trust.pdf

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