Tra preoccupazioni e opportunità, quali sono i veri numeri di ChatGPT in Italia?
Anche i doppiatori italiani hanno scioperato contro i turni massacranti e lo spettro dell’Intelligenza Artificiale, un noto quotidiano italiano pubblica ogni giorno un articolo scritto con ChatGPT sfidando i lettori a scovarlo tra le sue pagine, mettendo in palio abbonamenti e champagne. L’IA diventata alla portata di tutti ha scalzato dal podio della notiziabilità il metaverso. I prompt sono pronti a mandare in soffitta i lavori ripetitivi che non richiedono l’intervento di creatività e passione. Questo il preoccupante quadro che emerge in rete e sui giornali: ma quali sono i reali numeri del fenomeno in Italia? La digital intelligence company The Fool, ha condotto una ricerca basata su una survey fatta a 1.000 persone tra i 16 e i 64 in Italia nel mese di febbraio, utilizzando i dati di GWI, per indagare quanto le persone conoscessero la piattaforma e le modalità di utilizzo.
La survey ha evidenziato che il 48,5% degli intervistati non ha mai sentito parlare di ChatGPT, il sistema di intelligenza artificiale sviluppato da OpenAI. Allo stesso tempo, il 21,4% ne ha sentito parlare ma non è sicuro di cosa sia, il 22,1% ne ha sentito parlare e conosce le sue caratteristiche ma non lo ha mai usato, mentre solo l’8% degli intervistati ha dichiarato di usarlo.
Riguardo all’interesse verso ChatGPT, il 34% degli intervistati ha mostrato un qualche livello di interesse, mentre il 28,8% non è né interessato né non interessato. Il 15,2% si è detto decisamente non interessato e il 12,9% molto interessato.
All’interno dell’8% degli intervistati che hanno dichiarato di usare ChatGPT, la maggior parte lo utilizza almeno una volta a settimana, se non tutti i giorni. Inoltre, i maggiori casi d’uso sono migliorare o integrare il lavoro che hanno già svolto, sperimentare e divertirsi e, per il 34% degli utenti, cercare informazioni e fatti. Tra coloro che utilizzano ChatGPT, il 75% lo trova utile.
Tuttavia, il 58% degli intervistati è preoccupato che gli strumenti di intelligenza artificiale possano essere usati per scopi poco o per niente etici, come la disinformazione o per aiutarsi nei compiti scolastici. Il 41% è preoccupato per l’impatto che gli strumenti di intelligenza artificiale possono avere sugli artisti e i creativi, mentre il 40% crede che i progressi nei tool di AI possano migliorare il lavoro. Infine, il 26% degli intervistati non è preoccupato per come gli strumenti di intelligenza artificiale possano essere sviluppati.
In conclusione, la ricerca di The Fool su ChatGPT e l’intelligenza artificiale ha rivelato una bassa consapevolezza dell’esistenza di ChatGPT tra gli intervistati, ma allo stesso tempo ha evidenziato un discreto interesse tra coloro che ne hanno sentito parlare. La maggior parte degli utilizzatori ha dichiarato di utilizzarlo per migliorare o integrare il proprio lavoro e di trovarlo utile. Tuttavia, una percentuale significativa di intervistati ha espresso preoccupazioni sull’utilizzo etico degli strumenti di intelligenza artificiale.
“Serve la volontà di cambiare orizzonti, di innovare. Forse anche la voglia di superare i nostri limiti, anche con strumenti come GPT. La AI è qui per restare e la convivenza significa portare educazione di qualità a più persone possibile, senza vivere con la preoccupazione di essere sostituiti – afferma Matteo Flora, Founder & Board Director di The Fool -. La rete ci cambia e siamo noi a dover capire come usarla al meglio per migliorare la nostra vita privata e professionale. Per questo, è necessario fermarsi ad analizzare con attenzione l’utilizzo delle applicazioni tecnologiche anche in contesti inerenti alla libertà di ricerca e di opinione. Credo fortemente che capire ‘alla base’ come funzioni ChatGPT senza vincoli etici posticci sia fondamentale per tutti”.