Torna l’ora di investire
Sempre più propensi al risparmio. È di 5.000 miliardi di euro il valore del portafoglio finanziario degli italiani (dato al terzo trimestre 2021). È cresciuto del 25,5% in termini reali negli ultimi dieci anni, del 5,9% rispetto al 2020. La propensione al risparmio, che era pari all’8,1% del reddito disponibile nel 2019, è aumentata al 15,6% nel 2020 e oggi è pari al 13,1%. Pandemia e venti di guerra hanno rinvigorito l’inclinazione al risparmio degli italiani. Per far ripartire gli investimenti sono quindi disponibili tante risorse private, di cui una quota rilevante è in forma liquida, ferma sui conti correnti bancari. La liquidità e i depositi delle famiglie hanno registrato un boom nel decennio (+32,1%) e una crescita del 3,7% nell’ultimo anno rispetto al 2020, volando sopra i 1.600 miliardi di euro. Sono alcuni dei risultati del Rapporto «Investire di più, investire nell’economia reale» realizzato dal Censis in collaborazione con Assogestioni, l’Associazione italiana del risparmio gestito, presentato oggi al Salone del Risparmio di Milano.
Cosa fare del contante precauzionale? Quali sono le intenzioni dei risparmiatori rispetto al loro cash precauzionale? Si possono distinguere quattro gruppi di risparmiatori con altrettante diverse propensioni. Il 21,5% è impaurito, pronto ad ampliare l’attuale quota di liquidità, anche a scapito di altre forme di risparmio. Il 30,8% è cauto, cioè vuole preservare la propria quota di contante senza penalizzare altre forme di risparmio. Il 36,4% è un investitore moderato, pronto a investire almeno in parte il contante accumulato. I risparmiatori più audaci sono l’11,3%: solidi dal punto di vista patrimoniale, abituati agli investimenti azionari, sono oggi propensi a investire una parte delle loro risorse in attività finanziarie ad alto rischio e con alti rendimenti potenziali. In sintesi, circa la metà dei risparmiatori è pronta a scongelare un po’ della propria liquidità: una parte del grande e crescente lago del contante potrebbe affluire verso gli investimenti.
Come tornare agli investimenti finanziari? Quali sono i requisiti degli investimenti che potrebbero stimolare le persone a dirottarvi risorse? Il 49,6% dei risparmiatori indica un orizzonte temporale piuttosto breve, di 1-3 anni, il 25,0% indica una durata superiore ai 3 anni, l’11,4% di un anno al massimo. Il 38,8% vorrebbe rendimenti più alti, il 25,6% costi dei servizi di gestione più bassi, il 22,8% rassicurazioni sul valore reale dell’investimento. Aiuterebbe a vincere paure e resistenze dei risparmiatori anche l’evoluzione di aspetti di contesto, come un sistema di welfare più ampio e rassicurante (28,0%) e un allentamento dell’incertezza generale (22,8%).
Sì agli investimenti etici, diminuisce l’appeal di titoli di Stato e mattone. Il 78,2% dei risparmiatori è propenso a effettuare investimenti etici, cioè rispettosi dei diritti umani, il 54,4% investirebbe in piccole e medie imprese italiane. Diverso è il giudizio per i titoli di Stato: il 71,7% dei risparmiatori non li acquisterebbe. Il 55,5% non reputa convenienti gli investimenti immobiliari o ritiene che ci siano investimenti migliori. È un cambio epocale della percezione degli italiani: i titoli di Stato, per ora, non hanno appeal e il mattone non è più ritenuto l’investimento sempre e comunque sicuro e remunerativo. Queste opinioni sono confermate dai consulenti finanziari: il 41,0% non rileva significative prese di posizione dei propri clienti sugli investimenti immobiliari, il 32,0% ha clienti che non lo reputano conveniente, il 10,7% ha una clientela convinta che ci siano investimenti migliori. Solo per il 15,7% dei consulenti i propri clienti considerano il mattone la forma migliore di investimento.
Il risparmio gestito: chi lo conosce e chi lo apprezza. Il 40,0% degli italiani (la percentuale sale al 55,7% tra le persone benestanti) conosce gli strumenti del risparmio gestito. Tra chi li conosce, il 46,2% ne ha fiducia. La propensione a investire nei prodotti del risparmio gestito risulta buona: il 53,1% dei risparmiatori lo farebbe e il 10,9% lo ha già fatto in passato. Decisivo è il ruolo della consulenza finanziaria, da cui il 40,8% degli italiani si aspetta chiarezza, cioè esposizioni semplici dei rischi e delle opportunità degli investimenti. Il 39,5% si aspetta competenza, il 24,3% attenzione alle esigenze del cliente, il 21,7% esperienza. Positivo è anche il giudizio espresso dai consulenti finanziari: il 50,5% rileva che negli ultimi due anni è aumentata la fiducia dei clienti nel risparmio gestito (per il 43,6% è rimasta stabile, per il 5,8% è diminuita). Secondo il 48,6% dei consulenti la clientela si aspetta che i propri interlocutori infondano sicurezza in merito alle scelte di gestione dei propri soldi, il 47,9% attenzione a paure e ansie, il 43,8% chiarezza e semplicità nello spiegare vantaggi e svantaggi degli investimenti proposti.
«Dal Rapporto emergono le competenze nascoste dei risparmiatori italiani, vale a dire il serbatoio di valori e di capacità al quale hanno saputo attingere per far fronte ai momenti di maggiore incertezza degli ultimi mesi», ha detto Fabio Galli, Direttore Generale di Assogestioni. «Queste abilità implicite, derivanti dall’esperienza, hanno limitato alcuni comportamenti ciclici dettati dall’emotività e hanno permesso ai risparmiatori italiani di attraversare con maggiore positività la stagione volatile che stiamo vivendo, senza soccombere al panico. Si tratta di un dato incoraggiante in cui lo sforzo per diffondere una maggiore alfabetizzazione finanziaria può trovare una solida base», ha concluso Galli.
Questi sono i principali risultati del 3° Rapporto Censis-Assogestioni presentato ieri da Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis, e discusso da Fabio Galli, Direttore Generale di Assogestioni.