TARI opifici industriali: nessun prelievo per le aree produttive di “rifiuti speciali”
Il tema della tassazione, ai fini TARI, degli immobili adibiti ad Opifici industriali (cat. catastale D1), rappresenta da sempre una delle questioni più annose e dibattute presso le aule delle Commissioni Tributarie.
Tale circostanza – inutile negarlo – risulta diametralmente connessa all’enorme susseguirsi di vari provvedimenti normativi che, di volta in volta, hanno mutato (per non dire, stravolto) la disciplina regolante la materia della tassazione necessaria a finanziare l’attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani da parte degli enti locali.
In virtù di quanto appena accennato, troppo spesso – negli ultimi tempi – è toccato assistere purtroppo a casi (non isolati) di Comuni che, nel delimitare la superficie degli immobili industriali potenzialmente suscettibili di assoggettamento alla Tari (ex Tarsu), hanno finito per comprendere nell’ambito del perimetro “incriminato” anche aree destinate ad attività di lavorazione (e/o stoccaggio), per loro natura non idonee a produrre solo (o anche) rifiuti solidi urbani.
Difatti, rappresenta dato di comune esperienza, ormai, quello per cui la superficie dell’opificio al di sopra della quale si sviluppa materialmente il ciclo produttivo dell’azienda, non può che essere considerata alla stregua di un’area produttiva dei c.d. “rifiuti speciali”, al cui smaltimento le imprese provvedono per il tramite di apposite ditte specializzate.
Circostanza, quest’ultima, ampiamente oltreché agevolmente desumibile dall’esame dei contratti (e delle relative fatture di pagamento per il servizio) stipulati giustappunto tra le aziende produttrici di tale tipologia di rifiuti e le varie società deputate allo smaltimento degli stessi.
IL CASO
In relazione alla fattispecie oggetto della nostra disamina, risulta di particolare interesse la pronuncia emessa solo qualche mese fa dalla Commissione tributaria regionale del Veneto – Sentenza n. 406 del 10.03.2021.
La vicenda traeva origine dall’impugnazione – da parte di uno scatolificio – di una fattura avente ad oggetto delle somme, a titolo di TARI, per gli anni 2015 e 2016, in riferimento all’immobile all’interno del quale veniva, appunto, svolta l’attività imprenditoriale.
Nel proporre ricorso, la contribuente lamentava il fatto che per la determinazione degli importi richiesti fosse stata presa in considerazione l’intera superficie occupata dall’azienda, mentre – a suo parere – si sarebbe dovuto tenere conto solo ed esclusivamente dell’area produttiva dei rifiuti conferiti al gestore pubblico (SA VNO), vale a dire dei c.d. “rifiuti urbani”.
Sempre la stessa precisava, inoltre, che il conferimento dei rifiuti al gestore pubblico involgeva la sola superficie occupata dagli uffici operativi.
La tesi, come sopra esposta, veniva ritenuta pienamente condivisibile da parte del Giudice di primo grado, il quale, accogliendo il ricorso, procedeva con l’annullamento degli atti impugnati.
A seguito di ciò, la società soccombente decideva di rivolgersi alla Curia regionale al fine di veder riformata la sentenza di primo grado e, per l’effetto, confermata la pretesa come originariamente avanzata.
Giudizio – quest’ultimo – che si concludeva anch’esso, tuttavia, con la convalida della fondatezza delle asserzioni mosse dalla ricorrente per il tramite del proprio atto difensivo.
Dopo aver dato ampia ed approfondita illustrazione dei fatti oggetto di causa, il Collegio regionale Veneto – in aderenza a quanto già statuito dai Giudici subordinati – ha ritenuto illegittima la pretesa formulata dalla società pubblica, rassegnando le seguenti conclusioni:
“Nel merito la questione riguarda il fatto che la società SA VNO ha richiesto allo scatolificio ECO BOX, con la fattura impugnata, la tassa T ARI anno 2015 e T ARI acconto 2016 prendendo in considerazione l’intera superficie industriale di mq. 7. 718,00 anziché solamente l’area occupata dagli uffici pari a mq. 240, area quest’ultima interessata al conferimento dei rifiuti al gestore pubblico.
Al riguardo, il comma 649 dell’art. 1 della legge 147/2013 prevede che: <<Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI, non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente … … …. >>. A ciò si aggiunge che l’art. 12, lettera f) del Regolamento di disciplina della TARI prevede che: <<Non sono soggetti a tariffa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti (. … .) Presentano tali caratteristiche …. locali destinati esclusivamente a centrali termiche e locali riservati ad impianti tecnologici, quali cabine elettriche, vani ascensori, celle frigorifere …. … … >>.
Alla luce di queste disposizioni appare evidente che la TARI, per le annualità in questione, non poteva essere calcolata sull’intera superficie industriale dello scatolificio ECOBOX per il fatto che in gran parte dello stabilimento venivano prodotti rifiuti speciali che il contribuente smaltiva tramite ditte specializzate.
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