Tari agriturismo: nessuna equiparazione con le tariffe degli alberghi
L’attività agrituristica non può, in alcun modo, essere assoggettata alla medesima tariffa TARI prevista per le attività alberghiere e/o simili.
Ciò, in ragione del fatto che le due attività, seppur aventi entrambe come finalità quella dell’ospitalità, sono caratterizzate, pur tuttavia, da uno scopo ultimo teoricamente diverso: per i primi, infatti, dovrebbe risultare preponderante la valorizzazione ed il recupero del patrimonio rurale; diversamente, per gli alberghi, la finalità sostanziale non può che essere rappresentata dall’utile economico che sottende l’iniziativa di ogni attività imprenditoriale.
Ne deriva, dunque, una differenziazione identitaria, tanto sotto il profilo normativo quanto sotto l’aspetto puramente esecutivo.
Alla luce di tali principi, la Commissione tributaria provinciale di Pescara, con la recentissima sentenza n. 202/2/2020, ha annullato diversi avvisi di accertamento notificati dal Comune di Penne nei confronti di un coltivatore diretto che all’interno di un proprio immobile svolgeva – come attività secondaria – proprio quella di agriturismo.
Dopo aver esaminato alcune questioni pregiudiziali, i Giudici abruzzesi hanno riconosciuto la fondatezza delle asserzioni mosse dal contribuente, e, in occasione di ciò, hanno offerto un’ampia disamina delle ragioni – logiche e giuridiche – che ostano all’applicazione di una medesima tariffa, ai fini TARI, tra strutture alberghiere e gli agriturismi:
“L’attività di agriturismo, infatti ha ricevuto una puntuale disciplina con la L. n. 96/06 che ha abrogato e sostituito la precedente legge n. 730/1985. Tale norma all’art. 2 comma 1, definisce i caratteri tipici della attività agrituristica come “attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali”, precisando al comma 2 che “Rientrano fra le attività agrituristiche: a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori..”.
L’art. 3 della norma richiamata, disciplina le modalità organizzative di tale servizio e, prevede che “possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti sul fondo” (comma 1), precisando che “i locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali” (co. 3)
*Tanto è vero ciò, che il legislatore, con la riforma del catasto rurale ha previsto che “Le costruzioni strumentali all’esercizio dell’attività agricola diverse dalle abitazioni, comprese quelle destinate ad attività agrituristiche, vengono censite nella categoria speciale “D/10 – fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività’ agricole” ….” (art. 1 co 5). *
Riconducendo ex lege l’attività agrituristica nell’attività agricola (Cass. sent. n.8851/07; Cass. sent. n. 3455/14) si è voluto assegnare alla stessa l’obiettivo precipuo, di interesse generale, legato al recupero del patrimonio edilizio rurale.
La differente natura tra attività alberghiere e non si ritrova anche nel codice del Turismo in cui l’art. 8 suddivide le strutture ricettive in alberghiere e para alberghiere e strutture ricettive extralberghiere. L’art. 12, abrogato nel 2012 per eccesso di delega da parte della Corte Costituzionale, elencava al comma 1, lett. h), tra le strutture ricettive extralberghiere anche “gli alloggi nell’ambito dell’attività agrituristica” ribadendo quindi la diversità tra attività alberghiera e attività agrituristica.
Il complesso normativo analizzato evidenzia come l’intenzione del legislatore è quella di voler considerare l’attività agrituristica, quale attività connessa e strumentale allo svolgimento di quelle agricole, contraddistinguendone il contenuto tipico ovvero l’organizzazione ed esecuzione del servizio di ospitalità e di alloggio.
Sulla base della ricostruzione normativa, quindi, appare evidente che l’equiparazione operata dal Comune, tra attività di agriturismo e attività di natura commerciale tra la quale rientrano certamente quella dei ristoranti, pub e osterie, è illegittima poiché implica una presunzione di equivalenza di condizioni soggettive, a fronte di norme che invece differenziano le due fattispecie, sia dal punto di vista dello statuto imprenditoriale che delle finalità dell’attività svolte.
La differenziazione, tipologica e quantitativa, delle attività commerciali rispetto all’attività agrituristica avrebbe comportato comunque la necessità, ove l’attività di agriturismo fosse tassabile ai fini tari, che il Comune avesse previsto l’applicazione di tariffe ad hoc diverse e più modeste rispetto a quelle utilizzate considerato che, l’attività agrituristica non ha le stesse caratteristiche aziendali di un albergo e opera nell’anno per un tempo ridotto e con un volume ridotto rispetto a un esercizio alberghiero.
Lo stesso Istituto per la Finanza e l’Economia Locale (IFEL) nelle sue note, ha invitato i Comuni nel caso di tassazione degli agriturismi ai fini Tarsu, di tenere conto della normativa specifica dell’attività agricola e nella caso di classificazione delle utenze, ai fini della ripartizione del costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, in relazione agli agriturismi segnalava di tenere conto dei diversi elementi che incidevano sul costo di gestione dei rifiuti, considerata la stagionalità dell’attività, con l’applicazione di coefficienti di riduzione mirata che tenessero in considerazione le diverse limitazioni operative quali il numero dei pasti, dei clienti ospitabili, nonché l’eventuale esercizio di compostaggio dei rifiuti organici prodotti. (Nota IFEL del 6.5.2019 e 15.03.2016).”.
A titolo di esaustività, si segnala che la pronuncia in rassegna si colloca nel solco di un orientamento, ormai univoco, che trova la propria stella polare nella famigerata sentenza del Consiglio di Stato – n. 1162 del 19.02.2019 – con la quale i Giudici di Palazzo Spada hanno lapidariamente statuito che l’assimilazione delle due attività, ai fini dell’applicazione della TARI da parte del Comune, è da considerarsi manifestamente illegittima.
In ordine a tale problematica, appare estremamente opportuno sottolineare, infine, che, per effetto dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 116/2020 (attuativo delle Direttive 2018/851/Ue e 2018/852/Ue), a partire dall’anno 2021, le attività agricole – tra cui rientrano senza dubbio gli agriturismi in quanto attività connesse e strumentali – usciranno ex lege dal servizio pubblico di raccolta dei rifiuti, per cui sarà inesorabilmente precluso ai Comuni richiedere la TARI nei confronti delle medesime categorie.
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