STUDI CONFARTIGIANATO – Quanto durerà la stretta monetaria? Ad aprile energia spinge inflazione al +8,7% e al +7,0% in Eurozona
Per contrastare la fiammata inflazionistica innescata dalla crisi energetica, la Banca centrale europea, nell’arco di soli dieci mesi ha rialzato i tassi di riferimento di 375 punti base, con ricadute sul costo del denaro di imprese e famiglie. A marzo 2023 i tassi sui prestiti alle imprese fino a 250mila euro sono arrivati al 4,90%, con un aumento di 275 punti base in un anno. L’aumento del costo del credito riduce la propensione ad investire e dilata la spesa pubblica per interessi, che nel 2023 risulta pari al 4,0% del PIL, la più alta in Europa. Il maggiore costo del denaro frena la domanda di credito: a marzo 2023 i prestiti per le imprese segnano un calo dell’1,0%, peggiorando il -0,5% del mese precedente.
Quanto durerà la stretta monetaria? – Secondo le previsioni della Commissione europea pubblicate lunedì scorso, a fine 2023 l’inflazione dell’Eurozona è prevista al 2,6% – in avvicinamento al target della Bce del 2% – per collocarsi al 2,3% a fine 2024. Per le prossime decisioni sui tassi il Consiglio della Banca centrale europea seguirà “un approccio guidato dai dati per determinare livello e durata adeguati della restrizione”, con una particolare attenzione all’inflazione di fondo.
Le ultime tendenze dell’inflazione – L’analisi dei dati definitivi pubblicati dagli istituti statistici questa settimana evidenza che ad aprile 2023 si interrompe la fase di rientro dell’inflazione, principalmente a causa di una nuova accelerazione della dinamica tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati. Nel confronto europeo l’inflazione in Italia sale all’8,7% (era 8,1% a marzo) e in Eurozona al +7,0% (era 6,9% a marzo). In controtendenza l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che registra un lieve rallentamento sia in Italia (da +6,8% di marzo a +6,7% di aprile) che in Eurozona (da 7,5% di marzo a 7,3% di aprile): se questa frenata si consoliderà, le autorità monetarie dovranno tenerne conto per evitare una stretta eccessiva.
Le differenze tra Italia ed Eurozona – L’inflazione in Italia è di 1,7 punti superiore alla media dell’Eurozona: il differenziale è spiegato da maggiore dinamismo dei prezzi dei beni energetici (+14,3 punti) che determina 12 punti in più di inflazione per la voce di spesa di Abitazione, acqua, elettricità e combustibili. La differente inflazione energetica è evidente anche sui costi di energia elettrica e gas pagati dalle imprese italiane, ponendo seri problemi di competitività per il sistema manifatturiero italiano.
Si osserva una maggiore inflazione in Italia anche per i trasporti (+2,0 punti) e ricreazione, spettacoli e cultura (+0,9 punti). Sugli altri capitoli di spesa, invece, i prezzi in Italia salgono meno della media europea e la stessa inflazione di fondo, come abbiamo visto sopra, in Italia è inferiore di 0,6 punti.
L’inflazione sul territorio – Con riferimento alle regioni – in figura 5 del comunicato dell’Istat – ad aprile si registra una inflazione è più alta di quella nazionale in Liguria con 9,7% di aprile (era 9,8% a marzo), Sicilia con 8,9% (era +8,3% a marzo), Umbria con +8,8 (era 8,4% a marzo), Piemonte con 8,7% (era 7,9% a marzo), Toscana con 8,7% (era 8,3% a marzo), Abruzzo con 8,6% (era 8,2% a marzo), Puglia con 8,6% (era 7,8% a marzo), Sardegna con 8,5% (in decelerazione rispetto +9% di marzo) e Trentino Alto Adige con 8,2% (era +8,1% a marzo).
Ad aprile le variazioni più contenute dell’indice dei prezzi si registrano in Lazio con 7,7% (era 7,3% a marzo), Veneto con +7,7% (era 7,1% a marzo), Friuli Venezia Giulia con +7,7% (era 7,1% a marzo), Molise con +7,4% (era 6,9% a marzo) e Basilicata con +5,9% (era 5,0% a marzo).
Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluogo di regione con più di 150mila abitanti – si veda la figura 6 del comunicato dell’Istat – si osserva un’inflazione più elevata e superiore alla media a Genova (+9,7%), Palermo (+9,3%), Messina (+9,1%), Catania e Milano (entrambe con +9,0%), Perugia (8,9%), Firenze (8,8%), Ravenna e Torino (entrambe con +8,6%), Bolzano e Livorno (entrambe con +8,5%), Modena (+8,3%).
All’opposto le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Brescia (+7,5%), Cagliari, Verona e Trieste (tutte con +7,4%), Campobasso e Reggio Calabria (+7,3%), Ancona (+7,2%), Parma (+7,0%), Reggio Emilia (+6,9%), Catanzaro (+6,8%) e a Potenza (+5,8%).
Tra gli altri comuni rilevati dall’Istat, ad aprile si registra un tasso di inflazione più elevato a Brindisi con +9,7%, Siena con +9,6%, Grosseto con +9,4%, Imperia con +9,3%, Massa-Carrara con +9,2%, Alessandria con +9,1%, Cosenza e Macerata con +9,0%.
Tassi più contenuti a Pavia con +7,5% Belluno con +7,4%, Caserta con +7,4%, Gorizia con +7,3% Rovigo con +7% Bergamo e Cremona con +6,9%.
Inflazione 2022 e previsioni 2023-2024
I trimestre 2022-IV trim. 2024 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea
Inflazione in Italia ed Eurozona ad aprile 2023 per divisione di spesa
Aprile 2023, var. % tendenziale indice armonizzato dei prezzi al consumo – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat