STUDI CONFARTIGIANATO – MPI italiane della manifattura al top in UE, ma la navigazione è tempestosa: -12% fatturato, dall’estate +33% i prezzi delle commodities
La scorsa settimana, dopo che l’Istat ha certificato per il 2020 una perdita di PIL dell’8,8%, le previsioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio indicano una ripresa del 4,3% nel 2021, in rallentamento nel 2022 (+3,7%); sulla base di questi andamenti la crisi Covid-19 accumulerà sull’economia italiana nel 2022 una perdita di 1,4 punti di PIL rispetto al livello 2019.
Nella manifattura pesanti le ripercussioni della crisi Covid-19 – Nei primi undici mesi del 2020 si è cumulato un calo di ricavi nella manifattura di 112,3 miliardi di euro, pari al 12,3% in meno, con una diminuzione di 48 miliardi di euro di esportazioni. In chiave settoriale i cali più pesanti del fatturato sono registrati nella Moda, con il Tessile in calo del 16,7%, l’Abbigliamento del 20,3% e la Pelle del 25,9%.
Italia leader europea della piccola impresa manifatturiera – L’Italia è al primo posto in UE per occupati nelle micro e piccole imprese manifatturiere: con 1 milione 922 mila addetti in 368 mila imprese con meno di 50 addetti, l’Italia supera del 20% il milione 600 mila addetti delle MPI manifatturiere della Germania, registrando un livello più che doppio degli 875 mila addetti della Polonia, degli 820 mila addetti della Spagna e i 762 mila addetti della Francia.
L’alert sui prezzi delle commodities – Mentre la recessione in corso delinea un quadro orientato alla deflazione dei prezzi praticati dalle imprese, con i prezzi alla produzione che tra agosto e dicembre 2020 ristagnano (+0,5%), salgono del 11,6% i prezzi per la produzione di piombo, zinco e stagno, del 6,1% per la produzione di rame e del 4% per la produzione di alluminio. Come anticipato da una nostra analisi, nei prossimi mesi, con l’esaurimento delle scorte di materie prime acquistate a prezzi più convenienti, la tensione nel settore dei metalli salirà ulteriormente: secondo l’aggiornamento di venerdì scorso la quotazione dei metalli rilevata dal Fondo monetario internazionale negli ultimi sei mesi (luglio 2020-gennaio 2021) sale del 36,3%, seguendo il rialzo del 59,7% dell’indice di prezzo delle commodities energetiche e contribuendo all’aumento del 32,8% l’indice della materie prime non energetiche. La crescita nel 2021 dei prezzi delle materie prime, in particolare dei metalli, viene confermata dall’ultimo aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale.
Rafforzare gli interventi dei fondi europei per la ripresa delle MPI – Per accelerare la crescita dell’economia italiana ed evitare l’iceberg di una crisi del debito, il prossimo Governo dovrà ridefinire le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in funzione di obiettivi misurabili, realistici e con scadenze precise oltre ad impostare le riforme per migliorare il funzionamento della pubblica amministrazione (più difficili in un contesto di incertezza politica). Dal prossimo anno è prevista la riattivazione delle regole europee di bilancio – con il rapporto debito/PIL che si dovrà instradare in un sentiero di discesa – e a marzo 2022 terminerà il programma di acquisto di titoli da parte della Bce: ci attendono due anni di navigazione difficile, addirittura tempestosa, se la crescita economica sarà insufficiente.
La ripresa della micro e piccole imprese della manifattura necessita di interventi sostenuti dai fondi europei, con priorità verso quei comparti del made in Italy che hanno subito maggiormente la crisi, come ha recentemente indicato Confartigianato nel corso di una audizione parlamentare. Nella proposta di PNRR i 2 miliardi di euro di stanziamento per il periodo 2021-2026 per gli interventi relativi alle politiche industriali di filiera e internazionalizzazione, pari a meno dell’1% dei fondi europei, appaiono limitati per il comparto della manifattura su cui si è scaricato il 30% della caduta di valore aggiunto dell’intera economia italiana registrata nei primi tre trimestri del 2020.
La manifattura smentisce il postulato di bassa crescita causato dalla ridotta dimensione d’impresa
Nella proposta del PNRR varata lo scorso gennaio, a pagina 12, si indica tra i fattori dell’insoddisfacente crescita italiana, la ridotta dimensione media delle imprese. Come ha evidenziato un recente intervento di Confartigianato, il caso della manifattura, esposta alla concorrenza internazionale, va decisamente nella direzione opposta: l’Italia, con una più bassa dimensione media delle imprese (10 addetti medi per impresa) rispetto a Germania (media di 39 addetti) e Francia (media di 15 addetti), registra una maggiore crescita del valore aggiunto, segnando un aumento del 7,6% tra 2015 e 2019, a fronte del +4,6% della Germania e il +3,4% della Francia.