STUDI CONFARTIGIANATO – Manovra e caro energia per le imprese al centro dell’analisi del 22° report Confartigianato
La manovra di bilancio si colloca in una fase drammatica per l’Italia e l’intera Europa, in un contesto caratterizzato da rischi elevati: escalation del conflitto in Ucraina, sicurezza delle forniture di gas, accelerazione del tasso di inflazione e dei tassi di interesse e una insufficiente realizzazione degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
La ricaduta della corsa dei prezzi dell’energia sui bilanci di imprese e famiglie è di entità straordinaria. Nel 2022 il caro bollette per le micro e piccole imprese vale 23,9 miliardi di euro, un incremento che pesa per il 6,1% del valore aggiunto creato dalle imprese fino a 49 addetti, generando un pesante impulso recessivo. L’impatto dei costi dell’energia sta condizionando le scelte di politica fiscale. Nel 22° report ‘Alle porte del 2023, prospettive e criticità per le imprese’ sui trend di economia, congiuntura e MPI presentato stamane in webinar aperto da Vincenzo Mamoli, Segretario Generale di Confartigianato, è stata esaminato l’impatto sul territorio del caro-bollette e le tendenze della politica economica e di finanza pubblica, alla luce della manovra di bilancio varata dal Governo, su cui venerdì scorso è intervenuta Confartigianato in una audizione presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato. Qui il documento con le osservazioni e proposte di Confartigianato Imprese
Come indicato nel Documento programmatico di bilancio aggiornato, le risorse impegnate per il contrasto al caro energia arrivano a 4,6 punti di PIL. Il quadro programmatico di finanza pubblica indica nel 2022 un deficit di bilancio del 5,6% del PIL, di mezzo punto più ampio del 5,1% del tendenziale, a legislazione vigente. Nel 2023 il deficit scende al 4,5%, rispetto al 3,4% tendenziale, delineando un intervento fiscale espansivo. Nel periodo di programmazione lo sforzo fiscale è consistente: l’indebitamento netto strutturale migliora, passando al -6,1% del PIL nel 2022 al -4,8% nel 2023 – con una riduzione di 1,3 punti, solo nel 2012 fu più severa – al -4,2% nel 2024 per arrivare al -3,6% nel 2025.
Si mantiene il sentiero di riduzione del rapporto tra debito e PIL, che dopo la discesa di 4,6 punti quest’anno, registra un calo di 1,1 punti nel 2023, di 2,3 punti nel 2024 e di 1,1 punti nel 2025. Il sentiero del rapporto tra debito e PIL nel periodo di programmazione sale rispetto al quadro tendenziale, ma rimane più basso rispetto a quello disegnato nel DEF di aprile, grazie alla maggiore crescita del PIL nominale e al miglioramento del saldo primario di bilancio, fattori che compensano il maggiore costo del finanziamento del debito: la spesa per interessi nel 2023 sale a 81,6 miliardi di euro, pari al 4,1% del PIL, un punto in più rispetto al 3,1% previsto nel DEF di aprile.
L’intervento espansivo della manovra fornisce nel 2023 un impulso alla crescita di 0,3 punti di PIL, con un tasso di crescita programmatico del +0,6%. Lo spazio fiscale disponibile potrebbe non essere sufficiente per affrontare le sfide in atto e per proteggere adeguatamente famiglie e imprese, considerato che la manovra si concentra su interventi contrastare il caro energia nei primi tre-quattro mesi dell’anno.
I margini di manovra delle politiche economiche nazionali per fronteggiare le conseguenze drammatiche della crisi energetica in corso appaiono ristretti. Con un elevato debito pubblico, la Commissione europea raccomanda all’Italia politiche fiscali prudenti. Si rischia una pericolosa sincronizzazione pro-ciclica tra un insufficiente impulso fiscale e una marcata stretta monetaria, prevista in accentuazione nelle prossime riunioni del Consiglio della Bce dopo l’aumento dei tassi di 200 punti base in soli 98 giorni, tra luglio e ottobre. Ne conseguono un aumento del costo del credito e una compressione della propensione ad investire delle imprese. Con uno shock inflazionistico da costi, lo ricordiamo, una restrizione monetaria è meno efficace e potrebbe prolungarsi eccessivamente nel tempo. Non va sottovalutato il rischio di un passo eccessivamente rapido nella normalizzazione dei tassi ufficiali.
Superata, auspicabilmente presto, la crisi energetica, nella prospettiva di più lungo periodo vanno programmati interventi per la riduzione strutturale della pressione fiscale sui fattori produttivi – come evidenziato da Confartigianato nell’Assemblea dello scorso 22 novembre, lo spread fiscale nel 2023 sale a 2,3 punti di PIL -, la riqualificazione della spesa pubblica e il sostegno della domanda per investimenti, penalizzata dalla stretta monetaria: nel 2023 è previsto un aumento degli investimenti dell’1,9%, in deciso rallentamento rispetto al +9,5% registrato quest’anno. Serve un piano fiscale di legislatura, opportunamente intrecciato con il piano delle riforme, per guardare oltre all’emergenza e sostenere i processi di crescita.
Oltre al punto sulle politiche economiche, il 22°report, con l’analisi di oltre ottanta evidenze statistiche, delinea il bilancio del 2022, tra alcuni significativi segnali di resilienza delle imprese e l’ingesso in ‘recessione tecnica’. Inoltre, sono messe in evidenza le prospettive di un incerto 2023, condizionato dall’evoluzione della guerra in Ucraina e dalla dinamica dei prezzi dell’energia, preannunciato dai segnali provenienti dagli indicatori congiunturali. In chiave territoriale sono esaminate le prospettive di crescita del PIL e gli effetti del caro bollette sulle MPI, oltre a inflazione energetica, credito e tassi di intesse per le MPI per regione. Nel report, infine sono ripresi i dati chiave del mercato del regalo di Natale a valore artigiano e su cui è stata lanciata la video pillola di #Dati #SuMisura.