STUDI CONFARTIGIANATO – Italia 2^ in Ue per spesa pubblica/PIL dopo la pandemia, ma serve meno burocrazia e Pa più efficiente
Gli straordinari interventi messi in campo per contrastare la pandemia e la crisi energetica hanno dilatato a dismisura la presenza dello stato in economia, con 100,6 miliardi di euro di maggiore spesa corrente tra il 2019 e il 2022. Nel 2022 la spesa pubblica italiana supera i mille miliardi di euro, arrivando al 54,0% del PIL. Nel 2019, prima dello scoppio della crisi, il rapporto tra spesa e prodotto si fermava al 48,5% e collocava il nostro Paese al 7° posto nell’Ue, mentre quest’anno l’Italia, scalando cinque posizioni, sale al 2° posto dietro solo alla Francia.
All’intensificazione della presenza pubblica non corrisponde una adeguata qualità dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione (Pa). Nel 2022 l’Italia si colloca al 24° posto in Ue per la soddisfazione per i servizi pubblici, davanti a Romania, Bulgaria e Grecia, per scivolare al 26° posto per fiducia nella Pa, davanti alla sola Grecia. In chiave territoriale la qualità delle istituzioni è più bassa nel Mezzogiorno. Sulla bassa qualità dei servizi della Pa influisce uno scarso utilizzo delle tecnologie digitali: solo il 28% delle amministrazioni locali consente all’utente di completare le pratiche amministrative e, se richiesto, di effettuare il pagamento on line; la quota si dimezza (13%) nel Mezzogiorno.
A fianco della dilatazione della spesa e di una bassa qualità dei servizi pubblici, si osserva il persistere di una elevata pressione fiscale. Il confronto internazionale, sempre basato sui dati dalla Commissione europea, evidenzia che per quest’anno il carico fiscale (tax burden) su cittadini e imprese italiani è previsto pari al 43,3% del PIL, superiore di 1,8 punti al 41,5% della media dell’Eurozona, con un tax spread che vale 32,8 miliardi di euro. Il nostro Paese, quindi, è al 4° posto in Unione europea per pressione fiscale, ma sale al 3° per prelievo fiscale sui consumi di energia e al 1° per aliquota implicita di tassazione del lavoro.
L’Italia affronta questa nuova fase in condizioni particolarmente critiche sul fronte del debito pubblico: a maggio 2022 il debito delle Amministrazioni pubbliche ammonta a 2.756 miliardi di euro, pari al 152,6% del PIL. A causa dell’elevato debito pubblico, l’Italia è al 1° posto in Ue a 27 per spesa per interessi, pari al 3,5% del PIL; nel 2022 il costo per remunerare il debito pubblico italiano è di 65,7 miliardi, ampiamente superiore ai 57,5 miliardi di euro della spesa per interessi di Francia e Germania messe insieme.
Gli acquisti delle autorità monetarie hanno assorbito quasi totalmente lo shock della pandemia sul debito pubblico italiano: tra febbraio 2020, prima dello scoppio della pandemia, e maggio 2022 lo stock di debito è salito di 308,8 miliardi di euro, di cui il 97,1% è detenuto dalla Banca d’Italia, la cui quota di debito sottoscritto passa dal 16,8% di due anni fa all’attuale 25,8%, con un aumento di 9 punti percentuali in poco più di due anni.
Il ritorno ad una politica monetaria restrittiva, affiancata da una politica fiscale prudente finalizzata ad “assicurare una riduzione credibile e graduale del debito – come indicato nelle ultime Raccomandazioni della Commissione europea – potrebbe attivare una pericolosa sincronizzazione di effetti pro-ciclici.
Finanza pubblica e servizi pubblici: la posizione dell’Italia nell’Ue a 27
2° spesa pubblica/PIL, +4 posizioni rispetto al 2019
1° spesa per interessi/PIL
24° qualità servizi pubblici
26° fiducia verso la Pubblica amministrazione (Pa)
27° interazione digitale con la Pa
4° pressione fiscale
3° tassazione energetica
1° tassazione del lavoro
Debito pubblico
2.755,6 miliardi di euro a maggio 2022
152,6% rapporto debito pubblico/PIL
+308,8 miliardi di euro debito pubblico tra febbraio 2020 e maggio 2022
+300,0 miliardi di euro debito pubblico detenuto da Banca d’Italia tra febbraio 2020 e maggio 2022
65,7 miliardi di euro di spesa per interessi
Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat e Commissione europea