STUDI CONFARTIGIANATO – Geopolitica del petrolio, Libia al 2° posto tra i fornitori. Dipendenza dalla Russia e prezzi ai massimi nel 2022
Ieri la Commissione europea ha annunciato l’embargo dal petrolio russo. Si tratterà di una transizione graduale nel corso del 2022, mentre vanno superate divergenze tra i 27 paesi dell’Ue su timing delle sanzioni, esenzioni e richieste di compensazione economica.
Tra le evidenze del 19° report di Confartigianato è proposta una analisi della dipendenza dal petrolio russo. Le forniture di petrolio greggio dalla Russia rappresentano del 22,8% del volume totale di importazioni dell’Ue a 27, che sale al 29,7% per la Germania. La dipendenza scende al 13,3% per la Francia e al 12,5% per l’Italia. Le quote più elevate degli acquisti di petrolio russo, superiori ai due terzi dell’import totale, le registriamo per Slovacchia (78,4%), Lituania (68,8%), Polonia (67,5%) e Finlandia (66,8%).
La geopolitica dei fornitori di petrolio dell’Italia – L’analisi delle importazioni in valore evidenzia che nel 2021 la Russia è il 5° fornitore di petrolio dell’Italia. L’Azerbaijan è al primo posto tra i fornitori di greggio, con il 22,9% dell’import totale; dopo il secondo posto occupato dalla Libia, troviamo l’Iraq con il 13,3%, l’Arabia Saudita con il 9,2%, la Russia con l’8,8%, la Nigeria con il 5,8%. Quote più contenute per gli Stati Uniti con il 3,5%, Kazakhstan con 3,1%, Regno Unito con il 3,0%, Algeria con il 2,4%, Norvegia con il 2,2% e l’Egitto con l’1,0%.
L’analisi in chiave dinamica è caratterizzata dal vigoroso ritorno dell’apporto libico alle forniture petrolifere. Nel 2021 la Libia è il paese che segna il maggiore incremento (+3,6 miliardi di euro) di importazioni di greggio su base annua, portando la relativa quota dal 7,3% del 2020 al 18,5% del 2021, un contributo che non si riscontrava dal 2012, pur rimanendo sensibilmente al di sotto dei valori precedenti alla guerra civile del 2011. Sulla base di questi andamenti, il paese nordafricano diventa il secondo partner dell’Italia per le forniture di greggio. A consuntivo, si delinea un esito positivo della prima visita di Stato all’estero del premier Mario Draghi, del 6 aprile 2021.
Nel 2021, oltre all’aumento del peso delle forniture libiche, riscontriamo una variazione positiva delle quote di import per il Regno Unito (+2,3 punti rispetto quota del 2020), Algeria (+0,9 punti), Azerbaijan e Norvegia (entrambi con +0,5 punti). All’opposto si registrano riduzioni significative delle quote di Kazakhstan (-4,2 punti) Arabia Saudita (-2,6 punti), Iraq (-2,4 punti), Egitto (-1,8 punti), Canada (-1,7 punti) e Russia (-1,1 punti).
Proprio quest’ultima evidenza sottolinea il fattore strategico della riduzione della dipendenza dall’energia russa, per la quale è attiva una azione straordinaria da parte dei governi europei. Con un esercizio di scuola che rielabora i volumi importati del Bollettino petrolifero del Ministero della Transizione Ecologica, si stima che il recupero di circa i due terzi della quota di import del 2019 di Iraq e Kazakhstan, in quell’anno rispettivamente il secondo e il sesto fornitore di greggio dell’Italia, consentirebbe di azzerare le importazioni dalla Russia rilevate nel 2021.
Nel 2022 costo del petrolio in euro al massimo storico – L’embargo dell’import dalla Russia aumenterà la turbolenza del prezzo del petrolio che, ad aprile 2022 per il Brent, registra una crescita del 64,9% su base annua. L’escalation dei prezzi genera impulsi recessivi che frenano l’economia italiana. La dinamica del PIL nel 2022 prevista dal Governo a fine settembre 2021 era del +4,7%, con un prezzo previsto del Brent di 66 dollari al barile; dopo sei mesi, nel DEF 2022 di aprile, la crescita del PIL per quest’anno si ferma al +2,9%, a fronte di una previsione del prezzo del Brent che balza a 99,8 dollari al barile. Considerate le previsioni del tasso di cambio, il 2022 è l’anno del massimo storico del costo per l’Eurozona del barile di Brent.
Circa la metà dell’ampia revisione del tasso di crescita deriva dalla crescita dei prezzi di gas e petrolio, che generano una riduzione di otto decimi di punto di PIL. Sul rallentamento della crescita pesano anche altri fattori, tra cui il rallentamento del commercio internazionale e le sanzioni alla Russia.
La domanda – Secondo il quadro fornito dal bilancio energetico nazionale il petrolio rappresenta circa un terzo (33,8%) dei consumi finali di energia del 2019, anno pre-pandemia. Il settore del trasporto su strada concentra il 79,9% dei 38,9 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) di consumi per usi finali, mentre 84,3 milioni di tep sono l’input di trasformazione nel settore di raffinazione e petrolchimica.