STUDI CONFARTIGIANATO – Economia della montagna, Italia 1^ in Ue 27 con 805,6 miliardi di PIL
Tradizionalmente a dicembre si apre la stagione del turismo invernale. Nei mesi invernali di dicembre, gennaio e febbraio si addensano 39,0 milioni di presenze turistiche, il 10,1% del totale annuale. I territori caratterizzati dall’offerta di servizi per l’attività sciistica presentano una più elevata vocazione turistica: il tasso di turisticità più elevato lo riscontriamo in provincia di Bolzano con 63,3 giornate di presenza nel complesso degli esercizi ricettivi per abitante, seguita da Trento con 33,8 presenze per abitante, Valle d’Aosta con 28,9 presenze per abitante e Veneto con 14,6 presenze per abitante.
Il turismo rappresenta un pilastro chiave dell’economia della montagna, cluster per cui l’Italia è leader in Europa. Secondo la classificazione territoriale europea di Eurostat, l’Italia è il primo paese dell’Unione europea a 27 per PIL realizzato in province montane, territori in cui almeno metà della superficie e/o della popolazione è in aree montane: nel 2019 ammonta a 805,6 miliardi di euro, il 44,9% del totale nazionale, una quota più che doppia rispetto al 20,7% registrato dalla media delle aree montane nell’Ue. Il valore dell’economia italiana della montagna supera i 776,3 miliardi di euro della Spagna (che presenta una quota sul PIL del 62,4%), i 417,5 miliardi della Francia (17,1% del PIL) e i 241,5 miliardi della Germania (7,0% del PIL). l’Italia rappresenta 12,8% sul PIL dell’Ue, ma la sua quota sale al 27,8% del PIL delle aree montane dell’Unione europea.
Nell’economia della montagna, a fronte del 47,8% della popolazione nazionale, si concentra nel 2021 il 51,1% delle presenze turistiche totali ed il 50,7% delle presenze turistiche straniere.
L’analisi che delinea i caratteri della mountain economy è contenuta nel 17° Rapporto annuale ‘Imprese nell’Età del chilowatt-oro’ pubblicato in occasione dell’Assemblea di Confartigianato del 22 novembre 2022.
In Italia sono 63 le province montane e contano 2.077.826 micro e piccole imprese (MPI) attive con 5.137.434 addetti che sono il 47,3% degli addetti nazionali delle MPI. Nel perimetro delle province che rappresenta l’economia italiana della montagna, le MPI rappresentano il 69,4% degli addetti delle imprese totali di tali province, una quota ampiamente superiore al 63,4% della media nazionale. In particolare, nelle province montane sono 536.282 le imprese artigiane attive con 1.349.075 addetti, pari ad oltre la metà (53,0%) degli addetti dell’artigianato italiano ed al 18,2% degli addetti nazionali, quota superiore al 14,8% della media nazionale.
Nel 2021 l’economia della montagna rappresenta il 44,9% del valore aggiunto nazionale e in chiave settoriale presenta una quota più elevata per il valore aggiunto delle costruzioni (48,8%) e del manifatturiero esteso (48,6%), settori in cui è più alta la vocazione artigiana.
L’alta diffusione dell’artigianato e delle micro e piccole imprese rappresenta un fattore di coesione economica e sociale nelle aree di montagna, come approfondito in una nostra precedente analisi della struttura imprenditoriale realizzata in collaborazione con gli Osservatori MPI di Confartigianato Lombardia e di Confartigianato Emilia-Romagna.
Grazie alla diffusa presenza di imprese manifatturiere, l’economia della montagna realizza il 47,2% delle esportazioni nazionali, pari a 232,6 miliardi di euro.
Nei territori dell’economia della montagna si registra una maggiore propensione all’imprenditorialità e una più elevata presenza di lavoro autonomo: nelle province montane, a fronte del 47,3% di occupati totali nel 2021, si concentra il 49,8% degli occupati indipendenti – imprenditori, professionisti e lavoratori autonomi – che rappresentano il 23,0% degli occupati di tali province, quota superiore di 2,2 punti al 20,8% delle altre province non montane. I dati sulle previsioni della domanda di lavoro delle imprese rilevati da Unioncamere-Anpal indicano che nel trimestre novembre 2022-gennaio 2023 nelle province montane sono previste 553mila entrate di lavoratori, pari al 46,0% di quelle nazionali.