Start up e diritti IP. Solide basi per geniali intuizioni
I diritti di proprietà intellettuale e la loro tutela costituiscono uno degli assets principali per le aziende, in particolar modo per le start up e le start up innovative.
Tali diritti, oltre a permettere all’azienda titolare di preservare la propria competitività e impedire ai terzi non autorizzati di beneficiare dello sforzo creativo di ricerca e di sviluppo sostenuto (spesso anche solo scoraggiando i potenziali contraffattori proprio in forza delle privative acquisite), creano valore economico, attraggono investitori, costituiscono beni utilizzabili per ottenere credito e contribuiscono a incrementare il valore di un’azienda. Inoltre, possono costituire fonti di reddito addizionali, attraverso il loro sfruttamento diretto o indirettamente tramite la stipulazione di accordi con terzi (contratti di cessione, di licenza, di franchising, merchandising, co-branding).
I diritti di proprietà intellettuale rendono dunque un’azienda competitiva nei confronti del mercato, visibile nei confronti dei consumatori e appetibile agli occhi degli investitori.
Al momento della costituzione di una start-up o nel corso della sua gestione è pertanto di fondamentale importanza condurre un’accurata attività di due diligence, al fine di individuare quali siano i diritti potenzialmente tutelabili e le relative modalità di protezione e così da garantirne la migliore gestione (ad es. avvalendosi di legali ed eventuali agenti brevettuali), la più elevata tutela (tramite contratti, linee guida, depositi, ologrammi, sino ad eventuali azioni e provvedimenti cautelari) e il più efficiente sfruttamento (soprattutto tramite accordi di cessione e licenza).
I principali diritti IP di cui un’azienda potrebbe risultare titolare sono: marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e modelli, know-how e opere dell’ingegno (in particolare, software e banche dati). Vediamoli più nel dettaglio.
I DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE
“L’espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali” (art. 1 D. lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 e succ. mod.; codice di proprietà industriale; di seguito “CPI”).
Tali diritti si acquistano mediante registrazione (i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a semiconduttori) o brevettazione (le invenzioni, i modelli di utilità e le nuove varietà vegetali); i segni distintivi diversi dal marchio registrato, i segreti commerciali, le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine, sono invece protetti, senza alcuna registrazione, se ricorrono i requisiti previsti, per ciascuno, dalla legge (art. 2 CPI).
Segni distintivi
I segni distintivi si distinguono in segni titolati (il marchio registrato), che si acquisiscono mediante registrazione, e segni non titolati (il marchio di fatto, la ditta, la denominazione o ragione sociale, l’insegna, i nomi a dominio e altri segni distintivi atipici).
I segni distintivi sono caratterizzati dal principio di unitarietà (art. 12 e 22 CPI), in base al quale colui che acquisisce diritti su un segno distintivo, acquisirà diritti di esclusiva anche in relazione alle funzioni proprie degli altri segni (Cass., 28 febbraio 2006, n 4405).
- Marchio registrato
Il marchio registrato è uno strumento essenziale di comunicazione tra imprese e consumatore e svolge diverse funzioni, come quella di indicatore di provenienza, di garanzia di qualità, pubblicitaria ed evocativa. Tradizionalmente i marchi si distinguono in base all’oggetto del marchio in marchi denominativi e marchi figurativi.
Chiunque desideri procedere alla registrazione di un marchio ha soluzioni che dipendono dall’estensione territoriale che si intende dare alla protezione, quali la registrazione nazionale, la registrazione europea e la registrazione a livello internazionale come fascio di singoli depositi nazionali.
I requisiti minimi inderogabili per la registrazione del marchio sono la sua capacità distintiva, la sua rappresentabilità grafica (art. 7 CPI) e la sua liceità e non decettività (art. 14, co. 1, lett. a e b CPI; inoltre, il marchio deve essere caratterizzato da novità (art. 12 CPI) e non deve violare l’altrui diritto d’autore, di proprietà industriale o un altro diritto esclusivo di terzo (art. 14, co. 1, lett. c CPI). Vi sono inoltre dei limiti alla registrazione come marchio di ritratti di terzi, nomi di persona diversi da quelli di colui che chiede la registrazione e di nomi e segni notori (art. 8 CPI).
La registrazione conferisce al titolare del marchio la facoltà di fare uso esclusivo del marchio e il diritto di vietare a terzi di utilizzare nell’attività economica un segno identico al marchio registrato per prodotti o servizi identici, un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi identici o affini, qualora vi sia rischio di confusione per il pubblico, e l’uso del segno identico o simile al marchio registrato rinomato anche nel caso di prodotti o servizi non affini, qualora tale utilizzo crei un indebito vantaggio dovuto alla rinomanza o rechi un pregiudizio al legittimo titolare (art 20 CPI).
La durata della protezione è di dieci anni dalla data di presentazione della domanda e risulta prorogabile per ulteriori periodi di dieci anni (art. 15 e 16 CPI).
Di norma il diritto di marchio decade se il marchio non viene usato per un periodo di cinque anni o se il segno è divenuto comune per identificare i servizi o prodotti contraddistinti.
Considerazioni pratiche
Qualora un’azienda utilizzi (o sviluppi) un segno distintivo che presenta caratteristiche tali per essere identificato come marchio, la prima domanda da porsi è se tale marchio sia già stato registrato o meno e, nel caso di risposta affermativa, con che estensione territoriale e per quale categoria merceologica. Se il marchio non è ancora stato registrato e non sussistono segni anteriori che abbiano acquisito notorietà generale sul mercato di riferimento (ad esempio quello italiano) identici/similari per contraddistinguere prodotti o servizi identici/similari, è opportuno procedere alla registrazione dello stesso. Ciascuna modalità di registrazione (nazionale, europea, internazionale) presenta caratteristiche e requisiti propri, che devono essere considerati caso per caso.
Qualora alla realizzazione del marchio abbiano partecipato soggetti terzi, ad esempio un designer che ha realizzato le parti figurative, è importante verificare che questi soggetti abbiano trasferito al titolare del segno tutti i diritti di proprietà intellettuale.
- Marchio non registrato
I marchi non registrati, ma di fatto utilizzati, sono tutelati in base all’articolo 12 co. 4 CPI. La fattispecie costitutiva del marchio di fatto è l’acquisizione di una notorietà sul territorio nazionale tramite un uso effettivo del segno, che comporti la concreta possibilità per il mercato di riferimento di associare tale marchio a un determinato prodotto. I requisiti di validità del marchio di fatto coincidono con quelli previsti per il marchio registrato.
L’esistenza di un marchio di fatto con notorietà generale inficia inoltre la notorietà del marchio identico o similare che sia registrato successivamente per prodotti identici o affini, rappresentando una causa di nullità per quest’ultimo (artt. 12, co. 1 lett. a e 25 lett. a CPI). Al contrario un marchio che sia utilizzato puramente a livello locale o con modalità tali da non comportane la notorietà, non preclude la possibilità di registrare un marchio successivo valido. Un preuso locale del marchio non riconosce in capo al titolare un diritto esclusivo, ma solo il diritto di continuarne l’uso limitatamente all’ambito locale in cui tale marchio si sia diffuso. Il preuso di un marchio di fatto inoltre determina l’invalidità anche del marchio di fatto successivo, sia esso a carattere locale o con notorietà generale.
Considerazioni pratiche
Qualora un’azienda utilizzi (o sviluppi) un segno distintivo che presenta caratteristiche tali per essere identificato come marchio di fatto, la prima considerazione da svolgere – oltre a compiere le valutazioni preliminari esposte per il marchio registrato – è se si abbia o meno un interesse a procedere alla registrazione; nel caso di risposta negativa, e quindi qualora si preferisca beneficiare della tutela riconosciuta ai marchi di fatto, è fondamentale tenere a mente che il titolare di un marchio non registrato è titolare di un diritto di esclusiva, che può azionare contro eventuali concorrenti, solo qualora ne faccia un uso effettivo che comporti una rinomanza generale e nazionale del segno in questione. Al contrario qualora un’azienda sfrutti un determinato segno distintivo in un ambito puramente locale, non potrà rivendicare alcun diritto nei confronti di eventuali marchi registrati successivi, se non la facoltà di proseguire nel suo utilizzo meramente locale.
- Nomi a dominio
I nomi a dominio sono segni distintivi che identificano e contraddistinguono il sito web attraverso cui un’azienda offre online i propri prodotti o servizi; oltre a svolgere una funzione identificativa svolgono anche una funzione di vero e proprio indirizzo elettronico, che permette agli utenti di accedere al sito web così individuato.
Chiunque decida di utilizzare un nome a dominio deve registrarlo presso la competente autorità (nazionale o internazionale a seconda del tipo di dominio scelto); tale registrazione non ha alcuna valenza costitutiva, ma solo tecnica. La priorità nell’assegnazione dei nomi a dominio avviene sulla base della regola first come first serve (ossia utilizzando un criterio cronologico di arrivo delle richieste) con la conseguenza che chiunque potrebbe registrare come nome a dominio un marchio altrui privando qualsiasi altro soggetto dalla possibilità di utilizzarlo. Le autorità che procedono all’assegnazione non svolgono di norma alcuna verifica circa le possibili interferenze tra i nomi a dominio oggetto della richiesta ed eventuali segni distintivi già utilizzati da terzi. Inoltre, il sistema di assegnazione non conosce due dei principi fondamentali che caratterizzano la normativa a tutela dei segni distintivi che sono quello di territorialità e di specialità o rilevanza merceologica.
Considerazioni pratiche
L’utilizzo di un sito internet presuppone la registrazione del nome a dominio prescelto. Se il nome prescelto risulta disponibile non si pongono problematiche. Al contrario se il nome a dominio che si intende utilizzare risulta già registrato e l’impresa è la legittima titolare dei diritti relativi a quel segno (cfr. supra il principio di unitarietà dei segni), l’avente diritto può rivendicare la sua titolarità sia attraverso una serie di misure processuali (rivendica, revoca, trasferimento, inibitoria e trasferimento cautelare) sia attraverso procedure alternative di risoluzione delle controversie (arbitrato irrituale e procedura di riassegnazione).
Brevetti industriali
Per brevetti industriali si intendono: a) i brevetti per invenzione; b) i brevetti per modello di utilità; c) i brevetti per nuove varietà vegetali; d) le topografie di prodotti a semiconduttori; e) il certificato complementare per prodotti medicinali; f) il certificato complementare per prodotti fitosanitari.
Così come per la registrazione del marchio, il brevetto presenta una portata territoriale che dipende dal tipo di domanda di brevetto che viene depositata. È possibile depositare una domanda a livello nazionale oppure a livello europeo, come fascio di singoli depositi nazionali.
Possono costituire oggetto di brevetto tutte le invenzioni caratterizzate da novità, che comportano un’attività inventiva e sono atte ad avere un’applicazione industriale (art. 45 CPI).
La durata del brevetto per invenzione industriale è di venti anni a decorrere dalla data di deposito della domanda e non può essere rinnovato, né può esserne prorogata la durata (art. 60 CPI).
La legge riconosce all’inventore sia la titolarità di diritti morali che patrimoniali; mentre il diritto morale di paternità dell’opera è inalienabile e intrasmissibile, i diritti patrimoniali possono essere oggetto di atti dispositivi da parte del titolare (art. 63 CPI) che può, attraverso contratti di cessione o licenza, trasferirli o concederli temporaneamente a terzi. Esiste tuttavia una disciplina particolare per le invenzioni realizzate nell’ambito di un lavoro dipendete che distingue in invenzioni di servizio, invenzioni di azienda ed invenzioni occasionali. I diritti relativi alle due prime tipologie di invenzioni spettano al datore di lavoro (lasciando all’inventore dipendente il solo diritto morale di paternità), mentre quelli relativi alla terza tipologia, ossia le invenzioni occasionali, spettano al dipendente e al datore di lavoro è riconosciuto solamente un diritto di opzione sull’uso dell’invenzione o sull’acquisto del brevetto (art. 64 CPI).
Il diritto di brevetto decade sia nel caso di mancato pagamento dei relativi diritti, a norma dell’articolo 75 CPI, sia nel caso di mancata o insufficiente attuazione dell’invenzione. Il termine entro cui il titolare deve attuare l’invenzione è di tre anni dal rilascio del brevetto o di quattro anni dal deposito della domanda (se successivo al primo termine). Trascorsi i termini appena indicati il titolare è tenuto a concedere a terzi che lo richiedano e siano interessati a sfruttare l’invenzione una licenza obbligatoria per mancata attuazione, dietro un compenso e non in maniera esclusiva (art. 70 CPI).
Considerazioni pratiche
In materia di brevetti è di fondamentale importanza per un’impresa disciplinare correttamente sia le modalità con cui le invenzioni vengono sviluppate o acquisite, sia le procedure con cui i brevetti vengono depositati o acquistati, sia l’eventuale sfruttamento economico dei propri brevetti attraverso la cessione degli stessi a terzi o la licenza temporanea e/o parziale dei diritti patrimoniali.
Per quanto attiene le modalità con cui un’impresa svolge un’attività inventiva è importante prestare attenzione a chi svolge tale attività all’interno dell’azienda e come tale attività risulta disciplinata a livello di contratti di lavoro, regolando specificamente i rapporti di commissione / sviluppo delle invenzioni oggetto dei brevetti e le mansioni dei dipendenti.
Per quanto riguarda invece la gestione delle procedure di brevettazione è importante verificare se un’invenzione sviluppata presenti i requisiti per essere oggetto di brevetto e, se del caso, stabilire che estensione territoriale si intende garantire con la brevettazione. Ogni procedura di registrazione presenta caratteristiche e requisiti propri, pertanto per le relative procedure è importante affidarsi a legali e agenti brevettuali specializzati.
Disegni e modelli
L’aspetto di un intero prodotto o di una sua parte può costituire oggetto di registrazione come disegno o modello quando sia nuovo, abbia carattere individuale (ovvero l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato in precedenza; art. 31 CPI) e sia lecito (art. 33 bis CPI). Non possono però costituire oggetto di registrazione le caratteristiche dell’aspetto del prodotto che siano determinate unicamente dalla funzione tecnica svolta dal prodotto, così come “le caratteristiche dell’aspetto del prodotto che devono essere necessariamente riprodotte nelle loro esatte forme e dimensioni per potere consentire al prodotto in cui il disegno o modello è incorporato o al quale è applicato di essere unito o connesso meccanicamente con altro prodotto, ovvero di essere incorporato in esso oppure intorno o a contatto con esso, in modo che ciascun prodotto possa svolgere la propria funzione” (art. 36 CPI).
Anche i disegni e i modelli possono essere sottoposti a registrazione nazionale o/e a registrazione europea in funzione dell’estensione territoriale che si desidera riconoscere alla tutela.
La durata della protezione è di cinque anni dalla data di presentazione della domanda e risulta prorogabile per ulteriori periodi di cinque anni fino a un massimo di venticinque anni a partire dalla data di presentazione della domanda stessa (art. 37 CPI).
Il diritto a registrare un disegno o un modello spetta all’autore del medesimo o al datore di lavoro qualora un disegno o un modello sia realizzato da un suo dipendente e tale opera rientri tra le sue mansioni, lasciando riconosciuto al dipendente il diritto morale di paternità (art. 38 CPI).
Considerazioni pratiche
In materia di disegni e modelli è di fondamentale importanza per un’impresa disciplinare correttamente sia le modalità con cui i disegni o i modelli vengono sviluppati o acquisiti, sia le procedure con cui tali creazioni vengono registrate o acquistate, sia l’eventuale sfruttamento economico dei propri diritti attraverso la cessione degli stessi a terzi o la licenza temporanea e/o parziale dei diritti patrimoniali.
Per quanto attiene le modalità con cui un’impresa sviluppa disegni o modelli è importante prestare attenzione a chi svolge tale attività all’interno dell’azienda e come tale attività risulta disciplinata a livello di contratti di lavoro, di commissione / sviluppo dei design, delle mansioni dei dipendenti.
Know- how
Con il termine know-how si fa riferimento alle informazioni e alle conoscenze ottenute tramite attività di ricerca, studio, analisi e prove. Tali informazioni possono essere le più varie: tecniche, commerciali, finanziarie, relative a studi e ricerche, possono consistere in tabulati, schede, prove, rapporti ed elenchi; rientrano espressamente nella nozione di informazioni riservate protette “i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche” (art. 98 CPI). Il know-how è tutelato a condizione che le informazioni, debitamente individuate, siano segrete, abbiano valore economico in quanto tali e siano sottoposte a misure adeguate a mantenerle segrete. Il detentore di tali informazioni ha il diritto di vietare ai terzi di acquisire, rivelare a terzi od utilizzare, in modo abusivo, tali informazioni ed esperienze, salvo il caso in cui esse siano state conseguite in modo indipendente dal terzo (cfr. art. 99 CPI). La tutela del know-how dura sino a quando le informazioni rimangono segrete (quindi, potenzialmente, all’infinito).
Considerazioni pratiche
Per preservare i propri diritti in materia di know-how, è fondamentale mantenere le informazioni segrete con le misure opportune (password, lucchetti, avvisi, ecc.), inclusi specifici accordi o singole clausole di riservatezza con chiunque (potenziali finanziatori, dipendenti, fornitori, ecc.) venga a conoscenza di tali informazioni.
I DIRITTI D’AUTORE
Oggetto della tutela della legge sul diritto d’autore (legge 22 aprile 1941 n. 633 e succ. mod.; di seguito, “LDA”) sono le opere dell’ingegno che presentano i requisiti della creatività e della novità. I diritti riconosciti all’autore dalla LDA prescindono qualsiasi forma di registrazione o deposito; infatti è la sola creazione dell’opera a costituire titolo di acquisto originario del diritto d’autore, che comprende sia diritti morali (art. 20 LDA) che di sfruttamento economico (artt. 13-18 LDA).
La durata dei diritti di utilizzazione economica è pari alla durata di tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte (art. 25 LDA) mentre i diritti morali possono essere fatti valere senza limiti di tempo, anche dopo la morte dell’autore dagli aventi diritto (art. 23 LDA).
Software
I software, ovvero “i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore” (art. 2 LDA), inclusi i codici sorgente e codici oggetto, sono tutelati dalla LDA a condizione che tali materiali abbiano carattere creativo, inteso come originalità rispetto ai software preesistenti. La LDA riconosce all’autore il diritto esclusivo a eseguire o autorizzare la riproduzione, la traduzione, l’adattamento nonché qualsiasi forma di distribuzione al pubblico del software o di una copia dello stesso (art. 64 bis LDA).
L’art. 12 bis LDA prevede che nel caso di software creati dal lavoratore dipendente è il datore di lavoro a risultare titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica dell’opera, a patto che la creazione sia avvenuta nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro.
La durata dei diritti di utilizzazione economica del software è pari alla durata di tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte; mentre i diritti morali possono essere fatti valere senza limiti di tempo, anche dopo la morte dell’autore dagli aventi diritto.
Considerazioni pratiche
In materia di software risulta dunque fondamentale distinguere diverse situazioni a seconda che si decida di utilizzare o si utilizzi un software creato all’interno dell’azienda o sviluppato da terzi. In entrambe le ipotesi è importante verificare se il software presenti i requisiti necessari per godere della tutela prevista dalla LDA e allo stesso tempo che la sua “creazione” non leda il diritto d’autore di terzi.
Nel primo caso è necessario verificare, qualora sia stato un lavoratore dipendente a svilupparlo, che tale attività sia oggetto delle mansioni previste dal contratto così da essere certi che i diritti di utilizzazione economica dipendenti dalla sua creazione siano in capo al datore di lavoro. Nel secondo caso invece è fondamentale verificare che il soggetto esterno a cui è stata affidata la realizzazione del software trasferisca alla società i diritti di utilizzazione economica della creazione. È quindi opportuno compiere un esame dei contratti di commissione / sviluppo del software e/o di cessione al fine di verificare la cessione dei diritti e la presenza di opportune garanzie (e manleve).
Banche dati
Le banche dati, ovvero le “raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo” (art. 2 LDA) sono tutelate dalla LDA con diverse modalità a seconda che siano ritenute dotate di creatività o meno.
Se dotate di creatività per la scelta e la disposizione dei materiali, le banche dati sono tutelate come opere dell’ingegno e l’autore della banca dati ha il diritto esclusivo di eseguire o autorizzare la riproduzione, la traduzione, l’adattamento nonché qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell’originale o di copie della banca di dati, come pure qualsiasi presentazione, dimostrazione o comunicazione in pubblico (art. 64 quinques LDA). Diversamente se la banca dati non è dotata del requisito della creatività, il costitutore può beneficiare della più limitata protezione accordata dall’art. 102 bis LDA, norma volta a tutelare gli investimenti economici necessari per la costituzione di tali raccolte, e il costitutore ha il diritto di vietare qualsiasi operazione di estrazione ovvero reimpiego della totalità o di una parte sostanziale della banca dati senza il proprio consenso.
L’art. 12 bis LDA prevede che nel caso di banche dati create dal lavoratore dipendente è il datore di lavoro a risultare titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica dell’opera, a patto che la creazione sia avvenuta nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro.
La durata del diritto di sfruttamento economico del costitutore sulla banca dati creativa dura settanta anni dopo la sua morte, mentre quello sulla banca dati non creativa è di quindici anni, rinnovabile in caso di modifiche o integrazioni sostanziali apportate alla raccolta.
Considerazioni pratiche
In materia di banche dati è importante rilevare se la banca dati creata abbia i requisiti per essere ritenuta creativa o meno. In caso di risposta affermativa la banca dati godrà della tutela accordata alle opere dell’ingegno ex art. 64 quinques LDA; al contrario qualora la banca dati non sia dotata di creatività beneficerà della tutela limitata ex art 102 bis LDA.
È altresì importante distinguere l’ipotesi in cui la banca dati sia creata attraverso informazioni raccolte dalla stessa impresa costitutrice o attraverso informazioni contenute in banche dati di terzi. Nella prima ipotesi è necessario verificare, qualora sia stato un lavoratore dipendente a svilupparla, che tale attività sia oggetto delle mansioni previste dal contratto così da essere certi che i diritti di utilizzazione economica dipendenti dalla sua creazione siano in capo al datore di lavoro. Qualora invece si costituisca una banca dati attraverso dati e informazioni contenute in una banca dati terza, è opportuno verificare se esistano i requisiti affinché il costitutore della banca dati terza utilizzata possa essere tutelato in qualità di autore di banca dati creativa o quale costitutore di banca dati non creativa; in entrambi i casi è necessario il suo consenso per compiere attività di estrazione e/o reimpiego che coinvolgano la totalità o parte sostanziale del contenuto o che siano caratterizzate da sistematicità e ripetitività. È quindi opportuno compiere un esame dei contratti di commissione / sviluppo delle banche dati, così come degli eventuali accordi con autori/costitutori di banche dati utilizzate o al contrario dei contratti di concessione/licenza dei propri contenuti a terzi.
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