Smart working post pandemia: serve lavorare sui manager
Con quasi 9 milioni di italiani, secondo una ricerca condotta dall’Istituto nazionale delle politiche pubbliche – Inapp-Plus, che hanno sperimentato il lavoro da remoto durante la fase più acuta della pandemia, in vista della nuova normativa, diventa ora importante fare un bilancio per comprendere come sarà lo smart working post pandemia. Il 50% dei lavoratori vorrebbe lavorare da remoto in settimana, il 54,5% degli occupati con laurea o titolo post-laurea ha lavorato da remoto, contro il 14,6% riferito a chi ha al massimo la licenza media. Un dato significativo è il 10,6% delle persone che non sapeva se il proprio lavoro da remoto fosse regolamentato oppure no.
“In fase emergenziale una delle soluzioni alla Pandemia è stato sicuramente il lavoro da remoto, ma questo ora non basta più, la mobilità deve essere accompagnata da una leadership, attraverso figure manageriali in grado di gestirlo, che sappiano dare obiettivi, riprodurre il momento della pausa caffè in ufficio e che tengano conto dell’importanza del rapporto con i colleghi” afferma Pier Maria Minuzzo, docente 24ORE Business School e HR Consultant. “Lo si evince anche da una recente ricerca condotta dall’Osservatorio Benessere e Felicità dove, alla domanda “Quali sono le ragioni per cui vuoi cambiare lavoro?” la mancanza di smart working è all’ottavo posto con il 12,5% mentre primeggia la necessità di avere una crescita di sviluppo professionale e personale (41,4%), opportunità di carriera (36,1%), apprezzamento e riconoscimento (34.5%).
Salvo ulteriori aggiornamenti o modifiche, dal 31 agosto vedrà applicazione la nuova intesa sottoscritta il 7 dicembre 2021, da Confindustria e le altre principali associazioni datoriali e sindacali alla presenza del Ministro del lavoro, che prende il nome di Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile nel settore privato.
Le opportunità, secondo il docente Pier Maria Minuzzo, sono un’accelerazione dello sviluppo tecnologico delle imprese, nuove policy organizzative di sicurezza, nuovi comportamenti organizzativi e indubbiamente nuovi layout degli uffici.
“Si tratta di un’opportunità per riuscire a passare a un’organizzazione più agile, dove creare un buon equilibrio tra vita e lavoro, ma serve lavorare su dei pilastri: una work life integration, con sempre più coinvolgimento ed equità tra chi lavora in sede e chi da casa; una formazione costante in cui rientra la diffusione della conoscenza e delle best practice; lavorare sui team per ottenere collaborazione tra i dipendenti e gestione dei conflitti e l’utilizzo di tecnologie abilitanti” afferma Pier Maria Minuzzo, docente 24ORE Business School e HR Consultant. “Come ben specificato nel protocollo, il fatto di lavorare da casa non deve essere un ostacolo per percorsi di carriera, iniziative formative (anche in streaming) o ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della propria professionalità. E in questo le logiche dello smart office potranno essere sicuramente di aiuto, fondandosi sui concetti di differenziazione delle esigenze lavorative, socializzazione e collaborazione del lavoro, riconfigurabilità degli spazi per esigenze contingenti; abitabilità di spazi accoglienti e confortevoli; ibridizzazione grazie a tecnologie digitali abilitanti”.La pandemia ha permesso lo sviluppo di una grande opportunità come lo smart working che deve essere sfruttata, ma da sola non basta. Non dimenticarsi del lato umano e del valore di ogni singola persona che lavora per un’azienda è un elemento centrale che non può passare in secondo piano.