Smart Working: in Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna, Belgio e Australia è possibile controllare i dipendenti con strumenti esterni, ma con limitazioni. Maggiori restrizioni in Irlanda, Germania, Svizzera e Svezia
Negli ultimi anni lo smart working ha ridisegnato il mondo del lavoro e, seppur in calo rispetto all’anno precedente, nel 2022 gli smart worker in Italia sono circa 3,6 milioni [1]. Su questo aspetto, il datore di lavoro può controllare i dipendenti che lavorano da casa? Con quali modalità?
Secondo l’analisi dello Studio legale Daverio & Florio, che in Italia rappresenta Innangard, il network internazionale specializzato in diritto del lavoro, in Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Australia è possibile controllare i dipendenti anche con l’utilizzo di strumenti esterni, come i software, ma bisogna rispettare alcune limitazioni. Al contrario, in Germania, Svizzera, Irlanda, Belgio e Svezia ci sono maggiori restrizioni sui controlli.
Partiamo dall’Italia. Il datore di lavoro è autorizzato a controllare le attività lavorative dei propri dipendenti, anche se lavorano da remoto, ma con alcune limitazioni specifiche [2]: innanzitutto, i sistemi di controllo a distanza dell’attività dei dipendenti, come i software, possono essere utilizzati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza sul lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, e possono essere installati solo previo accordo sindacale e a condizione che i dipendenti ne ricevano adeguata informazione. Inoltre, il controllo degli strumenti di lavoro (utilizzati dal dipendente per svolgere la propria attività lavorativa) e degli strumenti utilizzati per la registrazione degli accessi e delle presenze dei dipendenti (ad esempio il badge di accesso) non richiede un accordo sindacale ma i dati raccolti potranno essere utilizzati per tutte le finalità connesse al rapporto di lavoro, a condizione che ne sia data adeguata informativa ai dipendenti.
Anche in Olanda il datore ha il permesso di controllare le attività lavorative del dipendente a casa, ma deve attenersi a certe condizioni, specialmente nel rispetto del diritto alla privacy.
Il datore deve condurre prima una valutazione di data protection impact per constatare i rischi di privacy del lavoratore. Se l’azienda ha un comitato aziendale, deve approvare il sistema di monitoraggio. In aggiunta, il lavoratore deve essere informato prima del monitoraggio e deve essere avvisato su quando l’audit sarà fatto e delle motivazioni. E avrà sempre il diritto di sapere quali dati sono visibili all’audit. In casi eccezionali, il datore può condurre un audit senza informare il lavoratore ma ci devono essere ragionevoli sospetti che il dipendente stia facendo qualcosa di illegale. Infine, è importante che il lavoratore sia comunque informato del controllo a posteriori.
Stessa linea nel Regno Unito. I datori di lavoro possono monitorare i dipendenti che lavorano da casa, come ad esempio verificando l’uso della posta elettronica, il controllo delle visite dei siti web, la registrazione e l’ascolto telefonate. Ma devono assicurarsi che il livello di monitoraggio rimanga proporzionato e ragionevole per raggiungere l’obiettivo di garantire la salute e la sicurezza dei propri dipendenti e di rispettare gli obblighi previsti dalla normativa sull’orario di lavoro, mantenendo la produttività, la qualità dei risultati e una supervisione efficace. L’ACAS mette in guardia da queste modalità di monitoraggio, affermando che esse devono rispettare le leggi sui diritti umani e sulla protezione dei dati.
Anche in Spagna è possibile monitorare i dipendenti che lavorano in smart working attraverso l’utilizzo di strumenti elettronici, ma solo quando sono di proprietà aziendale (ad es. laptop o qualsiasi altra risorsa informatica). Il controllo da parte del datore di lavoro deve però rispettare la normativa sulla protezione dei dati e del diritto alla privacy. In ogni caso, qualsiasi controllo effettuato dal datore di lavoro deve essere equilibrato e proporzionato.
Mentre in Belgio non ci sono leggi specifiche sul tema dei controlli dei lavoratori, ovvero valgono le stesse regole adottate per chi è in ufficio, il diritto del datore di controllare il lavoro da casa è stato comunque riconosciuto. Il datore di lavoro può esercitare un controllo appropriato e proporzionato sui risultati e/o sulla performance lavorativa. Ciò significa assicurarsi che il lavoro da svolgere nel contesto dello smart working sia stato effettivamente e correttamente eseguito. Allo stesso tempo, il datore deve prendere delle misure, in particolare riguardo ai software, per accertarsi che i dati del lavoratore siano protetti.
In Germania, invece, i datori di lavoro generalmente non possono adottare sistemi di controllo come i software, – eccetto in caso di sospetta attività criminale – ma possono registrare il tempo di lavoro dei dipendenti, ad esempio attraverso i dati di login. Tuttavia, in questi casi il datore deve sempre prendere in considerazione i diritti di cogestione dei sindacati e le leggi sulla protezione dati.
In Svizzera il datore di lavoro deve registrare le ore di attività del dipendente, indipendentemente che lavori in ufficio o a casa, e può decidere quale metodologia adottare. Infatti, può anche prevedere dei controlli regolari attraverso chiamate, email, ma non è concesso in generale di installare software che monitorino l’attività dei dipendenti.
Per quanto riguarda l’Irlanda, ad oggi non esiste una legislazione specifica che disciplini il monitoraggio dei dipendenti. Nel decidere se o quanto monitorare, i datori di lavoro dovranno rispettare i diritti costituzionali dei loro dipendenti, tra cui il diritto alla privacy e il rispetto della vita familiare, che ovviamente hanno un significato particolare nelle circostanze in cui i dipendenti lavorano a casa loro. I datori di lavoro devono inoltre rispettare il Data Protection Act 2018 e il GDPR. Per adempiere pienamente ai loro obblighi in materia, i datori di lavoro devono trattare i dati personali dei propri dipendenti in modo lecito, equo e trasparente; per uno scopo specifico, esplicito e legittimo; e i dati raccolti devono essere limitati a quanto necessario in relazione alle finalità per cui vengono trattati.
Anche in Svezia le stesse responsabilità si applicano al datore di lavoro indipendentemente dal luogo in cui il dipendente lavori. Tuttavia, la possibilità di monitorare un dipendente che lavora da casa è limitata per motivi di privacy.
Cosa accade oltreoceano? In Australia i datori di lavoro possono legittimamente implementare un software che monitori l’attività informatica di un dipendente mentre lavora da casa (compreso il monitoraggio delle e-mail, dell’uso di Internet e dell’attività di digitazione). I requisiti specifici per l’attuazione di questo tipo di sorveglianza sul posto di lavoro variano a seconda delle giurisdizioni degli Stati e dei territori australiani, ma in generale la sorveglianza può essere attuata in base a una politica dettagliata e dopo aver fornito una notifica scritta dell’attuazione.