Smart working. Dal 1° aprile non è più un diritto, ma un accordo individuale. Si tratta dunque di un’opportunità per le aziende per essere più competitive?
Dopo il 31 marzo 2024 lo smart working è tornato a essere regolato per tutti dalla normativa ordinaria prevista nella legge n. 81/2017. Con il ritorno a tale legge gran parte delle semplificazioni che erano ancora previste per genitori con figli under 14 e lavoratori fragili sono venute meno: l’imprenditore che oggi decide di utilizzare il lavoro agile deve firmare con ogni dipendente un accordo individuale. Lo smart working non rientra più così nel concetto di “diritto” per il lavoratore, ma in quello di “modalità di esecuzione della prestazione”.
Secondo Daniele Bacchi, CEO di Reverse la discussione sulla trasformazione dello smart working in Italia, con il passaggio da un diritto a una modalità operativa che necessita di un accordo individuale, porta alla luce diverse sfaccettature del lavoro agile e del suo impatto sul tessuto lavorativo italiano.
Bisogna riconsiderare il valore dell’esperienza in presenza
Certamente lo smart working offre flessibilità e può migliorare la qualità della vita dei lavoratori, è però fondamentale non sottovalutare l’importanza dell’interazione diretta e dell’esperienza in presenza, soprattutto per chi è all’inizio della propria carriera. L’apprendimento informale che si verifica vivendo quotidianamente l’ambiente lavorativo e interagendo faccia a faccia con i colleghi rappresenta un’opportunità di crescita insostituibile, che va oltre i contenuti di qualsiasi meeting programmato. Smart working si, ma è bene non isolarsi e valutare attentamente l’impatto della formazione sul campo, e del reinserimento di figure genitoriali.
La scelta di un accordo per il lavoro agile diventa oggi una vera e propria leva
Lo smart working non è solo una modalità di lavoro flessibile, ma anche una leva strategica per le aziende, che possono utilizzarla per attrarre e trattenere talenti in un contesto di crescente difficoltà nel reperimento delle competenze necessarie. In questo senso, lo smart working diventa a tutti gli effetti dall’1 aprile un fattore competitivo, la cui adozione è guidata dalle esigenze e dalle strategie aziendali piuttosto che da un’imposizione legislativa.
L’importanza di considerare le posizioni e le esigenze di tutti i lavoratori
È innegabile che lo smart working può introdurre una forma di disparità tra i professionisti, specialmente in un contesto imprenditoriale come quello italiano prevalentemente orientato al settore manifatturiero. La distinzione tra chi può lavorare da remoto e chi deve necessariamente essere presente fisicamente può generare tensioni e malcontento, non sempre basati su considerazioni logiche, ma anche su percezioni emozionali. Lo smart working rappresenta dunque un’opportunità significativa per molte aziende, ma è essenziale affrontare le sue sfide con una visione equilibrata, considerando le diverse esigenze dei lavoratori, oltre alle specificità del contesto imprenditoriale italiano.
“Reverse abbraccia pienamente lo smart working, offrendo ai suoi collaboratori la libertà di organizzarsi con i propri team leader per definire la modalità di lavoro più efficace per raggiungere i risultati attesi” conclude Daniele Bacchi “Un approccio che valuta attentamente contesto ed esigenze individuali, in un’ottica di cooperazione paritaria e promuovendo così un ambiente di lavoro basato sulla fiducia, sulla responsabilità e sull’autonomia, elementi chiave per il successo in un mondo del lavoro in rapida evoluzione”.