Smart living: la tecnologia digitale spaventa e allontana chi non la conosce, ma nel turismo e nel commercio è considerata un’opportunità
Quali sono le relazioni tra tecnologia e sostenibilità nella percezione degli italiani su temi come il commercio elettronico e il turismo? Qual è il loro punto di vista sullo smart living? Qual è il loro atteggiamento su quegli stili di vita che sono stati rivoluzionati nel periodo della pandemia e che rappresentano il centro di quella nuova normalità che nei prossimi anni ridisegnerà le nostre esistenze proprio attorno a due elementi: il digitale e la sostenibilità? A queste domande risponde la ricerca realizzata dal Digital Transformation Institute, la prima fondazione riconosciuta di ricerca in Italia sulla sostenibilità digitale.
La paura allontana dalle tecnologie: anche quando fanno bene
I punti di partenza non sono certo confortanti: il 65% degli italiani ritiene che la tecnologia sia fonte di ineguaglianze, ingiustizia sociale e perdita di posti di lavoro. Questo fattore, unito all’endemica scarsa cultura digitale esistente nel nostro Paese, è determinante per definire le modalità con le quali gli italiani usano le tecnologie. Scarsa competenza e diffidenza verso il digitale costituiscono, infatti, ostacoli particolarmente difficili da superare.
Come è facile immaginare, la frequenza d’uso delle tecnologie digitali aumenta insieme alla competenza degli utenti: sono il 37% di utenti regolari di strumenti digitali per il settore del commercio e del turismo con un livello di competenza digitale alta e il 15% per quelli con competenza più bassa.
A questo si aggiunge il fatto che quel 65% degli italiani che vede nella tecnologia una minaccia se ne allontana. Tuttavia, sono solo il 20% gli italiani che vivono la tecnologia come una minaccia ad utilizzare servizi digitali per il commercio ed il turismo, contro un 35% di essi che li vive come opportunità e ne fa un utilizzo regolare. “Questi dati – commenta Stefano Epifani, Presidente della Fondazione Digital Transformation Institute ed autore del libro Sostenibilità Digitale, dedicato a questi temi – letti in un periodo come quello che stiamo vivendo, nel quale l’uso degli strumenti digitali è diventato centrale per moltissime attività quotidiane, si traducono in fattore di sostanziale esclusione sociale, con le conseguenze in termini di sostenibilità che è facile immaginare. C’è poi da considerare che, parlando appunto di sostenibilità, l’attenzione verso questo tema, al di là delle posizioni puramente ideologiche, è comunque bassissima: basti pensare ai servizi on-line nati in questi anni per supportare il commercio e il turismo sostenibili: tra quelli che ne conoscono l’esistenza, il 77% degli utenti con alta competenza digitale e ben il 91% di quelli con bassa competenza digitale non usa o li usa raramente. Insomma: la strada da fare verso un uso consapevole dei servizi e degli strumenti che ci offre la rete a supporto della sostenibilità è ancora lunga ed impervia”.
Acquisti e turismo: più sostenibili grazie al digitale?
La mancanza di una solida dimensione di consapevolezza sugli impatti della digitalizzazione sul turismo, infatti, appare evidente quando si chiede agli italiani un punto di vista sul ruolo delle tecnologie come strumenti a supporto del turismo sostenibile: l’82% degli intervistati ritiene che le applicazioni di prenotazione on-line – concentrando l’attenzione del turista sui luoghi più popolari – favoriscano gli operatori più grandi e le località più note, ma curiosamente l’89% degli stessi intervistati si dice d’accordo con il fatto che le stesse applicazioni, consentendo di scoprire mete alternative, favoriscano gli operatori più piccoli. Da evidenziare, poi, come solo il 16% di quegli utenti che pure conoscono le piattaforme pensate per supportare il turismo sostenibile (ad esempio sistemi come FairBnB), ne facciano effettivamente un uso regolare. Senza differenze significative tra coloro i quali considerano la natura un valore prioritario rispetto all’economia, o quanti pensano che i problemi di inquinamento e cambiamento climatico siano da affrontare subito o meno. Insomma: molti di quanti si dichiarano più fortemente convinti che la sostenibilità sia un valore primario quando devono andare in vacanza non usano come potrebbero il digitale per rendere il proprio viaggio sostenibile.
E per quanto riguarda il commercio elettronico? Per l’85% degli italiani è destinato a distruggere i piccoli negozi, ma per il 79% degli stessi è anche un’opportunità per quelle attività, anche piccole, che sapranno adeguarsi. Opinioni contrastanti anche per la percezione del ruolo del commercio elettronico in relazione all’ambiente: per l’83% degli intervistati il commercio elettronico, riducendo gli spostamenti genera un impatto positivo sull’ambiente, ma allo stesso tempo, per il 75% degli stessi, aumentando il numero di spedizioni e di pacchi in circolazione è una minaccia per l’ambiente. “Insomma – conclude Epifani – il commercio elettronico fa bene all’ambiente ma anche no. E lo stesso vale per le tecnologie per il turismo. Mancando una visione sistemica dei problemi, che sono problemi peraltro molto complessi, è difficile per il cittadino costruirsi un quadro ed agire di conseguenza. Il risultato è che ci si muove sulla base di sollecitazioni puntuali, variando i propri comportamenti in funzione di princìpi di utilità diretta e contingente. Tanto che, ad esempio, su un 92% di italiani che ritiene il commercio elettronico utile per il cittadino, solo un quinto degli intervistati è in grado di correlare tale utilità percepita con le proprie convinzioni relative al collegamento tra commercio elettronico e inquinamento. Che si parli di didattica a distanza o di telelavoro, di turismo sostenibile o di commercio elettronico, la sfida della sostenibilità è legata a doppio filo alla nostra capacità di sfruttare correttamente il digitale ed inquadrarne il ruolo nello sviluppo del Paese. Con Next Generation EU abbiamo l’opportunità di promuovere questo concetto e farne una leva per costruire la nuova normalità in maniera tale che sia sostenibile by default. Un’opportunità che non possiamo permetterci di perdere.
La rilevazione è stata realizzata da Ipsos con un campione (800 persone) rappresentativo della popolazione italiana per età, titolo di studio, reddito, sesso e posizione geografica con granularità che mantiene la rappresentatività su base regionale.