Scelte imprenditoriali e stress, cosa ci frena?
Il mondo in cui viviamo e ci troviamo a prendere decisioni e ad agire come imprenditori, imprenditrici professionisti manager ci può apparire carico di incognite e di rischi difficili da affrontare. Un mondo veloce e instabile, dove chi ha imprese di piccole dimensioni teme di soccombere. Ma non può essere un alibi per non fare, per non cambiare.
Il nostro cervello ci viene in aiuto
Abbiamo una percezione del tempo falsata dal ritmo frenetico in cui siamo immersi.
Quando pensi che tre minuti per leggere un articolo sono tanti, due milioni di anni sembrano un tempo lunghissimo. Ma da un punto di vista evolutivo delle speci viventi non sono nulla.
E, negli ultimi due milioni di anni è avvenuta una piccola ma significativa variazione nel cervello degli umani. La massa cerebrale si è triplicata, passando dai 560 grammi del nostro antenato homo habilis fino ai quasi 1500 grammi che oggi tutti noi abbiamo tra un orecchio e l’altro.
Perché la natura ha sentito la necessità di dotarci di un cervello più grande?
Gli scienziati hanno scoperto che, da quando il cervello ha triplicato le sue dimensioni, non è diventato solo più grande, ma ha acquisito anche nuove strutture e una nuova componente, la corteccia prefrontale.
Quali vantaggi offre questa corteccia prefrontale, che giustifichino una revisione radicale dell’architettura del cranio umano?
Lo spiega Dan Gilbert, psicologo di Harward, in una memorabile conferenza Ted Talk: “Una delle sue funzioni principali è quella di essere un simulatore di esperienze.”
Simulatori di esperienze
Pensiamo ai piloti: fanno pratica sui simulatori di volo, per non commettere errori quando guidano aerei nel mondo reale.
Simuliamo un’esperienza quando ad esempio un laboratorio di gelateria non prende in esame di produrre gelati al gusto «fegato e cipolla». Hanno forse provato a farlo, assaggiato, trovato disgustoso, quindi deciso di non produrlo? No. Semplicemente, senza muoversi dalla poltrona, hanno mentalmente simulato quel gusto e hanno intuito che faceva schifo, senza bisogno di prepararlo.
Anche gli imprenditori e i manager, quando fanno un budget di costi e ricavi della loro prossima attività sulla base delle ipotesi di lavoro, le cosiddette “assumptions del business” simulano una previsione. O semplicemente tutti noi quando pianifichiamo le vacanze estive facciamo una simulazione di luoghi, di tempi e di costi. Ed anche di aspettative di benessere.
Gli esseri umani sono dotati di una meravigliosa facoltà cerebrale, grazie alla quale possono fare esperienza nel loro cervello prima di farla nella realtà.
I nostri antenati non avevano questa capacità e che nessun altro animale è in grado di utilizzarla come noi.
È un adattamento strepitoso. Insieme alla posizione eretta e al linguaggio è uno degli elementi che hanno permesso alla nostra specie di scendere dagli alberi.
Impact bias
Ma il prezioso simulatore che sta nel nostro cervello a volte sbaglia.
Le ricerche condotte da Gilbert hanno dimostrato qualcosa di veramente sorprendente, una cosa che chiamiamo “impact bias”, cioè «pregiudizio sull’impatto»: si tratta della tendenza del simulatore del nostro cervello a funzionare in maniera sbagliata, per convincerci che i risultati di alcuni eventi sono diversi, spesso peggiori, rispetto a quanto non siano in realtà.
E questo per darci l’alibi di restare nell’equilibrio attuale, cioè non fare scelte di cambiamento.
Ci aspettiamo il peggio
Da questi studi, sul campo e in laboratorio, vediamo che creare un nuovo prodotto o servizio che funziona bene o non funziona, conquistare o perdere un partner sentimentale, ottenere o meno una promozione, passare o non passare un esame e altre pessime esperienze hanno conseguenze di intensità e durata minori di quanto ci aspettiamo prima che accadano. Cioè abbiamo pregiudizi errati sulle conseguenze di eventi negativi e sulla loro durata emotiva.
Addirittura, spiega Gilbert: “Abbiamo rilevato che due gruppi di persone che avevano vissuto esperienze estreme, una positiva, vincere alla lotteria, e una negativa, restare con una severa menomazione dopo un grave incidente, dopo tre mesi dal fatto manifestavano lo stesso grado di “felicità personale”.
Come è possibile?
Perché dopo tre mesi, salvo rare eccezioni, anche un gravissimo trauma non ha alcun influsso sulla nostra situazione emotiva. E questo grazie al nostro sistema immunitario cerebrale. Cioè?
Cosa si intende per Sistema immunitario cerebrale?
Gli esseri umani hanno alcuni dispositivi nel cervello che funzionano come il nostro sistema immunitario. Tutti sappiamo che il nostro corpo possiede un insieme di organi e di cellule altamente specializzate con il compito di difendere l’organismo da agenti esterni che potrebbero farci ammalare.
Il cervello ne ha uno tutto suo.
Un insieme di processi cognitivi, in gran parte non consapevoli, che permettono di modificare la nostra percezione del mondo, al punto da costringerci a vivere nelle condizioni in cui ci troviamo e ad adattarci ad esse.
Un sistema immunitario psicologico, dove corteccia prefrontale, simulatore di esperienze e anticorpi psichici si alleano fra loro per farci stare meglio, anche nelle condizioni più difficili.
Temiamo il peggio per non cambiare
Quando temiamo il peggio per la nostra impresa e per questo rinunciamo a investire in una nuova tecnologia di produzione o in un nuovo software gestionale, quando ci rassegniamo a vivacchiare, lasciando andare l’azienda in modo inerziale, come un’auto con il cambio in folle, quando non coltiviamo la nostra preparazione o la formazione dei nostri collaboratori perché vediamo tutto nero davanti a noi, consideriamo che il nostro cervello ci offre il dono prezioso di produrre autonomamente la capacità di adattarci agli eventi della vita e di procurarci il benessere emotivo che desideriamo.
Quindi rifletti sui dati, sulle implicazioni, fai previsioni, certamente. Poi decidi e agisci. Puoi correggere il tiro durante l’azione. Il tuo cervello ti aiuterà in qualunque circostanza.
La frase di oggi
“Sono vecchio e nella mia vita ho immaginato centinaia di problemi, che non si sono mai verificati.“
George Bernard Show, scrittore