SACE presenta “Where to Export Map 2024”. AI e tech: l’innovazione è il motore di crescita
Aumentano le iniziative per adattamento climatico e transizione sostenibile intraprese dagli Stati e sono queste a trainare le opportunità di crescita, in uno scenario dove persistono rischi politici e socio-ambientali mentre migliorano i rischi di credito, frutto del consolidamento economico e demografico di diversi Paesi da Oriente a Occidente.
Questi sono i nuovi orizzonti di opportunità delineati da Where to Export Map 2024 di SACE, il mappamondo digitale interattivo che traccia le vie della crescita per le imprese e le PMI che esportano e investono nel mondo in circa 200 mercati esteri, avvalendosi di un set aggiornato di indicatori che valutano a tutto tondo profili di opportunità e rischi: il rischio di credito, il rischio politico e i rischi socio-ambientali – questi ultimi sviluppati in collaborazione con la Fondazione Enel – che comprendono cambiamento climatico, benessere sociale e transizione energetica.
In questo contesto, le nuove tecnologie e l’AI stanno trasformando le economie garantendo aumenti di produttività, crescita e resilienza. L’Ufficio Studi di SACE ha analizzato infatti che un Paese che investe in nuove tecnologie e AI per un terzo dei settori e ne incrementa la produttività del 20%, genera un effetto moltiplicatore su tutta l’economia dell’1,3% annuo per i primi cinque anni e dello 0,6% nei primi dieci. Se si ipotizzasse invece un investimento a tutto campo sull’economia di un Paese l’incremento annuale sarebbe dell’1,5% per circa 10-20 anni.
Secondo l’Export Opportunity Index (EOI) di SACE, nella Top Ten dei mercati di opportunità rientrano quei Paesi che hanno intrapreso percorsi di diversificazione e transizione sostenibile e digitale: Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Spagna, India, Arabia Saudita e Cina; ampio potenziale anche nel Far East (Corea del Sud e Vietnam) e America Latina (Messico e Brasile), dove i governi puntano su rafforzamento della manifattura e programmi d’investimenti che combinano sostenibilità e innovazione.
“Siamo parte di un mondo interconnesso e in costante evoluzione dove è fondamentale avere una visione sistemica che consenta di agganciare i trend di crescita sostenibile e moltiplicarne gli impatti e la Where to Export Map di SACE è la bussola che offriamo in questa direzione – ha dichiarato Alessandra Ricci, Amministratore delegato di SACE – Le tecnologie come l’AI sono uno straordinario abilitatore e acceleratore per costruire vie di crescita futura per le aziende e le PMI del nostro Paese e noi di SACE siamo orgogliosi di supportare questo percorso con le nostre garanzie, come Archimede, che si affianca alla Garanzia Green e Garanzia Futuro per sostenere l’innovazione industriale, tecnologica e digitale italiana e gli investimenti domestici che trainano lo sviluppo del nostro Paese”.
“Where to Export Map: un nome nuovo per la Mappa dei rischi e delle opportunità di SACE, che rappresentano ormai da decenni un punto di riferimento per le imprese italiane – ha dichiarato Alessandro Terzulli, Capo Economista di SACE – Quest’anno abbiamo dato spazio ai macro–trend che a nostro avviso occupano un posto rilevante nella geoeconomia attuale: le nuove tecnologie in primis, che sono uno strumento necessario per affrontare il cambiamento e l’adattamento climatico. E le variabili economiche che guidano la domanda globale sono legate a doppio filo anche a quelle geopolitiche ed è quindi fondamentale sapere quali aspetti siano più esposti a fattori contingenti, comprendere i reali effetti che eventi di cronaca possono generare sul quadro globale e riconoscere i rischi, ma soprattutto le opportunità, che le imprese italiane hanno di fronte a sé”.
Scenario: fonti di rischio e ciclo economico delle principali economie
Per il 2024 il commercio internazionale di beni è atteso tornare crescere a un ritmo dell’1,7% in volume (+4,4% i servizi) grazie all’allentamento delle condizioni finanziarie globali, pur rimanendo rischi al ribasso legati alle nuove criticità lungo le catene globali di fornitura e a un clima di elevata incertezza globale, acuito dalle rinnovate tensioni sul Mar Rosso, il cui impatto è al momento ritenuto non persistente per le imprese italiane che vedono passare da lì rispettivamente il 7% e il 16% del loro export e import di beni.
I trend per aree geografiche, tra rischi di credito, politici e di cambiamento climatico
Rischio del credito
Si tratta del rischio che la controparte estera (sovrana, bancaria o corporate) non sia in grado o non sia disposta a onorare le obbligazioni derivanti da un contratto commerciale o finanziario. Dei 194 Paesi analizzati, in 55 diminuisce il livello di rischio, 98 Paesi restano stabili, mentre in 41 aumenta.
Nonostante un contesto eterogeneo, complessivamente il quadro dei rischi globali evidenzia un lieve miglioramento, in particolare per i rischi del credito influenzati dal consolidamento di alcuni Paesi di rilievo in termini economici e demografici come Brasile, Messico, Emirati Arabi Uniti e India. Il Brasile, grazie a un mix di politiche economiche, ha ridato slancio alla domanda interna e agli investimenti, con un impatto positivo sulle imprese coinvolte in questa nuova fase di dinamismo. Messico e India, rinforzando i risultati positivi dell’ultimo biennio, hanno colto il recupero della domanda globale e il suo effetto benefico sui settori manifatturieri a forte vocazione di esportazione. Gli Emirati proseguono la loro fase espansiva caratterizzata dal forte impegno verso la diversificazione economica a vantaggio di settori quali il turismo, servizi, costruzioni e con una particolare proattività nell’implementazione della strategia di transizione energetica, come peraltro emerso durante la COP28 ospitata a Dubai alla fine dello scorso anno.
Un importante contributo al ritrovato dinamismo è legato anche all’ascesa di alcuni Paesi dalle crescenti potenzialità come Vietnam, Arabia Saudita e Oman: il mix tra consolidamento dei settori prevalenti come manifattura e materie prime con i “nuovi” settori come IT e turismo ha dato nuovo impulso all’economia.
Persistono fragilità nei Paesi già fiaccati da deboli fondamentali macroeconomici come la Nigeria o il Kenya o che scontano l’impatto negativo di dinamiche esterne come il rialzo dei tassi di interesse sui debiti pubblici (Ghana) o debolezze più strutturali (Egitto, Tunisia, Argentina) che si riflettono nell’indebolimento del tessuto aziendale, locale ed estero, nonché sulle difficoltà dei sistemi bancari, che già risentono di un contesto economico sofferente e di condizioni globali stringenti.
Rischio politico
Gli indicatori di rischio politico – che comprendono i rischi di guerra, disordini civili e violenza politica, i rischi di esproprio e di violazioni contrattuali e i rischi di restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari – fotografano un peggioramento in un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica. Dei 194 Paesi analizzati, 72 migliorano, 78 sono stabili e 44 peggiorano.
Il quadro del rischio politico a livello globale è diversificato con alcuni fenomeni evidenti in alcune regioni e silenti in altre. La violenza politica si conferma il principale rischio politico anche nel 2024. Il deterioramento è evidente non solo nei Paesi coinvolti direttamente in conflitti più o meno recenti (dopo Russia e Ucraina anche Israele e Territori Palestinesi), ma anche in geografie che scontano l’incertezza circa il possibile ampliamento delle tensioni internazionali come l’Iran o caratterizzati da un incremento delle tensioni sociali (Egitto, Tunisia), di natura etnica o territoriale (Armenia, Azerbaijan, Serbia, Kosovo, Taiwan) e di forte instabilità istituzionale (Niger, Gabon, Bolivia).
Importanti miglioramenti sia nel rischio di mancato trasferimento valutario (Emirati Arabi Uniti, Nigeria, Vietnam, Kazakistan, Giamaica) favoriti in alcuni casi da contesti finanziari più stabili, sia del rischio di esproprio (Polonia, Arabia Saudita) grazie a politiche di attrazione degli investimenti esteri. Rilevante sarà anche il peso delle numerose tornate elettorali previste nel 2024, a partire da quelle americane e in diversi stati chiave come India, Messico, Iran.
Rischio di cambiamento climatico
L’ultimo biennio ha riportato un aumento della temperatura media globale eccezionalmente ampio. Quasi tutte le aree terrestri hanno registrato temperature superiori alla media, con valori di oltre 1°C superiori alla media del periodo 1991-2020 per molto tempo. In tutto il mondo sono stati registrati numerosi eventi estremi, tra cui ondate di caldo, inondazioni, siccità e incendi. Le emissioni globali stimate di carbonio dovute agli incendi nel 2023 sono aumentate del 30% rispetto all’anno precedente, a causa in gran parte degli incendi persistenti in Canada. Gli episodi climatici estremi verificatisi in tutto il mondo hanno avuto impatti significativi sulla salute umana, sugli ecosistemi, sulla natura e sulle infrastrutture e, non da ultimo, anche sulle economie dei Paesi colpiti. Anche quest’anno, in collaborazione con Fondazione Enel, sono state approfondite le tematiche del rischio di cambiamento climatico a partire dalle sue tre componenti: idrogeologico, temperature e tempesta, della transizione energetica e del benessere sociale.
Gli indicatori di rischio climatico mostrano un aumento significativo nelle aree dell’Africa Subsahariana e dell’Asia. Anche se per l’America Latina si nota una diminuzione nelle proiezioni temporali con orizzonte 2100, i valori dell’indice sono sempre elevati. Per le diverse componenti dell’indicatore, si osserva un aumento dei rischi legati alle temperature in molte regioni, con variazioni significative tra le diverse aree geografiche. I rischi idrogeologici mostrano una maggiore variabilità nelle previsioni, con alcune regioni che mostrano un aumento costante nel tempo e altre una stabilità relativa o un leggero calo. Infine, la componente tempesta mostra variazioni minori rispetto alle temperature e ai rischi idrogeologici.
Gli indicatori della Transizione Energetica registrano l’avanzare su scala globale e la crescita del 40% degli investimenti in energia verde negli ultimi tre anni alimenta le speranze verso un significativo processo di decarbonizzazione ed elettrificazione. Tuttavia, il progressivo e costante miglioramento delle performance globali risulta ancora troppo lento e limitato rispetto alle urgenti sfide poste dalla crisi climatica ai nostri ecosistemi e alle nostre società. La Transizione è ormai matura e con dinamiche positive in Europa e America Latina. Grazie alle politiche di decarbonizzazione della Ue, ulteriormente rafforzate dal Piano REPowerEU i Paesi dell’Ue rimangono i più virtuosi in tema di decarbonizzazione, con Svezia e Finlandia stabilmente con i valori più alti, seguite da Spagna, Danimarca, Austria, Italia e Portogallo, che avanzano significativamente. Buoni anche i risultati registrati da alcune economie dell’America Latina, che beneficiano di alti livelli di generazione rinnovabile – idroelettrica, solare ed eolica. Tra questi, spiccano Cile, Colombia, Uruguay, Perù e Brasile, che si riconferma come il Paese meglio posizionato in materia di transizione energetica tra i membri del G20. Bene anche le grandi potenze economiche, Stati Uniti e Cina, a conferma di una crescente competizione geoeconomica in materia di decarbonizzazione, ma anche Giappone e India.
Infine gli indicatori del benessere sociale rappresentano un mondo che viaggia a diverse velocità. Nel corso del 2023, nei Paesi in cui si è votato così come in quelli colpiti da crisi alimentari ed eventi climatici estremi, è apparsa sempre più chiara la necessità di ridurre le disuguaglianze quale elemento fondamentale di tenuta dei sistemi Paese e garanzia del loro sviluppo sostenibile. In Perù, Colombia e Bolivia hanno invertito il trend e migliorano la propria posizione pur facendo registrare disuguaglianze significative, mentre Cile e Brasile hanno visto crescere in maniera consistente il divario in termini di benessere tra cittadini. Le disuguaglianze restano comunque strutturalmente accentuate in Africa Subsahariana e rischiano di aumentare ulteriormente con il deterioramento generale delle condizioni finanziarie, dal rischio del credito alle minori risorse fiscali a disposizione a fini redistributivi, e delle condizioni climatiche.
Dal punto di vista demografico i bassi punteggi dei Paesi europei e del Giappone scontano il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione, in particolare sostenuto dagli esigui tassi di natalità e dall’alto numero di pensionati in rapporto alla forza lavoro attiva. Tuttavia, peggioramenti significativi vanno segnalati per la Cina, per la Thailandia e per l’Ucraina. Al contrario, il continente africano si conferma come quello con una dinamica demografica più accentuata.
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