SACE News | Export Italia – America cresce più della media globale: +5,2% nel 2024
Il continente americano è una delle note positive delle vendite italiane nel mondo. Quest’anno e il prossimo, infatti, il nostro export verso l’area crescerà al di sopra della media complessiva (+5,2% e +5,1% vs. +3,7% e +4,5%). Le dinamiche all’interno del continente sono tuttavia differenziate quest’anno, con un apporto particolarmente positivo dei Paesi GATE – specie Messico e Colombia – e degli Stati Uniti; ritmi più contenuti si registreranno per Cile, Perù e Canada e un andamento negativo è previsto verso l’Argentina che sconta il significativo aggiustamento macroeconomico introdotto dal presidente Milei alla fine del 2023. Il 2025 vedrà ritmi ancora sostenuti per Messico e Colombia e dinamiche particolarmente favorevoli verso Canada e Brasile.
Nota: La somma dell’export verso le aree non coincide con il totale dell’export italiano di beni (pari a circa 626 miliardi di euro nel 2023) poiché alcune voci di fonte Istat (ad esempio, “provviste e dotazioni di bordo”) non sono direttamente imputabili a una specifica area. Analogamente la media pesata dei tassi di crescita delle aree, basata sui 68 Paesi di previsione, non coincide con quella totale basata su tutte le destinazioni dell’export italiano.
Gli Stati Uniti sono la prima meta per le vendite italiane oltre i confini europei, ma buone notizie arrivano dall’intero continente, dove l’America Latina si sta delineando come area di crescente opportunità. Da un lato il progressivo deterioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Cina sta aprendo spazi di sviluppo per i Paesi geograficamente vicini e in qualche misura allineati al gigante a stelle e strisce, specie il Messico; dall’altro, il processo di transizione sostenibile in atto a livello globale rappresenta una grande occasione per quei Paesi dell’area ricchi di risorse critiche necessarie allo sviluppo di tecnologie green. La conformazione naturale che caratterizza il territorio di queste geografie assicura, inoltre, l’ampia disponibilità di materie prime naturali: sole, vento e acqua e non solo; si pensi per esempio alle biomasse, molto rilevanti in Argentina, ma anche in Brasile e in Colombia (in particolare nella regione dell’Orinoco) e al biogas. Tali geografie hanno tutte le carte in regola per poter realizzare, a loro volta, la transizione energetica e diventare esempi di sostenibilità come anche mostrato dagli indici di transizione energetica elaborati da SACE e Fondazione Enel. Sarà quindi molto importante per le imprese italiane, che hanno una forte expertise nelle tecnologie LCT, ossia a basso impatto ambientale, riuscire a inserirsi nei tanti programmi d’investimento e sviluppo posti in essere dai governi. Operare in queste geografie richiede un grande coordinamento non solo tra acquirente e fornitore, ma anche una forte rete di relazioni con i diversi attori, dall’impresa locale alle istituzioni, pubbliche e private; nel fare ciò, la lunga esperienza di SACE accompagna le imprese italiane per sfruttare le ampie potenzialità, presidiando attentamente l’area tramite uffici in Brasile, Messico e Colombia.
Gli Stati Uniti continueranno a rappresentare il principale partner commerciale italiano nell’area potendo contare su un’economia in salute spinta dai consumi interni e su politiche industriali che mirano, tra le altre cose, a creare sinergie tra pubblico e privato in settori strategici, le cui catene di approvvigionamento sono molto ramificate e dove le imprese italiane possono inserirsi grazie anche all’alta qualità delle loro lavorazioni. Un punto di cautela è rappresentato dall’esito delle elezioni presidenziali di novembre: se risultasse a favore dei repubblicani, potrebbe aumentare ulteriormente l’incertezza a livello geopolitico e commerciale, con l’inasprimento di alcune posizioni protezionistiche. Si
pensi non solo al supporto o meno alle situazioni di conflitto in essere, ma anche per esempio, a nuovi più stringenti requisiti dell’IRA e/o all’eventualità di rivedere l’attuale accordo di libero scambio tra Washington e il Messico dove la presenza cinese in campo automobilistico si sta facendo sempre più forte proprio con l’intento di conquistare quote nel mercato a stelle e strisce. Se Trump fosse rieletto e – come dichiarato durante la campagna elettorale – imponesse dazi del 60% sulle merci importate dalla Cina e del 10% sull’import dal resto del mondo, l’impatto negativo sul commercio mondiale sarebbe significativo e pari al 4% all’anno, in media, tra il 2025 e il 2028. Nonostante le incognite legate alle elezioni, saranno i settori ad alta intensità tecnologica – ad esempio il sempre maggiore sviluppo di smart city – a stimolare la domanda di beni italiani. Molta importanza è data anche alla transizione sostenibile, soprattutto con l’IRA ma anche con iniziative come gli Energy Earthshots del Dipartimento dell’Energia americano per accelerare le innovazioni necessarie per raggiungere soluzioni energetiche pulite, abbondanti, affidabili e a basso costo (per esempio idrogeno verde e stoccaggio energetico su larga scala), entro il 2035. Le numerose occasioni di business collegate, anche per le imprese italiane, porteranno a una crescita soprattutto per l’export di beni di investimento che segnerà un +5,2% quest’anno e un +4,4% il prossimo trainato in particolare da meccanica strumentale e apparecchi elettrici. In questo contesto, SACE ha supportato tre esportatori italiani – Danieli, Tenova e Sideridraulic – nella vendita di macchinari, servizi e componenti per l’efficientamento e l’ammodernamento del sito metallurgico di JSW Steel USA in Texas.
Seconda destinazione all’interno dell’area, il Canada rappresenta un mercato di opportunità visto l’ampio programma di rinnovo delle infrastrutture che si prefigge di far fronte alla crescita della popolazione e agli obiettivi di resilienza climatica entro il 2030. In questo senso, le imprese italiane che esportano apparecchi elettrici potranno trovare un mercato di sbocco interessante: l’export del settore è atteso crescere del 6,3% quest’anno e dell’8,8% il prossimo. Buone opportunità si riscontrano anche nel settore degli alimentari e delle bevande – previsto in espansione del 4% nel 2024 e dell’8,2% nel 2025 – che beneficia peraltro delle protezioni alle denominazioni di origine protetta offerte dall’accordo di libero scambio CETA.
Anche l’America Latina si sta sempre più configurando come una metà dalle alte potenzialità. Messico, Brasile e Colombia, in particolare, fanno parte dei Paesi identificati da SACE come GATE – cioè, quei Paesi considerati una vera e propria porta per il futuro del nostro export. In Brasile, ad esempio, opportunità per l’export italiano arriveranno a valle dell’evento “SACE meets Brazil – A Push towards a Sustainable Future” che ha riunito alla fine dello scorso anno circa cento business leader brasiliani con l’obiettivo di fare da apripista alle imprese italiane con i principali attori sul mercato.
Il Cile, che lo scorso anno ha accolto €1,3 miliardi di beni italiani, sta vivendo una fase di cambiamento della propria economia, orientandosi su un modello più green – con un focus su conoscenza, tecnologia, innovazione e automazione – che può offrire spazi di inserimento per le imprese italiane attive sia nel settore dei macchinari, specie quelli per l’automazione, sia in quello dell’economia circolare. Il Paese sta emergendo come un importante hub per le energie rinnovabili in Sud America, con progetti significativi nel solare e nell’eolico. Il governo, in particolare, ha avviato una strategia – Estrategia de Transición Justa en el sector Energía – per raggiungere il Net Zero entro il 2050 con focus su fotovoltaico, eolico e geotermico. Da Nord a Sud, dal deserto di Atacama con un grado d’insolazione fra i più alti al mondo a servizio del solare, a tutta la cordigliera delle Ande dove i forti venti che colpiscono le montagne favoriscono un buono sviluppo dell’eolico fino agli svariati corsi d’acqua per l’idroelettrico. Diversi Paesi stanno, inoltre, guardando al Cile come fornitore di materie prime rare in ottica di diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Il Paese andino è infatti ricco di minerali rari necessari alla transizione energetica – soprattutto rame e litio; l’ulteriore sviluppo di questo settore sulla spinta della domanda globale potrà costituire uno stimolo per le esportazioni italiane di macchinari. In tal senso, l’export italiano di meccanica strumentale è previsto in crescita del 4,6% nel 2024 e dell’5,5 nel 2025 e quello di apparecchi elettrici del 9,3% e del 6% rispettivamente.
L’Argentina sta attraversando una fase di profonde riforme che, se condotte a buon fine, hanno il potenziale di aumentare la sua attrattività a livello internazionale. Il Paese è ricco di risorse naturali sia agricole e di allevamento – è uno dei principali esportatori mondiali di soia, grano e mais, oltre che di carne – che minerarie. Il sempre maggiore utilizzo di tecniche di coltivazione innovative rappresenta un’opportunità per quelle imprese esportatrici di tecnologie legate all’agribusiness e allo smart farming. In campo minerario, l’Argentina sta rafforzando i propri investimenti nel litio, la cui domanda legata alla filiera delle batterie elettriche è prevista in forte crescita nei prossimi anni; un ulteriore stimolo alla domanda di beni italiani potrà quindi provenire dallo sviluppo di questi progetti. Al contempo, l’ampia disponibilità di fonti energetiche rinnovabili – specie eoliche nella regione della Patagonia e solari nel Nord del Paese – offre un ottimo potenziale per la transizione energetica. In questo senso, il principale driver dello sviluppo delle rinnovabili in Argentina è il programma RenovAr lanciato nel 2016 al fine di rendere la matrice energetica argentina più pulita raggiungendo il 20% di generazione rinnovabile entro il 2025. La recentemente approvata Ley Omnibus promuove inoltre ampi investimenti nel settore delle rinnovabili. SACE accompagna le imprese italiane anche in Argentina non solo sul fronte green: recentemente abbiamo supportato MEI, società bergamasca attiva nel settore dell’occhialeria, nell’esportare macchine per sagomatura di lenti nel Paese e in altre geografie latinoamericane.
Ancora relativamente poco presidiato dalle imprese italiane, il Perù ha varato un ambizioso programma di rinnovo delle infrastrutture per colmare il gap infrastrutturale stimato a $30 miliardi nel breve periodo e a $100 miliardi nel lungo. Il piano – che è tra i principali traini della domanda peruviana – comprende 72 progetti principalmente negli ambiti salute, trasporti, water sanitation e comunicazioni, con un focus sulle infrastrutture sostenibili. Il Paese punta altresì ad aumentare il peso delle rinnovabili – escluso l’idroelettrico che già genera la metà dell’elettricità peruviana – nel mix energetico entro il 2030, così come a riformare il settore elettrico per affrontarne i problemi strutturali di distribuzione oltre che di generazione, migliorando la regolamentazione e promuovendo gli investimenti nelle rinnovabili. Per l’export italiano sarà particolarmente forte la performance dei beni di investimento verso il Paese, attesi in aumento del 5,1% sia nel 2024 che nel 2025.