Riclassificazione di bilancio: lo strumento strategico per la redditività aziendale
Hai mai sentito parlare di “riclassificazione di bilancio”?
L’analisi di bilancio si compone di due fasi. La prima fase è prettamente tecnica, mentre la seconda è interpretativa dei dati posti in bilancio.
Nella “fase tecnica” trova collocazione la “riclassificazione del bilancio”, che è la prima attività delle tre complessive che afferiscono a questa fase.
La riclassificazione dei dati di bilancio, difatti, anticipa le successive attività di “elaborazione di indici e margini” e di “determinazione del flusso finanziario”.
Nella “fase tecnica” del processo di analisi, i principali documenti contabili vengono riclassificati, ovvero ordinati, secondo una logica differente rispetto a quella sancita dalle norme regolatrici della formazione di bilancio.
La riclassificazione di bilancio viene sviluppata secondo differenti criteri, a seconda che si proceda con la riclassificazione dello Stato patrimoniale o del Conto economico.
I criteri più diffusi ed utilizzati dagli operatori di settore seguono una logica di tipo “finanziaria” e “gestionale” per lo Stato Patrimoniale, “a margine di contribuzione”, “a costo del venduto” e a “valore aggiunto” per il Conto economico.
FINALITÀ DELLA RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
La riclassificazione opera sia per lo Stato patrimoniale che per il conto economico.
La finalità di riclassificare lo Stato patrimoniale, secondo il criterio finanziario, consiste nell’evidenziare la propensione dei beni a tramutarsi in liquidità entro un determinato periodo temporale, che può essere entro un anno o in un periodo superiore ad un anno.
La misurazione consente di comprendere come, ovvero con quale grado di capacità, sono rese esigibili le attività monetizzabili (impieghi di capitale o capitale investito) ed estinguibili le passività (fonti di finanziamento).
Dunque, l’obiettivo di effettuare la riclassificazione finanziaria dello Stato patrimoniale è di comprendere se l’azienda sia in equilibrio finanziario, ovvero sia capace di onorare gli impegni finanziari assunti in un determinato segmento temporale, che convenzionalmente può essere inferiore o superiore a dodici mesi.
Il criterio gestionale di riclassificazione, invece, si fonda sulla tipologia di aree di funzionamento dell’azienda, che possono essere suddivise in due aree: operativa e finanziaria.
L’area operativa esprime il core business e identifica gli impieghi di capitale e le fonti di finanziamento legati ai cicli gestionali.
L’area finanziaria, invece, attiene ai valori che interessano la negoziazione di liquidità.
L’obiettivo di tale tipologia di riclassificazione è di esprimere un giudizio su livello di indebitamento finanziario, capitale di investito in immobilizzi e capitale di funzionamento dedicato al business operativo.
“L’indebitamento finanziario” è inquadrabile nella posizione finanziaria netta (PFN), il “capitale investito in immobilizzi” è identificato come (CIN), ovvero, capitale investito netto, e infine, il “capitale di funzionamento” è racchiuso nell’acronimo (CCN), ovvero capitale circolante netto.
FINALITÀ DELLA RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO
La riclassificazione del Conto economico avviene in funzione delle aree di gestione dell’azienda.
L’obiettivo è di comprendere il modo in cui le singole aree della gestione contribuiscono a generare la redditività dell’azienda.
Le tre tipologie di riclassificazione del conto economico, ovvero, “a margine di contribuzione”, “a costo del venduto” e “a valore aggiunto” mirano a identificare l’evoluzione della gestione caratteristica e straordinaria dell’azienda, che si registra nel periodo gestionale preso in considerazione.
La differenza sostanziale tra le tre tipologie risiede nella tipologia di suddivisione dei costi:
1) il conto economico a margine di contribuzione, si basa sulla suddivisione dei costi operativi tra costi fissi e costi variabili;
2) il conto economico a costo del venduto, suddivide i costi operativi in costi diretti e costi indiretti;
3) il conto economico a valore aggiunto, che si basa sulla ripartizione dei costi operativi in costi relativi alle risorse esterne e costi relativi alle risorse interne.
Tutte le tipologie di riclassificazione conducono ad un unico risultato, denominato “risultato di esercizio” che, qualora fosse positivo, verrà indicato come “utile di esercizio”, negativo come “perdita di esercizio”.
Dunque, il risultato di esercizio può essere anche inquadrato come l’esito dell’intera attività svolta dall’azienda, che contempla sia la gestione operativa, caratteristica dell’attività svolta principalmente dall’azienda, che la gestione non operativa riguardante l’attività secondaria non caratteristica.
Dottore commercialista e revisore legale. Giornalista pubblicista. Esperto in finanza innovativa e startup.
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