Rapporto regionale PMI 2022 Confindustria-Cerved: a rischio la ripresa economica nel biennio 2022-23
La congiuntura economica e geopolitica non è favorevole. E il tessuto economico del nostro Paese, formato per gran parte da PMI è a rischio ripresa nel 2022-23. Questo perché le tensioni scaturite dal conflitto in Ucraina, come il forte rincaro delle materie prime, si stanno trasmettendo al nostro sistema produttivo.
È in tale contesto economico e politico che si inserisce il Rapporto Regionale PMI 2022 realizzato da Confindustria e Cerved. Lo studio analizza gli andamenti e le prospettive di 160 mila piccole e medie imprese con un focus sull’esposizione delle PMI italiane ai rischi ambientali e di transizione.
In base alle previsioni contenuto nella ricerca, il processo di recupero delle PMI italiane potrebbe subire un rallentamento nel prossimo biennio. Nello scenario “worst”, la dinamica di ripresa dei ricavi delle PMI potrebbe subire un netto arresto, per effetto di una scarsa crescita nel 2022 (+0,6%) e di una contrazione nel 2023 (-0,5%). Il Centro ritornerebbe ad essere l’area della Penisola più colpita (-1,9%), seguita dal Nord-Ovest (-1,8%), Nord-Est (-1,3%), e Mezzogiorno (-0,8%).
Nello scenario “base”, invece, i livelli pre-Covid saranno recuperati in tutte le aree già a partire dal 2022. Al termine del periodo di previsione, l’area che crescerà maggiormente rispetto ai livelli pre-Covid è il Mezzogiorno (+3,8%), mentre il Nord-Ovest farà registrare il rimbalzo più contenuto (+2,4%).
In una economia già debilitata dall’impatto della pandemia, che ha interrotto la lenta ripresa delle PMI italiane (fatturati -8,6% nel 2020), ci sono anche dei segnali positivi per il 2021: il fatturato è previsto in crescita dell’8,1%. Questo significativo incremento dei ricavi non basta però a colmare il gap accumulato rispetto al periodo pre-Covid (-1,2% rispetto ai livelli del 2019).
I rischi fisici e di transizione delle PMI italiane
In un contesto di incertezza economica e geo-politica, vanno considerati i rischi fisici e di transizione per le PMI italiane. Basandosi sulla Tassonomia UE e su una serie di informazioni aggiuntive, Cerved ha definito uno score che misura il grado di esposizione delle imprese italiane al processo di transizione verso una produzione più sostenibile.
A livello complessivo, le PMI che operano in settori a rischio di transizione alto o molto alto sono poco più di 16 mila (il 10,6% del totale), impiegano 478 mila addetti (l’11,0%) e presentano un’esposizione verso il sistema creditizio di oltre 44 miliardi (il 17,1%). Il Sud Italia è l’area geografica più esposta al rischio di transizione, con circa 127 mila addetti coinvolti (14,7%), seguita dal Centro (10,9%) e Nord-est (10,1%).
Un’analisi di dettaglio sui bilanci delle circa 16 mila PMI a rischio transizione evidenzia che quasi i due terzi di queste (10.588) non possiedono una struttura finanziaria adeguata ad affrontare eventuali investimenti di riconversione in condizioni di equilibrio finanziario. Le PMI che avrebbero invece spazi per maggiori investimenti sono 5.679, con un potenziale di investimento quantificabile in 7,8 miliardi di euro.
In una fase come quella attuale, i limiti strutturali delle nostre PMI appaiono rischiosi per la tenuta del sistema. Efficienza della PA, rimozione degli ostacoli burocratici e attuazione del PNRR possono essere un viatico per creare le migliori condizioni al fine di potenziarne la struttura finanziaria delle imprese e rilanciarne gli investimenti in un percorso di crescita, innovazione e transizione sostenibile.
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