Quando il Management è Open. I cinque fattori che rendono un manager in grado di gestire il cambiamento fuori e dentro l’azienda
Si chiama Open Mood, lo strumento per nato da una ricerca che ha visto coinvolti 383 manager rappresentativi sia della famiglia dei top manager che dei middle manager ed appartenenti a diverse funzioni aziendali, per un totale di 323 aziende coinvolte e distribuite da nord a sud dell’Italia. Promosso da Fondirigenti, il più importante fondo interprofessionale per la formazione dei manager, il progetto vede tra i partner Forma del Tempo, società pioniera negli studi sull’impresa e il management Open, CIS – Scuola per la gestione d’impresa, e SFC – Sistemi Formativi Confindustria.
La ricerca nasce nell’ambito di un’azione che ha l’obiettivo di studiare e approfondire le dinamiche manageriali nelle organizzazioni attuali ai fini di sviluppare con le risorse del Fondo, progetti manageriali di qualità per i manager attivi sul territorio nazionale.
“Lo studio ha indagato le aree di comportamento e gestione aziendale basate sui filoni Open leadership e l’Open innovation. – dichiara Paolo Bruttini, Founder di Forma del Tempo, nonché studioso e teorico dell’approccio Open -. Un’organizzazione deve essere in grado di gestire il cambiamento sia dentro l’azienda coinvolgendo maggiormente i collaboratori e allentando il classico sistema gerarchico, che fuori dall’azienda facendo fronte alla naturale necessità di innovarsi di un’impresa. Ora siamo in grado di dire quali caratteristiche ha l’Open Manager”.
Le aree open mood individuate
L’attività di ricerca ha identificato 5 fattori dello stile manageriale “Open” che insieme sono in grado di mantenere alto il livello evolutivo in un sistema, la sua capacità di crescere e di adattarsi alle sfide del contesto.
o Positive expansion, predisposizione al cambiamento continuo e di orientamento al business.
o Peer leadership, propensione al coinvolgimento dei collaboratori nelle decisioni, si punta a farli crescere e si privilegia la cooperazione al dominio.
o Pro agonism, attitudine ad un’azione manageriale focalizzata sul sapere tecnico, all’autogestione dei collaboratori, alla spinta competitiva.
o Innovation purpose capacità di essere visionari, veloce ed equilibrati nel ponderare le situazioni, con una propensione alla ricerca dell’armonia
o Evolution drive disponibilità a dedicare tempo all’apprendimento e alla crescita attraverso l’analisi dell’esperienza, autoriflessione e supporto ai collaboratori per il cambiamento.
Dall’indagine sono emersi quattro tipologie di stili manageriali che evidenziano quanto i manager intervistati abbiano l’open mood.
Il primo cluster individuato riguarda manager di aziende più piccole (2-10 milioni di fatturato), hanno un minor numero di giornate fuori sede, hanno un livello di Positive Expansion minore, che si traduce in una minore predisposizione al cambiamento.
Il secondo cluster è rappresentato da manager con un’età più elevata e che lavorano da più tempo nella stessa azienda e nello stesso ruolo e che hanno un numero di trasferte dalle 25 alle 50 giornate all’anno, hanno una Positive Expansion più alta ma sono meno propensi al coinvolgimento dei collaboratori nelle decisioni (Peer leadership). Pertanto, sono manager che prediligono un’organizzazione più gerarchica.
Un terzo gruppo individuato è quello Open. Lavorano da meno tempo nella stessa azienda hanno molto alta la Positive Expansion, quindi una dimensione che si fonda sulle relazioni di fiducia sia verso se stessi che verso gli altri. Hanno attitudine al cambiamento e un forte orientamento al business. In aggiunta sentono molto forte la dimensione del P2P leadership: tendono a coinvolgere i collaboratori nelle decisioni, puntano a farli crescere, privilegiano la cooperazione al dominio, valutano l’impatto su altri delle proprie decisioni.
Il quarto gruppo in prevalenza i manager appartenenti a grandi aziende (fatturato maggiore di 50 milioni) si sono distinte perché hanno alta P2P Leadership, alta Innovation purpose e alto Evolution drive. Sono manager che puntano molto sul coinvolgimento dei collaboratori. In questo cluster l’apprendimento, la crescita attraverso l’esperienza e l’autocritica sono elementi prevalenti.
Il modello formativo classico, una criticità conclamata
Dalla ricerca è emerso l’Open Mood, lo strumento di assessment validato scientificamente che permette di verificare di quali competenze open si è già in possesso e per quali, invece, occorre investire in formazione. A tal proposito, è stato prodotto un modello formativo dedicato, utile a promuovere lo sviluppo delle competenze che il questionario ha identificato come critiche. Tale modello si basa sull’esperienza della classe capovolta Flipped Classroom, che prevede la parte teorica da studiare in autonomia e le attività di approfondimento ed esercitazioni in classe col docente. I modelli di formazione tradizionali, infatti, risultano inadeguati per promuovere un mindset Open. Al contrario, la Flipped Classroom proposta dalla ricerca, permette di ridurre i tempi di apprendimento e stimolare gli allievi a muoversi in modo autonomo e ad apprendere insieme ai loro colleghi, grazie ad una formazione non gerarchica ma partecipata.