Produzione manifatturiera italiana: tra marzo e maggio, risultati migliori rispetto agli altri competitors europei
- La produzione manifatturiera italiana ha mantenuto buoni ritmi di crescita dopo lo scoppio della guerra, registrando un +2.6% tendenziale nel periodo marzo-maggio 2022, un risultato migliore di quello di Francia (+1.9%), Spagna (+1.6%) e soprattutto Germania (-2.2%), penalizzata dal crollo della produzione automotive, che ha trascinato al ribasso anche i settori a monte della filiera.
- La crescita dell’attività italiana si è affiancata a un ulteriore forte aumento dei prezzi alla produzione (+12.9% nei primi cinque mesi dell’anno al netto dei prodotti petroliferi, superiore a quello dei competitor europei), che ha portato il fatturato manifatturiero a prezzi correnti su livelli record: +17.7% tra gennaio e aprile (ultimo mese disponibile).
- Anche al netto della spinta inflativa, comunque, le imprese manifatturiere italiane hanno registrato una buona dinamica (+4.6% la stima di crescita del fatturato deflazionato dei primi quattro mesi del 2022), grazie al sostegno della domanda interna, in particolare degli investimenti in costruzioni, e alle buone performance sui mercati esteri.
- Il confronto con i concorrenti europei evidenzia, infatti, una maggiore capacità dell’Italia di cogliere le opportunità sui mercati internazionali: nei primi tre mesi dell’anno, le esportazioni al netto dei prodotti petroliferi, hanno registrato una crescita del 21.2% a valori correnti, migliore di quella francese (+17.2%), spagnola (+16.5%) e tedesca (+8.9%), grazie ai risultati ottenuti sui mercati europei e negli Stati Uniti. La tendenza è confermata anche dai dati più recenti, dove spicca un balzo prossimo al 30% delle vendite negli USA nel gennaio-maggio, sostenuto dall’evoluzione favorevole del cambio, nonostante un contesto di generale rallentamento del commercio internazionale.
- Il ranking settoriale per fatturato deflazionato vede una crescita diffusa nel gennaio-aprile 2022, fatta eccezione per Autoveicoli e moto (-11.7%) ed Elettrodomestici (-5.9%). Nel primo settore pesano, come in Germania, la mancanza di componenti strategiche e la ridotta domanda sul mercato europeo, fattore che penalizza anche gli Elettrodomestici dopo la forte espansione del 2021.
- Punte di maggior dinamismo emergono per Sistema Moda (+19.1%), trainato dai risultati di export e dai bassi livelli di attività della prima parte del 2021, Elettronica (+11.7%), con i beni digitali ancora al centro delle spese di famiglie e imprese, e Prodotti e Materiali da Costruzione (+8.1%), favoriti dal traino degli incentivi. Sopra la media manifatturiera anche Farmaceutica (+7.3%) e Alimentare e bevande (+5.4%).
- Discorso a parte meritano i produttori di beni intermedi (Metallurgia, Intermedi chimici, Altri intermedi), tutti altamente energivori, che presentano una dinamica ancora molto forte in termini di vendite, con incrementi di prezzo che non hanno precedenti nel recente passato, ma evidenziano, al contempo, una netta frenata della produzione, che riflette la forte incertezza dello scenario.
- Le indicazioni qualitative mostrano chiari segnali di rallentamento, con il ritorno in negativo delle attese sulla produzione e dei giudizi sugli ordini esteri. A fronte del perdurare del conflitto, con crescenti timori di blocco delle forniture energetiche, della svolta nelle politiche monetarie e delle criticità nello scenario politico italiano, aumentano i rischi di un netto peggioramento delle condizioni di domanda, sia sul mercato nazionale che su quelli esteri.
Il manifatturiero italiano si conferma più dinamico dei competitor europei
Dopo gli ottimi risultati del 2021, l’industria italiana ha mantenuto buoni ritmi di crescita nella prima parte del 2022, più intensi di quelli dei principali competitor europei. Archiviato un primo bimestre caratterizzato da una buona dinamica (+2% tendenziale, dati grezzi), la produzione manifatturiera ha registrato un +2.6% nel periodo marzo-maggio 2022, post-scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, un risultato migliore di quello di Francia (+1.9%), Spagna (+1.6%) e soprattutto Germania (-2.2%), penalizzata dal crollo della produzione automotive, che ha trascinato al ribasso anche i settori a monte.
La crescita dell’attività italiana si è affiancata a un ulteriore forte aumento dei prezzi alla produzione (+12.9% nei primi cinque mesi dell’anno, al netto dei prodotti petroliferi), superiore a quello dei concorrenti europei (Spagna +11.8%, Germania +10.6%, e Francia +10.3%), che può riflettere una serie di fattori: una diversa struttura produttiva, ma anche la presenza, in Italia, di condizioni di domanda che hanno consentito una traslazione più rapida dei rincari di costo determinati dal rally delle commodity, in particolare nei settori incentivati, come quelli legati alle costruzioni.
Grazie alla dinamica dei prezzi, il fatturato manifatturiero a prezzi correnti ha registrato una crescita del 17.7% tra gennaio e aprile 2022 (ultimo mese disponibile). Anche al netto della spinta inflativa, però, si confermano risultati positivi: +4.6% la stima di fatturato deflazionato dei primi quattro mesi dell’anno. Cruciale il sostegno della domanda interna, in particolare degli investimenti in costruzioni, a fronte di segnali di maggiore difficoltà dei consumi, in particolare nel comparto dei beni durevoli, i più sensibili al peggioramento del clima di fiducia dei consumatori e ai vincoli di reddito indotti dal forte rincaro delle spese energetiche.
Buona tenuta delle vendite sui mercati internazionali
Oltre alla domanda interna, le imprese manifatturiere italiane hanno beneficiato di un andamento positivo delle vendite sui mercati internazionali, anche nel confronto con i concorrenti europei. Nei primi tre mesi dell’anno, le nostre esportazioni, al netto dei prodotti petroliferi, hanno registrato una crescita del 21.2% a valori correnti, migliore di quella francese (+17.2%), spagnola (+16.5%) e tedesca (+8.9%). Spiccano i risultati ottenuti sui mercati europei e nel NAFTA, tali da controbilanciare ampiamente la contrazione delle vendite verso la Cina (penalizzata dalla rigida gestione della pandemia) ed il blocco delle vendite verso la Russia, che stanno contribuendo a rallentare anche gli scambi mondiali.
Nonostante una dinamica della domanda internazionale meno brillante, tali tendenze hanno trovato conferma anche nei dati più recenti, in particolare in quelli di maggio: nel complesso dei primi cinque mesi dell’anno, le esportazioni manifatturiere italiane (al netto dei prodotti petroliferi) sono aumentate in valore del 20.6%, con un incremento più marcato delle vendite UE (+23%) rispetto a quelle extra-UE (+17.8%). Spicca il balzo prossimo al 30% dell’export italiano negli Stati Uniti, sostenuto dall’evoluzione dei cambi, che ha favorito in particolare il Sistema Moda, in recupero dai bassi livelli dello scorso anno.
La crescita del fatturato deflazionato è diffusa a tutti i settori, con poche eccezioni
Il ranking settoriale vede quasi tutti i settori manifatturieri in crescita dal punto di vista del fatturato deflazionato nel periodo gennaio-aprile 2022, con punte di maggior dinamismo per Sistema Moda (+19.1%), sostenuto dall’export e dal recupero ancora intenso sui livelli pre-Covid, Elettronica (+11.7%), con i beni digitali ancora al centro delle spese di famiglie e imprese, e Prodotti e Materiali da Costruzione (+8.1%), favoriti dagli incentivi. Sopra la media manifatturiera anche Farmaceutica (+7.3%) e Alimentare e Bevande (+5.4%), che beneficiano del traino dei mercati internazionali in un contesto di ritorno alla normalità, sia in termini di cure mediche che di socialità.
Fanno eccezione gli Autoveicoli e moto (-11.7% nel gennaio-aprile 2022) e gli Elettrodomestici (-5.9%). Nel primo settore hanno pesato la mancanza di componenti strategiche, che penalizza anche la catena automotive tedesca, alla quale i componentisti italiani sono legati a doppio filo, e l’effetto negativo dell’incertezza sulle scelte d’acquisto in Italia e in Europa, testimoniato dal crollo delle immatricolazioni. Il calo degli Elettrodomestici riflette, invece, sia la maggiore prudenza dei consumatori indotta dalla guerra e dal caro bollette, sia l’affievolirsi della fase di forte espansione che ha caratterizzato il settore a partire dalla seconda metà del 2020, e che ha raggiunto un picco nel 2021. Tra i produttori di beni durevoli, da segnalare invece la migliore tenuta del Mobile, grazie soprattutto al contributo dei mercati internazionali, USA in particolare.
Tra i settori produttori di beni d’investimento, l’evoluzione resta positiva, ma su ritmi inferiori a quelli del 2021 e alla media manifatturiera, per Elettrotecnica (penalizzata soprattutto dalla mancata attivazione della filiera automotive) e Meccanica, più esposta sui mercati cinese e russo e condizionata dalle tensioni sugli approvvigionamenti.
Discorso a parte meritano i produttori di beni intermedi altamente energivori, quali Metallurgia, Intermedi chimici e Altri intermedi che, da un lato, presentano una dinamica ancora intensa del giro d’affari, sostenuta da incrementi record nei prezzi delle commodity, ampiamente scaricati sui listini di vendita e, dall’altro, evidenziano una netta frenata della produzione, che riflette la forte incertezza dello scenario e il venir meno del processo di ricostituzione dei magazzini che ne avevano trainato la ripresa lo scorso anno.
Le attese per la seconda metà del 2022 sono orientate verso un rallentamento
Gli indicatori anticipatori sono tutti concordi nel delineare una seconda parte dell’anno caratterizzata da un affievolimento dei tassi di crescita della domanda interna ed estera, già indebolita dalla spirale inflativa, e dei prezzi, per effetto sia della compressione della domanda sia del confronto con una seconda metà del 2021 che è stata protagonista di significativi strappi al rialzo registrati da diversi prodotti.
I rischi che il fisiologico rallentamento si trasformi in una netta frenata sono comunque elevati, a fronte di incognite legate al perdurare del conflitto, con crescenti timori di blocco delle forniture energetiche, all’impatto recessivo che la svolta restrittiva della politica monetaria può avere sull’economia statunitense e alle crescenti difficoltà delle famiglie italiane (in particolare a basso reddito) nel fronteggiare i rincari energetici e dei prodotti alimentari, che richiedono adeguate risposte di politica economica. A tali fattori si somma la discontinuità governativa in Italia, che potrebbe ritardare il percorso di attuazione del PNRR, uno dei principali sostegni alla dinamica produttiva.