Produttività del lavoro in calo nel 2019
Nel 2019 il valore aggiunto in volume dei settori produttori di beni e servizi market presenta una variazione nulla.
La produttività del lavoro (valore aggiunto per ora lavorata) si riduce dello 0,4%, quella del capitale (rapporto tra valore aggiunto e input di capitale) dello 0,8%.
Alla stagnazione del valore aggiunto ha contribuito il calo della produttività totale dei fattori, che misura il progresso tecnico e i miglioramenti nella conoscenza e nell’efficienza dei processi produttivi: dopo alcuni anni di recupero, è diminuita dello 0,5%.
Nel 2019 la produttività del lavoro diminuisce dello 0,4%, come risultato di un incremento delle ore lavorate pari allo 0,4% e di una variazione nulla del valore aggiunto. La dinamica negativa del 2019 giunge dopo un lungo periodo di crescita molto lenta della produttività del lavoro (0,2% in media nel periodo 2014-2019).
Nell’intero periodo 1995-2019 la produttività del lavoro ha registrato una crescita media annua dello 0,3%, derivante da incrementi medi del valore aggiunto e delle ore lavorate rispettivamente pari allo 0,7% e allo 0,4%.
Tra il 2009 e il 2014 la produttività del lavoro cresce dello 0,9% per effetto di una riduzione delle ore lavorate (-1,3%) più ampia di quella del valore aggiunto (-0,4%). Nel periodo più recente (2014-2019) entrambi i fattori primari registrano dinamiche positive se pur inferiori a quelle del valore aggiunto: le ore lavorate crescono in media dell’1,2%, l’input di capitale dello 0,5% e il valore aggiunto dell’1,3%. Ne deriva una crescita della produttività del lavoro dello 0,2%.
Italia ancora sotto la media europea per produttività del lavoro
La disponibilità di dati per paese sul valore aggiunto e le ore lavorate per attività economica, nel database di Eurostat, consente di effettuare confronti internazionali per la sola produttività del lavoro. I risultati mostrano, complessivamente, la persistenza di un ampio differenziale negativo nella dinamica della produttività del lavoro dell’Italia rispetto alle altre economie europee.
Nel periodo 1995-2019, la crescita media annua della produttività del lavoro in Italia (0,3%) è stata decisamente inferiore a quella sperimentata nel resto d’Europa (1,6% nell’Ue28, 1,3% nell’Ue15 e 1,2% nell’area Euro). Tassi di incremento in linea con la media europea sono stati registrati dalla Francia (1,3%), dal Regno Unito (1,5%) e dalla Germania (1,3%). Per la Spagna il tasso di crescita (0,6%) è stato più basso della media europea ma più alto di quello dell’Italia.
Il divario rispetto alle altre economie europee è risultato particolarmente ampio in termini di crescita del valore aggiunto: in Italia, nel periodo 1995-2019 è stata dello 0,7%, assai inferiore a quella media della Ue28 (1,9%). Le ore lavorate, al contrario, hanno registrato una crescita simile a quella del complesso dei paesi europei: +0,3% annuo nella media Ue28 e +0,4% in Italia; solo in Spagna, tra i principali paesi europei, l’aumento è stato decisamente più accentuato (1,4%).
Nel periodo più recente (2014-2019), la produttività del lavoro in Italia è aumentata in misura modesta (+0,2% medio annuo), generando un ulteriore ampliamento del divario di crescita rispetto all’Ue28 (che presenta una variazione dell’1,3%). La dinamica risulta inferiore a quella registrata in Germania (+1,0%), Francia (+0,8%), Spagna e Regno Unito (entrambe +0,7%).
Nello stesso periodo, caratterizzato da una ripresa dell’attività, in Italia l’espansione del valore aggiunto (+1,3% medio annuo) è risultata di poco superiore a quella delle ore lavorate (+1,2%). Francia e Germania hanno registrato una crescita più vivace del valore aggiunto (rispettivamente +1,8% e +1,7%) associata però a dinamiche relativamente più contenute dell’input di lavoro (rispettivamente +1,0% e +0,7%). Nel Regno Unito, al contrario, la crescita è stata piuttosto vivace sia per il valore aggiunto sia per le ore lavorate (rispettivamente +2,1% e +1,4%). Infine la Spagna, ha registrato una crescita sostenuta sia del valore aggiunto (3,3%), sia delle ore lavorate (2,6%).
Riguardo ai risultati provvisori del 2019, la diminuzione della produttività del lavoro registrata in Italia (-0,4%) è più ampia di quella della Germania (-0,2%). Nello stesso periodo gli altri principali partner europei segnano ancora una dinamica positiva: incrementi dello 0,8% in Spagna e dello 0,5% in Francia, in accelerazione rispetto al 2018, e dello 0,2% nel Regno Unito, in forte rallentamento.
Produttività del capitale, la tendenza ritorna negativa nel 2019
La produttività del capitale è un indicatore di quanto il capitale venga utilizzato in modo efficiente per generare l’output. Investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Information and Communication Technology – ICT) consentono alle nuove tecnologie di entrare nel processo di produzione e sono considerati un importante fattore di crescita della produttività. Anche gli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale, come la ricerca e sviluppo, dovrebbero contribuire al miglioramento dell’efficienza.
Nell’arco dell’intero periodo 1995-2019 nel nostro paese la produttività del capitale registra un calo medio annuo dello 0,7%, risultante da un aumento dell’input di capitale (+1,4%) superiore a quello del valore aggiunto (+0,7%). L’esame della produttività per tipologia di capitale evidenzia come la discesa riguardi tutte le tipologie di input: la componente relativa alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è diminuita del 2,4%; la produttività del capitale immateriale non-ICT (che comprende la Ricerca e Sviluppo) dell’1,9%; quella del capitale materiale non-ICT dello 0,3%.
I risultati più recenti, relativi al periodo 2014-2019, indicano una crescita della produttività del capitale dello 0,8% in media d’anno, con un cambio di tendenza nel processo di accumulazione di capitale rispetto ai periodi precedenti. In questa fase, si osserva una crescita moderata dell’input di capitale (+0,5% in media d’anno) con una dinamica molto maggiore del capitale ICT (+4,1%) e di quello immateriale non ICT (+3,2%).
Nel 2019, la crescita dello 0,8% dell’input di capitale si accompagna a una stazionarietà del valore aggiunto, ne deriva quindi una riduzione dello 0,8% della produttività del capitale.
L’intensità del capitale, misurata come rapporto tra input di capitale e ore lavorate, è aumentata in media d’anno dell’1,0% nel periodo 1995-2019. La crescita riflette un aumento dell’input di capitale (+1,4%) associato a un incremento più debole delle ore lavorate (0,4%). Nel sotto-periodo 2014-2019 la dinamica dell’intensità del capitale è risultata negativa (-0.7%).
Nel 2019, l’incremento dell’intensità di capitale (0,4%) è accompagnata da una crescita dell’input di capitale (+0,8%) superiore a quella delle ore lavorate (+0,4%).
In calo la produttività totale dei fattori dopo la ripresa post-crisi
La produttività totale dei fattori (PTF) riflette l’efficienza complessiva con cui gli input primari, lavoro e capitale, sono utilizzati nel processo di produzione. La crescita della produttività del lavoro indica un livello più elevato di output per ogni ora lavorata e tale risultato può essere ottenuto utilizzando più capitale per ora lavorata (aumentando quindi l’intensità del capitale) oppure migliorando l’efficienza complessiva con cui lavoro e capitale sono impiegati, vale a dire aumentando la PTF.
La produttività totale dei fattori, qui calcolata come rapporto tra l’indice di volume del valore aggiunto e l’indice di volume dei fattori primari (lavoro e capitale), presenta una variazione pressoché nulla nel periodo 1995-2019: l’incremento medio del valore aggiunto (+0,7% medio annuo) è interamente attribuibile all’impiego complessivo di capitale e lavoro (rispettivamente 0,5 punti percentuali il contributo del capitale e 0,2 quello del lavoro).
La dinamica è caratterizzata da andamenti differenziati nei diversi sotto-periodi. Nel periodo 2003- 2009 si registra un calo della PTF dello 0,8% medio annuo, derivante da una crescita dell’impiego complessivo dei fattori produttivi (+0,6%) a cui fa riscontro una lieve diminuzione del valore aggiunto (-0,2%). Nel periodo 2009-2014 la PTF aumenta dello 0,6% in media d’anno per effetto di una diminuzione nell’impiego complessivo dei fattori produttivi (-1,0% l’indice composito del lavoro e del capitale) più veloce di quella del valore aggiunto (-0,4%). Nel periodo 2014-2019 la PTF cresce dello 0,4% in media d’anno, con un incremento dell’impiego di fattori produttivi dell’1,0% (0,2 punti percentuali il contributo del capitale e 0,8 quello del lavoro) a fronte di una espansione dell’1,3% del valore aggiunto.
Nel 2019 la produttività totale dei fattori segna un calo dello 0,5%, spiegato da una variazione nulla del valore aggiunto a fronte di una variazione positiva (+0,5%) dell’impiego complessivo di capitale e lavoro.
Contributo al valore aggiunto del capitale maggiore di quello del lavoro
L’approccio di contabilità della crescita consente di scomporre la dinamica del valore aggiunto nei contributi derivanti dall’utilizzo dei fattori produttivi primari (capitale e lavoro) e dalla produttività totale dei fattori.
Nel periodo 1995-2019, l’aumento del valore aggiunto (+0,7% medio annuo) è da imputare quasi esclusivamente all’accumulazione di capitale – che ha contribuito alla dinamica per 0,5 punti percentuali – e in piccola parte all’impiego del fattore lavoro (+0,2 punti percentuali). La produttività totale dei fattori ha fornito un contribuito nullo. A sua volta, l’apporto del capitale è dovuto principalmente alla componente materiale non-ICT (+0,3 punti percentuali) mentre minimo è risultato il contributo alla crescita della componente ICT e di quella immateriale non-ICT.
Nel periodo 2009-2014 la contrazione del valore aggiunto è spiegata da contributi negativi sia del lavoro sia del capitale (rispettivamente -0,9 e -0,1 punti percentuali) mentre la produttività totale dei fattori ha fornito un marcato contributo positivo (+0,6 punti percentuali).
Tra il 2014 e il 2019, invece, la ripresa del valore aggiunto (+1,3% in media d’anno) è spiegata da un contributo relativamente ampio (+0,8 punti percentuali) del fattore lavoro e di uno debole (+0,2 punti percentuali) del fattore capitale, mentre la produttività totale dei fattori fornisce ancora un contributo positivo (+0,4 punti percentuali).
Nel 2019, alla dinamica di crescita nulla del valore aggiunto contribuisce per 0,3 punti percentuali il fattore lavoro e per 0,3 punti il capitale, mentre l’apporto della produttività totale dei fattori è negativo per 0,5 punti percentuali.
Torna positivo il contributo del capitale per ora lavorata
L’analisi di contabilità della crescita consente anche di scomporre la dinamica della produttività del lavoro nei contributi derivanti da variazioni del capitale per ora lavorata (ovvero intensità di capitale o capital deepening) e della produttività totale dei fattori.
Tra il 1995 e il 2019 la crescita media annua della produttività del lavoro è stata dello 0,3%. Il capitale per ora lavorata ha contribuito per 0,4 punti percentuali mentre la produttività totale dei fattori ha fornito un apporto nullo. Il contributo del capitale può essere a sua volta scomposto in quello del capitale materiale non-ICT, pari a 0,2 punti percentuali e quello che incorpora ICT, pari a 0,1 punti percentuali; risulta nullo l’apporto del capitale immateriale non-ICT.
Nel periodo 2009-2014 la crescita della produttività del lavoro (+0,9% in media d’anno) è la risultante di un contributo positivo dell’intensità di capitale (+0,3 punti percentuali) e di un maggior apporto della produttività totale dei fattori (+0,6 punti percentuali).
Nel periodo più recente (2014-2019), la produttività del lavoro segna una dinamica media annua dello 0,2%, con un contributo negativo del capitale (-0,2 punti percentuali) più che compensato da quello positivo della produttività totale dei fattori (+0,4 punti percentuali).
Nel 2019 il calo della produttività del lavoro (-0,4%) è spiegato esclusivamente dalla diminuzione della produttività totale dei fattori (con un contributo di -0,5 punti percentuali) mentre il capitale per ora lavorata fornisce un lieve contributo positivo (+0,1 punti percentuali).
Produttività del lavoro in calo nell’industria in senso stretto
Nell’arco dell’intero periodo 1995-2019 i settori di attività economica che registrano i tassi di crescita medi annui della produttività del lavoro più elevati sono i servizi d’informazione e comunicazione (+2,0%), le attività finanziarie e assicurative (+1,4%) e l’agricoltura (+1,3%). Variazioni negative caratterizzano il settore delle attività professionali (-2,0%), quello delle costruzioni (-1,2%) e il settore dell’istruzione, sanità e servizi sociali (-1,5%). Il comparto dell’industria in senso stretto segna un incremento medio annuo dello 0,8%.
Per quel che riguarda i risultati provvisori relativi al 2019, la produttività del lavoro è aumentata marcatamente nel settore delle attività finanziarie e assicurative (+1,7%), in quelle artistiche, di intrattenimento e di riparazione (+1,5%) e nelle costruzioni (+1,4%) e, in misura più contenuta, nei servizi di informazione e comunicazione (+0,8%), dopo il brusco calo del 2018. I cali più significativi si osservano nel settore dell’istruzione, sanità e assistenza sociale (-3,9%), in quello dell’agricoltura (-1,7%) e nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (-1,6%). Nell’industria in senso stretto, la produttività del lavoro inverte la dinamica positiva registrata nei periodi precedenti, segnando una diminuzione dello 0,5%.
In termini di contributi alla crescita complessiva della produttività del lavoro, i settori che tra il 1995 e il 2019 hanno fornito l’apporto maggiore sono l’industria in senso stretto e il commercio, trasporti, alberghi e pubblici esercizi (entrambi +0,2 punti percentuali in media annua). Anche le attività finanziarie e assicurative, i servizi di informazione e comunicazione e il settore agricolo hanno contribuito positivamente mentre è risultato negativo l’apporto delle attività professionali (-0,2 punti percentuali), dei servizi privati di istruzione, sanità e assistenza sociale (-0,1 punti percentuali) e delle costruzioni (-0,1 punti percentuali).
La diminuzione della produttività del lavoro registrata nel 2019 (-0,4%) è dovuta principalmente ai contributi negativi per 0,2 punti percentuali delle attività professionali, scientifiche e tecniche, dei servizi privati di istruzione, sanità e assistenza sociale e dell’industria in senso stretto, in parte compensati dai contributi positivi per 0,1 punti delle costruzioni, dei servizi di informazione e comunicazione e delle attività artistiche, di intrattenimento e riparazione.