Pompei (AD Deloitte Italia): “Sostenibilità, anche il mondo delle imprese deve fare la sua parte”
Il Recovery fund proposto dalla Commissione Europea intende rilanciare l’UE passando per innovazione, digitalizzazione e sostenibilità. Lo strumento a sostegno degli sforzi dagli Stati membri per riprendersi dalla crisi, superarne gli effetti e riemergere più forti, mira a stimolare gli investimenti privati e sostenere le imprese in difficoltà e a rafforzare i programmi strategici dell’UE per rendere il mercato unico più forte e più resiliente e accelerare la transizione verde e digitale, in linea con la strategia della Commissione Europea che punta sulla digital transformation e sul green deal.
Il Recovery fund è dunque una grande opportunità per costruire programmi di sviluppo sostenibile chiari, promuovendo il miglioramento della qualità della vita e rendendo compatibile lo sviluppo delle attività economiche (i bisogni della generazione presente) e la salvaguardia dell’ambiente senza compromettere le possibilità delle generazioni future.
Del concetto di sostenibilità e di come questo possa essere alla base della risposta europea alla crisi del Covid-19, abbiamo discusso con l’amministratore delegato di Deloitte Italia Fabio Pompei (nella foto sopra).
Obiettivo “sostenibilità”: in che direzione stiamo andando?
Ormai la visione di una sostenibilità connessa alla sola questione ambientale si è profondamente evoluta. Da tempo si è delineato uno scenario integrato delle diverse possibilità di sviluppo. Possibilità che passano anche attraverso l’economia, il mondo dell’imprenditoria, la finanza sostenibile e la necessità di superare valutazioni basate sulla sola crescita economica, che mettano invece sullo stesso piano tematiche di sostenibilità e responsabilità d’impresa. In questo momento, per via della crisi generata dalla pandemia, non bisogna arretrare rispetto al percorso avviato, le difficoltà sono maggiori a causa del virus che tiene in scacco il pianeta, ma è importante mantenere una progettualità concreta e una visione di lungo periodo.
Si dice che sostenibilità sia sinonimo di resilienza, una qualità indispensabile in questo periodo di crisi. Lei è d’accordo?
Assolutamente sì. In questa fase così difficile e delicata, avere una leadership resiliente in ogni organizzazione complessa, dalle aziende alle istituzioni, sarà di importanza critica. Come Deloitte abbiamo attinto all’esperienza e alle best practice che le crisi affrontate nel passato ci hanno insegnato, adeguandole al nuovo contesto. Abbiamo quindi raccolto spunti dai leader del nostro network presenti nelle aree più colpite in tutto il mondo e derivanti dall’osservazione del comportamento dei loro clienti e del loro ecosistema, per offrire suggerimenti concreti al servizio dei leader italiani e dei loro team.
Qual è lo stadio evolutivo del pensiero della sostenibilità sul piano della governance interna delle organizzazioni?
Non basta che siano i governi a scendere in campo. Anche il mondo delle imprese deve fare la sua parte. Sostenibilità, etica d’impresa, responsabilità sociale, trasparenza, sono valori che dovranno entrare nel “purpose” di tutte le imprese. È un grande cambiamento culturale, per il quale, come ha detto Mario Draghi al recente Meeting di Rimini 2020, occorre investire anche e soprattutto nel capitale umano per arrivare già pronti e preparati al domani. Direi ancora di più, per costruire il domani.
L’emergenza del Covid-19 ha comportato un profondo cambiamento nella gestione delle risorse umane, con l’esplosione del fenomeno dello smart working. Lo smart working è una forma di lavoro sostenibile?
È innegabilmente una grande rivoluzione, non si potrà tornare indietro. Prima della pandemia nel settore privato solo mezzo milione di lavoratori lavorava da remoto, mentre ora nello stesso settore siamo oltre due milioni. Ora serve lo step successivo, vale a dire una banda larga più estesa, accessibile a tutti; una sicurezza informatica che abbia una pianificazione e una gestione verso qualsiasi tipo di rischio; e una cultura del lavoro da ripensare, visto che il lavoro agile porta a lavorare per obiettivi e non c’è più una verifica fisica di chi controlla l’attività.
A quali ulteriori evoluzioni l’idea di sostenibilità chiamerà le pratiche di gestione delle persone nelle organizzazioni?
Pratiche nuove, all’avanguardia, che traccino una differenza netta rispetto al passato. Le nuove generazioni hanno una sensibilità su questi temi che non ha paragone con le generazioni precedenti e orientano le proprie scelte su dove lavorare anche e soprattutto sulla base di questi temi. Come Deloitte, avendo circa il 60% delle nostre persone sotto i 30 anni, il livello di sensibilità è altissimo. I ragazzi sono attenti ai valori, al purpose dichiarato, ma soprattutto ai comportamenti conseguenti. Gli annunci non bastano più.
Come dovrebbero essere organizzate e gestite le imprese sostenibili?
Gli obiettivi generati da un nuovo approccio sostenibile rappresentano la strada da seguire durante la lunga ripresa che ci attende. In virtù del network che rappresento, come Deloitte ci impegniamo a sostenere i nostri clienti, sia le aziende più strutturate che quelle più piccole, e caldeggiando la transizione della nostra economia verso un’economia più sostenibile, attraverso investimenti diversificati, filiere produttive ripensate e strategie sostenibili da implementare. La ripartenza passa da qui e non può prescindere da una profonda evoluzione.
Che ruolo può avere l’Europa in ottica sostenibilità?
L’Europa ha dato un grande e positivo segnale di discontinuità rispetto al passato (in particolare rispetto a come era stata affrontata la crisi del 2008), ora deve continuare a fare la sua parte, adottando un vocabolario comune verso le economie green, il sostegno all’economia reale, un’attenzione sempre maggiore verso l’ambiente e il climate change, per generare un impatto positivo nel lungo periodo. La risposta a livello europeo deve essere unitaria perché una finanza sostenibile, che ripensi l’utilizzo delle risorse disponibili tramite investimenti pubblici e privati, aiuta la resilienza del modello di sviluppo comunitario incentrato sull’economia sociale di mercato.
Qual è l’impegno del vostro network in materia?
Il network di Deloitte, in Italia e nel mondo, già da tempo è convinto che su questo tema le imprese debbano giocare un ruolo sempre più importante, accanto ai Governi nazionali e a tutte le istituzioni coinvolte. Pertanto, l’impegno sulla sostenibilità – a tutti i livelli – è concretamente integrato nei nostri obiettivi e nelle nostre strategie di business. All’inizio del 2020, Deloitte ha lanciato il progetto di Impact for Italy, con l’obiettivo di contribuire a far crescere e rendere più competitivo il Paese anche grazie alle imprese e a un approccio rinnovato rispetto al passato, per creare una vera e propria cultura sostenibile, soprattutto tra le PMI. L’Italia deve compiere uno sforzo eccezionale per rimettersi in pista e scongiurare la minaccia di una recessione senza precedenti: una prova storica per il nostro Paese, che proprio in questi mesi si appresta a prendere il testimone della guida del G20 dall’Arabia Saudita con l’obiettivo di riflettere sul nuovo mondo che vogliamo costruire.
La finanza sostenibile, basata su criteri Esg (Environmental, social, governance), visto anche il recente successo degli strumenti finanziari innovativi green, potrebbe soddisfare la “fame di investimenti” conseguenza dell’emergenza economica causata dal Covid-19?
È evidente che in un periodo di gravissima crisi economica come quella attuale, e soprattutto in un contesto come quello italiano caratterizzato da un numero elevatissimo di PMI, ipotizzare una scia virtuosa di investimenti in processi, prodotti sostenibili non è una sfida banale. Occorre il sostegno pubblico. In particolare la leva fiscale potrà essere la chiave per favorire investimenti in innovazione sostenibile, che è sicuramente una premessa per la crescita del Pil.
Per concludere questa intervista, pensa che il New Normal che emergerà dalla crisi del Covid-19 avrà il coraggio di intraprendere la strada della sostenibilità?
Cito nuovamente Mario Draghi, che ha parlato della necessità di alimentare un “debito buono”. Abbiamo una responsabilità enorme nei confronti delle future generazioni, che non possiamo tradire. Sono i nostri figli, i nostri nipoti, ai quali stiamo lasciando un debito di proporzioni inimmaginabili fino a poco tempo fa. Occorre che almeno sia un debito sostenibile. Serve un piano di investimenti coordinato e gestito centralmente, con un numero limitato di priorità sui settori strategici (istruzione, sanità, infrastrutture, digitalizzazione) e caratterizzati dal filo comune della sostenibilità.
Direttore responsabile de Il Giornale delle PMI