Perché l’Italia può evitare la recessione
Pil Italia 2023: +1,1%
Pil Eurozona 2023: +0,7%
Pil Mondo 2023: +2,6%
Dopo aver chiuso il 2022 con una crescita del Pil del 3,8%, anche nel primo trimestre di quest’anno l’economia italiana è risultata fra le più dinamiche dell’area euro, con un incremento trimestrale dello 0,6% e un aumento per l’intero 2023 che Prometeia stima pari a +1,1% (in rialzo dal +0,7% stimato a marzo).
Il Pil italiano è superiore a quello pre-Covid del 2,5%, un risultato migliore degli altri tre maggiori Paesi europei: a fronte di una maggiore debolezza dei consumi, spiccano l’ottima performance delle esportazioni e, soprattutto, l’eccezionale ciclo degli investimenti in costruzioni, che hanno fatto da volano per tutta la filiera.
Per Prometeia vi sono quindi i presupposti affinché l’economia italiana esca dalla crisi inflazionistica (a giugno il tasso d’inflazione era ancora al 6,4%, fra i più alti nell’Eurozona) senza sperimentare una vera e propria recessione ma solo un periodo di prolungata stagnazione, finché l’inflazione non sarà stata domata.
Ecco le quattro condizioni che inducono a un prudente ottimismo per l’economia italiana:
- L’inflazione calerà. La discesa potrà manifestarsi già nella seconda parte del 2023, spinta in particolare dal calo del prezzo dell’energia. In una situazione in cui i profitti sono rimasti buoni, e quindi non vi sono margini da riconquistare, e i salari stanno recuperando solo lentamente le perdite di potere d’acquisto, vi sono le condizioni perché l’inflazione possa continuare a ridursi. Nel complesso, infatti, non sembra che siano rimasti in capo alle imprese quote importanti di costi non traslati a valle sui prezzi alla produzione dei manufatti, che in effetti sono aumentati di circa il 14%. Traslazione che è proseguita anche allo stadio del consumo finale, con incrementi, specie nei beni alimentari (oltre l’11%) e non solo, che incorporano tutti gli aumenti a monte. Secondo i dati disponibili, il peso dello shock inflazionistico starebbe gravando in prevalenza sui redditi da lavoro dipendente.
- Il mercato del lavoro si mantiene in salute. Le retribuzioni stanno ancora riflettendo in misura contenuta l’aumento dei prezzi e la difesa del reddito disponibile delle famiglie è ancora affidato a un mercato del lavoro sano che, con un tasso di disoccupazione in discesa e ora al 7,6%, consente di aumentare il numero dei percettori di reddito, molti appartenenti a famiglie con reddito medio-basso. Anche le politiche fiscali hanno contribuito: secondo le valutazioni di Prometeia, l’impatto regressivo di questo shock inflazionistico, che per la particolare configurazione è andato a colpire soprattutto le fasce di reddito più basse, è stato compensato dalle misure adottate. Ciò contribuisce anche a spiegare perché le richieste avanzate nella contrattazione collettiva siano rimaste sinora tutto sommato così moderate.
- Il ben noto “tesoro” di extra risparmi accumulati durante la pandemia, pari a circa a 200 miliardi di euro, sostiene la domanda delle famiglie. Si ritiene però che sia stato accumulato dalle famiglie a reddito medio-alto, che destinano una quota maggiore dei consumi a turismo e svago (impediti dalla crisi pandemica). Partendo quindi dalla allocazione del risparmio di queste famiglie, si può dire che una quota non irrilevante sia già stata destinata a forme poco liquide ma anche all’investimento in attività reali. Con l’aumento dei tassi, anche la parte molto consistente che sino allo scorso anno era stata mantenuta liquida si sta spostando verso attività più remunerative (obbligazioni e titoli pubblici su tutti). Benché la maggiore ricchezza finanziaria e reale rappresenterà un importante “cuscinetto” di sicurezza contro l’incertezza di questa fase, difficilmente potrà costituire una fonte diretta di spesa, perché sempre meno liquida e comunque in mano a famiglie “ricche”, con propensione al consumo più bassa della media. Prometeia stima così che i consumi rimarranno deboli, anche se non in caduta.
- Il sostegno duraturo alla crescita continua a essere rappresentato dal PNRR, non solo per l’impulso di qui al 2026, quando l’indebolimento degli incentivi all’efficientamento energetico produrrà un vuoto di domanda per il settore delle costruzioni, ma anche, nel medio termine, per lo stimolo all’ammodernamento e all’efficientamento di molti settori dell’economia italiana.
Esistono tuttavia molteplici ostacoli in questo percorso di soft landing per l’economia italiana. Complice l’atteggiamento delle banche centrali che continuerà ad essere, seppur più gradualmente, restrittivo nel medio termine (Prometeia stima che la Bce alzi di altri 50 punti base i tassi di policy, per poi mantenerli sui nuovi livelli nel 2024; e che la Fed operi due rialzi da 25 punti base a luglio e novembre 2023), l’Italia si troverà così a navigare in un nuovo contesto di tassi di interesse reali positivi col fardello di un debito pubblico alto e cresciuto con la pandemia mentre in Europa si discute su quale forma dare alle regole fiscali, ora sospese sino alla fine del 2023. A prescindere dall’esito delle trattative, è indubbio che, per un Paese ad alto debito come il nostro, gli spazi per ulteriori politiche espansive risulteranno limitate. Avere uno strumento di impulso alla crescita come il PNRR è dunque una occasione da non trascurare.