Perché esistiamo come impresa?
Il contesto nel quale stiamo vivendo
Siamo rientrati dalla pausa estiva, pronti a ripartire. Un periodo difficile. La pandemia ci ha messo a dura prova dal punto di vista della salute, dell’economia e delle nostre stesse abitudini di vita sociale e personale. Dal 2020 ad oggi, abbiamo fatto i conti con lockdown e riprese a singhiozzo delle attività.
Dopo lo shock iniziale e una ripresa asimmetrica delle economie nelle varie zone del mondo, il grande squilibrio tra domanda ed offerta su scala globale ha fatto impennare i prezzi di alcune materie prime, essenziali per le nostre PMI in vari settori industriali, dal meccanico al manifatturiero, all’edilizia. I mercati cinese ed asiatico già nel 2020 sono riusciti a far scorte strategiche di materie prime, forti di un’economia in ripresa dalla pandemia avvenuta in anticipo rispetto all’Europa e al Nord America.
Da giugno 2020 a giugno 2021, l’acciaio è cresciuto del 130%, il polietilene del 146%, il rame del 47%. Nei 2021, i prezzi dell’acciaio e dell’alluminio sono aumentati rispettivamente del 40% e del 18%. il prezzo del ferro-acciaio per la produzione di cemento armato è aumentato del 230%.
Il petrolio greggio (Brent) sceso a 63,44 dollari al barile a fine gennaio 2020, poi risalito drasticamente, nell’agosto 2022 sfiora i 100 dollari al barile (Brent a 96.19 dollari il 31 agosto 2022).
Non solo.
Non avevamo ancora vinto la guerra al Covid, che un conflitto imprevedibile esplode a 300 km da casa nostra.
Giovedì 24 febbraio 2022 Putin rende ufficiale l’aggressione all’Ucraina. Non usa la parola guerra. La chiama “operazione militare speciale” per far capire che l’Ucraina appartiene alla Russia e che sta semplicemente rimettendo ordine in una parte dei suoi domini.
La scintilla, rappresentata dalla ipotetica adesione dell’Ucraina al Patto Atlantico fa emergere una frustrazione latente da tempo. Dalla fine dell’Unione Sovietica, è venuta meno la grande influenza della Russia nel mondo e Mosca detiene solo una leadership “regionale”. Jan Brenner, politologo, fondatore di Eurasia, il principale centro USA di ricerche sui rischi internazionali commenta: ”Non è la terza guerra mondiale. Ma è la minaccia molto seria di un leader con le spalle al muro, che non può tornare indietro e allora alza la posta.”
Interviene subito la diplomazia internazionale, ma non ci sono le condizioni per trattare. Dopo il fallimento dell’azione diplomatica Stati Uniti ed Europa mettono in campo restrizioni economiche e finanziarie pesanti per soffocare l’economia russa. E’un’arma a doppio taglio.
Gli scambi commerciali russi verso il resto del mondo hanno toccato nel 2021 i 785 miliardi di dollari, in aumento del 38% rispetto al 2020. Determinante la dinamica dell’export (+45,8%) a 492 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono state di 293 miliardi di dollari (+26,7%). (Fonte: Intesa Sanpaolo).
È l’Europa il principale mercato della Russia. Anche se negli ultimi anni sono aumentati gli scambi commerciali con l’Asia, la Russia importa dall’Europa macchinari, prodotti chimici, mezzi di trasporto e prodotti del settore agro-alimentare. Esporta minerali, per la metà del totale in Unione Europea, metalli, pietre e metalli preziosi, merci varie e prodotti dell’agro-alimentare.
Ancora più rilevante: la Russia fornisce il 40% del petrolio e del carbone dell’UE e il 20% del suo gas.
Dall’inizio del conflitto il prezzo del petrolio ha superato i 100 dollari al barile.
L’Europa non può, nel breve termine, rinunciare all’energia russa. Putin non può rinunciare, nel medio termine, al mercato europeo, per non doversi schiacciare eccessivamente sulla Cina.
Forse aveva sottovalutato la compattezza dell’Occidente nel condannare la sua azione militare e l’efficacia delle inevitabili sanzioni economiche e finanziarie conseguenti. Il 28 giugno l’agenzia internazionale Fitch taglia il rating della Russia da B a C. Bocciatura di sei livelli. La Banca centrale russa è in default sul debito estero. Non accadeva dal 1918.
Effetti che forse Putin non aveva previsto. E neppure la resistenza del governo ucraino e della popolazione stessa. L’intelligence americana, pochi giorni dopo l’inizio del conflitto aveva consigliato a Zelensky di fuggire. Zelensky ha risposto: “Non mi serve un taxi, mi servono armi.” Le ha avute. Dagli Stati Uniti e dall’Europa.
Si spara a Kiev, mentre la diplomazia internazionale si sta chiedendo cosa è possibile concedere a Putin perché faccia un passo indietro senza perdere la faccia.
In settembre, la campagna elettorale seguita alla caduta del governo Draghi sposta i riflettori sulla situazione domestica. Il dibattito politico è condizionato dalla spada di Damocle dell’aumento del costo dell’energia, che grava sulle imprese e sulle famiglie. Le associazioni di categoria degli imprenditori e dei consumatori, le organizzazioni sindacali chiedono a gran voce al governo provvedimenti di sostegno e di blocco dei prezzi dell’energia dall’alto.
Alcune imprese lavorano di notte o hanno anticipato alle 5 del mattino l’orario di avvio delle macchine e delle attività produttive.
Questa instabilità geopolitica appesantisce il quadro di insieme con cui da tempo ci stiamo confrontando.
La rivoluzione digitale e tecnologica inarrestabile e il cambiamento climatico stanno da tempo esercitando un ruolo sostanziale nella forma della economia globale. Rappresentano le sfide con cui avremo a che fare in futuro. Come Imprenditori, imprenditrici e manager delle PMI, professionisti, commercianti, operatori del terzo settore e della Pubblica Amministrazione, qualunque sia la nostra attività. E come esseri umani.
La rivoluzione digitale ha potenziato la disponibilità dei dati e la connettività. Forzato la velocità con cui è necessario prendere decisioni. Ci offre la straordinaria scintilla per ripensare il nostro business a 360 gradi. L’industria 4.0 prevede l’integrazione strutturale delle nuove tecnologie digitali, in grado di modificare il modello di business aumentandone la forza e la competitività soprattutto sui mercati internazionali.
Le variazioni climatiche con fenomeni meteorologici come la siccità o temporali improvvisi creano impatti sulle consuete modalità di produrre e distribuire prodotti e servizi, sui modelli di business e i profili di rischio-rendimento di impresa.
Ma c’è di più. Le aziende devono riflettere e agire, riducendo le emissioni che alterano il clima e inquinano il territorio. Con le loro azioni, dimostrare quale visione di responsabilità sociale, anche in rapporto alle aspettative dei dipendenti, dei clienti, degli azionisti, dei governi e della società in generale.
Un futuro incerto condiziona Il mondo, più interconnesso che mai. Un mondo instabile, imperfetto e veloce. Vale a livello globale e nel nostro paese.
Il mondo cospira per frenarci. Ma solo se glielo permettiamo. (Seth Godin)
C’è bisogno di nuovo pensiero strategico, di velocità e coraggio nel prendere decisioni, di efficacia nel realizzare azioni conseguenti.
“Le aziende non possono permettersi oggi di essere né inflessibili né imprudenti.” Afferma Olivia White, senior partner di McKinsey. “Durante i momenti di crisi emergono alcune “lacune a sorpresa”. I capi azienda che non sono disposti a correre rischi sufficienti non saranno in grado di innovare per far fronte a circostanze mutevoli. Ma allo stesso tempo, coloro che sono troppo concentrati sulla finanza di breve o sull’espansione incontrollata possono assumersi rischi che minano il loro successo a lungo termine.”
Ma la maggior parte degli imprenditori non ha progettato il proprio ruolo nel sistema globale. Fatica a guardare oltre le performance nel breve termine e l’equilibrio organizzativo di base.
La maggior parte delle imprese italiane, le PMI in primo luogo, sono rimaste ancorate allo scoglio di come ottenere utili nel breve, come se le condizioni di mercato ed economiche fossero regolari e consolidate. Non è così.
Le difficoltà economiche e di mercato del nostro business ci mettono in crisi. Il costo dell’energia e delle materie prime erode i margini.
L’economia industriale ci aveva proposto un patto: segui i passaggi previsti, otterrai il risultato.
E noi ci siamo concentrati su quello. All’improvviso il risultato non arriva, non è garantito. Le attività che svolgiamo non danno il risultato promesso.
Il mondo di oggi chiede ai capi azienda molto più della sola capacità di navigare a vista.
Allora, che dobbiamo fare?
La ripresa di settembre può portarci a riflettere sul significato profondo di ciò che facciamo.
Perché esistiamo come impresa?
- Che cosa voglio davvero? (Visione)
- Quali sono le cose importanti? (Valori)
- Come ci arrivo? (Metodo)
- Che cosa mi impedisce di averlo? (Ostacoli)
- Come farò a sapere di esserci riuscito? (Misurazione)
La frase di oggi:
“Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” Seneca