“Pensiero Ninja” come porre a sé e agli altri domande potenti
In passato, un leader era colui o colei che sapeva dire agli altri cosa fare. Oggi, in un’epoca di cambiamenti improvvisi e profondi, un leader che ritiene di avere già tutte le risposte è destinato condurre la sua impresa e le sue persone verso un dirupo.
Tutti noi cerchiamo di creare qualcosa, connetterci con gli altri, essere leader efficaci. Decidere.
Apparentemente, siamo programmati per prendere decisioni rapide e istintive. È tutta colpa dei nostri antenati, che vivevano nella giungla. Dal punto di vista cognitivo, siamo impostati per affrontare un mondo molto più semplice, con un meccanismo “fuggi o combatti”.
Soppesare i fatti prima di decidere non è facile. È qualcosa che va contro l’evoluzione della specie.
Ma perché prendiamo decisioni come se fossimo ancora nella giungla? Potremmo anche avere scadenze da rispettare, ma di certo non abbiamo i leoni alle costole.
Rispetto ai nostri antenati, che spesso hanno dovuto basarsi sull’istinto, abbiamo a disposizione moltissime informazioni per decidere. Anche troppe.
Eppure, molti di noi non amano riflettere sulle decisioni difficili.
Non utilizzare il tempo e le risorse a nostra disposizione per prendere decisioni migliori, cioè, rifiutarsi di riflettere a fondo e di porsi domande è a sua volta una decisione. Sbagliata.
Porsi e porre domande è un invito a pensare. Un invito quasi irresistibile: porsi una domanda interessante è come dare alla propria mente un bellissimo puzzle da risolvere.
Quando si tratta di prendere decisioni rilevanti o esprimere un giudizio, Warren Berger, autore di “Domande brillanti” ci invita a usare il “pensiero ninja”. È il “pensiero critico” che si basa su domande potenti, prove solide, che cerca di rimanere obiettivo e imparziale.
Domande come: Come posso guardare qualcosa con occhi nuovi? Quali sono i miei preconcetti? Sto formulando un giudizio affrettato? Cosa sto dimenticando di considerare? Cosa conta di più?
Dedicarsi al pensiero ninja, assumendo una mentalità aperta è molto più impegnativo che limitarsi a fare supposizioni o accettare proposte di altri.
Ma la buona notizia è che padroneggiare alcuni dei passaggi fondamentali del pensiero critico non è difficile.
Quando prendiamo una decisione rischiamo di cadere in una infinità di “trappole”.
- Facciamo affermazioni
Siamo abituati a dire, affermare, giudicare. Eppure, fare domande, purché siano quelle giuste e poste nel modo giusto, ci rende più empatici, meno imperativi agli occhi degli altri. Il come è importante come il cosa chiedere. Se vengono poste nel modo sbagliato, le domande possono risultare decisamente sgradevoli.
- fare una domanda comporta dei rischi, compreso quello di rivelare ciò che non sappiamo e forse dovremmo sapere. La paura è il primo nemico delle domande. La leadership viene associata al fatto di sapere già le cose, oppure al comportarsi come se nulla importasse. Fare una domanda, invece, significa ammettere di non sapere. E che ti importa.
- La “trappola dell’esperienza”. Più sai, meno senti il bisogno di chiedere. Chi sa molte cose spesso confida troppo su ciò che già sa e non sente il bisogno di ampliare e aggiornare le proprie conoscenze. Questo atteggiamento è particolarmente pericoloso in tempi di rapidi cambiamenti. Un maestro di scacchi, dice il premio Nobel dell’economia Daniel Kahneman, può decidere di fare una mossa affidandosi al suo istinto, perché ha molte esperienze pregresse simili da cui attingere. Dunque, dal punto di vista della scienza, la risposta alla domanda “dovrei fare affidamento sul mio istinto quando prendo decisioni? è sì, ma solo se sei un maestro di scacchi o qualcuno con un’esperienza altrettanto specifica e prolungata in una certa situazione e attività.
- Troppo sicuri di sé. Altri due grandi nemici delle domande, strettamente correlati tra loro sono i bias e l’arroganza. Un esempio di bias? “La maggior parte di noi non è come il maestro di scacchi, ma può pensare di esserlo”, scrive Kahneman: “L’eccessiva fiducia in se stessi deriva dal fatto che spesso le persone sono cieche di fronte alla loro cecità”.
Utile chiedersi regolarmente: in che cosa credevo una volta a cui ora non credo più?
- Non ho tempo per fare domande. Nemico delle domande è la presunta mancanza di tempo. Non ho tempo per fare domande. Non è quasi mai vero.
- Preferisco lo status quo” – quando è difficile decidere se cambiare o meno qualcosa di rilevante ci concentriamo sulle informazioni sbagliate, quelle che confermano le nostre convinzioni a “fare quello che abbiamo sempre fatto”.
- “Vedi solo quello che vuoi vedere”. Sostiene ancora Kahneman, creiamo una storia nella nostra testa a partire da quel poco che sappiamo, senza lasciare spazio a ciò che non sappiamo.
- “Considera l’opposto”
Richard Larrick, professore della Duke University e ricercatore specializzato in materia di debiasing, suggerisce l’approccio “considera l’opposto” consiste “molto semplicemente nel chiedersi: ‘Quali possono essere i motivi per i quali il mio giudizio iniziale può rivelarsi sbagliato?” Questa domanda funziona, dice Larrick, perché “indirizza l’attenzione verso le prove del contrario, che altrimenti non prenderemmo mai in considerazione”.
la strategia “considera il contrario” non è concepita per fornire soluzioni chiare e affidabili, ma per allargare i nostri orizzonti a possibilità che vanno oltre i nostri primi impulsi.
- Cosa manca?
A volte la trappola delle informazioni non è ciò che c’è, ma ciò che manca.
- preferisco avere ragione o capire?
Il venture capitalist Christopher Schroeder dice di mantenere la mente aperta con questa domanda: preferisco avere ragione o capire?
Se si dà troppa importanza all’avere ragione, si assume un atteggiamento di “difesa” e si chiudono le porte a ciò che è diverso e alla comprensione effettiva.
Non chiediamo a chi è d’accordo con noi, chiediamo a chi non lo è e invitiamolo a spiegare perché.
Nel mondo degli affari circola una storia, quella dei cofondatori di INTEL, colosso della tecnologia IT per l’industria, Andrew Grove e Gordon Moore. Quando INTEL era ancora una start up hanno riflettuto sulla strategia, se dovessero o meno abbandonare uno dei prodotti di punta per spingersi in una nuova direzione.
Grove chiese: se il consiglio di amministrazione nominasse un nuovo Amministratore Delegato al posto nostro, cosa farebbe? Un nuovo CEO non si farebbe condizionare dall’investimento emotivo in un vecchio prodotto e guarderebbe alle esigenze future. Grazie a questa domanda, guardarono la situazione con occhi nuovi. Decisero di cambiare strategia: concentrare sviluppo e produzione sui microprocessori, trasformando INTEL da semplice start-up a colosso di mercato. E decisero di definire un’alleanza con Microsoft, che condiziona ancora il business dei computer e del mondo hi-tech.
INTEL oggi ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di 197 miliardi di dollari.
Quali sono i miei superpoteri?
Le domande ninja riguardano anche noi stessi.
Greg McKeown, coach e autore di “Dritto al sodo: come scegliere ciò che conta e vivere felici”, ci invita a chiederci:
A quale attività o argomento non smetto mai di pensare?
E che cosa mi rende concentrato e appassionato in quello che sto facendo?
Che cosa mi stuzzica?
Che cosa m’infastidisce?
Che cosa manca?
Su che cosa continuo a tornare?
Cosa mi fa dimenticare di mangiare?
Cosa mi rende felice e perché?
Alle persone che ci sono molto vicine, le persone di famiglia, un socio in affari, un amico di lunga data… tendiamo a non porre domande.
Molte relazioni possono cambiare profondamente, come quelle che oggi stanno dilaniando la nostra società, se smettiamo di consigliare, criticare, giudicare, se poniamo domande profonde. E ascoltiamo con attenzione le risposte.
Può trasformare rapporti conflittuali e antagonistici in rapporti dove i punti di vista differenti si integrano anziché contrapporsi.
La frase di oggi
Jeff Bezo: “Probabilmente la maggior parte delle decisioni dovrebbe essere presa in base al 70% delle informazioni che vorremmo avere. Chi aspetta di possederne il 90%, spesso e volentieri sarà troppo lento a decidere”.