Omessa denuncia contributiva: reato solo in caso di dolo specifico

 Omessa denuncia contributiva: reato solo in caso di dolo specifico

La circostanza che il contribuente non presenti la denuncia dei redditi non è, di per sé, sufficiente a configurare automaticamente il reato di omessa presentazione di denuncia contributiva di cui all’art. 37 della l. n.689/1981.

Nel caso in questione, il Tribunale di Ancona prima e la Corte d’Appello poi hanno condannato due soci e liquidatori di un’azienda per non aver presentato le denunce obbligatorie per il versamento dei contributi all’INPS, con conseguente mancato versamento degli stessi.

La Cassazione, adita al fine di dirimere le questioni di legittimità sollevate dal difensore degli imputati, ha ritenuto che «in linea con quanto si evince dalla lettera dell’art. 37 comma 1 della legge n.689/1981, ai fini della configurabilità del reato di omessa denuncia obbligatoria è necessario che le condotte siano poste in essere con dolo specifico di non versare in tutto o in parte i contributi previdenziali o assistenziali, e che a tal fine non sono sufficienti né il dolo generico né il dolo eventuale» (cfr. Cass. Pen., Sez. 3, sent. n. 7145/2021).

Tuttavia, ciò non basta!

Per la giurisprudenza, inoltre, è rilevante anche lo specifico contesto fattuale in cui si colloca la condotta; e, infatti, pur volendo ritenere accertata la consapevolezza dell’omissione – prima di concludere che tale condotta avesse la finalità specifica di evasione contributiva – è necessario verificare la sussistenza di eventuali circostanze di fatto potenzialmente contrastanti con la finalità evasiva della condotta.

Nel caso di specie, infatti, i giudici di merito non hanno tenuto debito conto del fatto che la società fosse sottoposta a una procedura di concordato preventivo, circostanza sufficiente a permettere una immediata rilevabilità delle violazioni degli obblighi di versamento e ad escludere, quantomeno potenzialmente, la finalità di evasione contributiva.

Ancora, rilevanti al fine di escludere tale scopo e ulteriormente ignorate dai giudici di merito, sono state la brevità dell’inadempimento – nel caso di specie pari a 3 mesi – nonché la prossimità del fatto alla dichiarazione di fallimento.

Ragion per cui, i giudici di legittimità hanno ritenuto di annullare la sentenza di secondo grado e di rinviare il giudizio innanzi alla Corte d’Appello al fine di verificare, in modo logicamente e giuridicamente corretto, se il fatto sia stato commesso con la specifica finalità di non versare in tutto o in parte i contributi dovuti.

Dott. Tiziano De Salve

Avv. Matteo Sances

www.centrostudisances.it

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