Occupati e disoccupati: le considerazioni di ADAPT sul mercato del lavoro alla luce delle rilevazioni ISTAT
Dalle ultime rilevazioni ISTAT emergono due primi dati importanti. In primo luogo, lo spettro dell’inattività sta tornando ad infestare il mercato del lavoro, guadagnando sia dal calo della disoccupazione che da quello dell’occupazione. Ciò significa che chi non è più disoccupato non è rientrato tra gli occupati, ma si è unito alla platea degli inattivi, ossia di quelle persone che vengono classificate come non facenti parte della forza lavoro e non impegnate nella ricerca attiva di un’occupazione, o perché scoraggiate o per altri motivi spesso poco rassicuranti. L’altro dato importante, ancora da verificare in una prospettiva di medio periodo, è il ritorno della cassa integrazione come leva di contrasto da parte delle imprese a una situazione di emergenza, che non ha più il volto della crisi pandemica ma di quella dell’innalzamento del costo dell’energia che si riversa sui costi delle aziende.
Guardando nel merito delle rilevazioni ISTAT il Presidente di Fondazione ADAPT, Francesco Seghezzi, ha commentato:
Calano gli occupati: “Nonostante la crescita degli occupati su base annua sia ancora positiva (+406mila), dalle ultime rilevazioni ISTAT iniziano a farsi sentire i primi segnali di crisi. Il numero degli occupati cala di 74 mila unità, soprattutto per i maschi con -42mila contro i -32 mila delle femmine. Su base annua la percentuale di crescita è ancora più positiva per quest’ultime (+2,2%) rispetto ai maschi (+1,5%)”.
Calano i disoccupati, ma a favore degli inattivi: “Assistiamo anche al calo dei disoccupati, che diminuiscono di 31 mila unità. Il dato non è però da leggersi come positivo poiché va a vantaggio degli inattivi, che crescono trasversalmente di 91mila unità, ossia di persone che il lavoro non lo stanno più cercando. Su basse annuale la performance è però ancora calante (-344mila inattivi)”.
“Le conferme di questa tendenza arrivano anche dalle rilevazioni sui tassi. Quello di occupazione e di disoccupazione calano rispettivamente al 60% e al 7,8%, ma cresce quello di inattività che tocca quota 34,8%. Nello specifico, il tasso di occupazione diminuisce dello 0,4 tra i 35 e i 49 anni e dello 0,1 tra i 50 e i 64 anni, segnale che va nella direzione di dati in parte determinati dall’andamento della cassa integrazione”.
Il lavoro a tempo indeterminato e il ricorso alla cassa integrazione: “Osserviamo una diminuzione significativa degli occupati permanenti (-95 mila). Una dinamica che può essere causata anche dall’aumento della cassa integrazione nell’ultimo trimestre e non solo da interruzioni di rapporti di lavoro, sappiamo infatti che Istat considera inattivi i lavoratori in cassa integrazione da più di tre mesi. Con l’evolvere della crisi energetica occorrerà tenere sotto osservazione la correlazione tra la diminuzione degli occupati e l’aumento del ricorso prolungato degli ammortizzatori sociali”.
Il lavoro a tempo determinato e il lavoro autonomo: “Diminuiscono di 22 mila gli occupati a termine, che crescono comunque quasi tre volte rispetto a quelli a tempo indeterminato su base annua e che sono 156 mila in più rispetto al periodo pre-Covid. Mentre tornano a crescere di 42 mila i lavoratori autonomi”.
I giovani: “L’occupazione degli under 35 è stabile. Un segnale di preoccupazione viene però dagli inattivi provenienti dai disoccupati, soprattutto nella fascia 15-24 anni. Piccolo segnale positivo, i dati depurati dalla componente demografica vedono una crescita maggiore dell’occupazione nella fascia 15-34 anni seguita dagli over 50”.
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