Nuovi incentivi per l’occupazione: un intreccio ancora incerto
Fra le disposizioni più rilevanti introdotte in ambito giuslavoristico dal D.L. 14 agosto 2020, n.104 (‘Decreto Agosto’) a decorrere dal 15 agosto 2020 si annoverano misure incentivanti e di esonero contributivo volte a contenere gli effetti che l’emergenza epidemiologica ha prodotto sui livelli occupazionali. È però opportuno precisare che la tecnica di redazione delle disposizioni in esame non è esente da profili di criticità che è auspicabile potranno a breve trovare una risoluzione appropriata in sede di prassi.
Le misure incentivanti illustrate in sintesi nei seguenti paragrafi sono destinate ai datori di lavoro che:
- assumano lavoratori a tempo indeterminato;
- non siano ricorsi a trattamenti d’integrazione salariale;
- abbiano sede in Regioni ‘meno sviluppate’ o ‘in transizione’.
Esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali in caso di assunzione di un lavoratore a tempo indeterminato
L’articolo 6 del decreto riconosce a beneficio del datore di lavoro che assuma, nel periodo ricompreso tra il 16 agosto 2020 e il 31 dicembre 2020, lavoratori con contratto subordinato a tempo indeterminato l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per la quota posta a suo carico – con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL – per un periodo massimo di sei mesi decorrenti dalla data d’assunzione del lavoratore, nel limite di ammontare massimo di € 8.060,00 su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.
L’esonero contributivo è altresì riconosciuto nell’ipotesi di trasformazione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, purché la trasformazione sia effettuata a decorrere dal 16 agosto 2020.
La misura incentivante non trova applicazione nei confronti di:
- lavoratori del settore agricolo;
- lavoratori assunti con contratto di apprendistato;
- lavoratori domestici;
- lavoratori che abbiano avuto un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti all’assunzione presso la medesima impresa.
L’esonero potrà essere riconosciuto nei limiti delle risorse finanziarie appositamente stanziate; all’INPS è affidata l’attività di monitoraggio del limite di spesa. Non saranno adottati ulteriori provvedimenti d’esonero nell’ipotesi in cui, anche in via prospettica, tale limite dovesse essere superato.
Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per i datori di lavoro che non richiedano trattamenti di cassa integrazione
In forza dell’articolo 3, comma 1 del decreto, al datore di lavoro che abbia fruito durante il periodo compreso tra maggio e giugno 2020 dei trattamenti di integrazione salariale ai sensi degli articoli da 19 a 22-quinquies del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (trattasi dei trattamenti d’integrazione salariale ordinaria e in deroga con causale ‘emergenza COVID-19’ e dell’assegno ordinario riconosciuto in conseguenza dell’emergenza epidemiologica) e non presenti nuova richiesta, è riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a suo carico riparametrato e applicato su base mensile, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL.
Tale misura non trova applicazione con riferimento al datore di lavoro agricolo.
L’esonero è riconosciuto sino al 31 dicembre 2020:
- per un periodo massimo di quattro mesi;
- nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020. Con riguardo a tale limite, ferma restando la percorribilità di altre interpretazioni, è ragionevole ritenere che l’ammontare dell’esonero contributivo debba essere calcolato in funzione della contribuzione che sarebbe stata versata al lavoratore laddove, in luogo del trattamento d’integrazione salariale, fosse stata lui corrisposta la normale retribuzione.
Peraltro, la scelta del legislatore di riconoscere l’esonero contributivo solo con riferimento alle ore di integrazione salariale fruite durante i mesi di maggio e giugno 2020 risulta penalizzante per i datori di lavoro che nel corso di detti mesi abbiano:
- incentivato la fruizione di ferie e permessi anziché ricorrere a trattamenti d’integrazione salariale;
- svolto la normale attività lavorativa, scontando tuttavia una fisiologica flessione dell’attività.
L’esonero in parola è:
- riconosciuto anche ai datori di lavoro che abbiano richiesto dei periodi d’integrazione salariale collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020;
- cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.
In ogni caso, la misura in esame potrà essere fruita solo previa autorizzazione da parte della Commissione europea nel limite di € 800.000,00 per impresa (sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea in tema di aiuto di Stato a sostegno dell’economia durante l’emergenza sanitaria).
Pertanto, sino alla concessione di tale autorizzazione da parte della Commissione europea la disposizione non troverà alcuna applicazione concreta. Inoltre, sino a quando non saranno diffusi gli auspicati interventi chiarificatori da parte delle istituzioni nazionali, sarà di fatto impossibile effettuare una puntuale valutazione circa l’effettivo vantaggio ed opportunità di ricorrere ad un eventuale ulteriore periodo di integrazione salariale – riconosciuto ai sensi dall’articolo 1 del decreto in esame – ovvero, in alternativa, di optare per l’esonero contributivo in parola.
Peraltro, nell’ipotesi di un’impresa plurilocalizzata, è dubbio se l’eventuale presentazione di una domanda di integrazione salariale per una sola unità produttiva pregiudichi la fruizione dell’esonero in esame anche con riferimento ai lavoratori impiegati presso altre sedi dell’impresa.
Agevolazione contributiva per l’occupazione in aree svantaggiate
L’articolo 27 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 prevede che al datore di lavoro sia riconosciuto, con riferimento a ciascun lavoratore subordinato, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali – con esclusione di premi INAIL – pari al 30% della quota posta a suo carico, a condizione che la sede di lavoro sia ubicata in Regioni che durante il 2018 abbiano registrato un prodotto interno lordo pro capite:
- inferiore al 75% della media EU27 ovvero compreso tra il 75% e il 90% della media EU27 e
- un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale.
Secondo quanto illustrato dell’Eurostat nel report ‘Regional GDP per capita ranged from 30% to 263% of the EU average in 2018’, trattasi delle regioni italiane:
- ‘meno sviluppate’: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, caratterizzate da un PIL pro capite inferiore al 75% della media EU27;
- ‘in transizione’: Abruzzo, Molise e Sardegna, con un PIL pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media EU27.
È appena il caso di precisare che l’agevolazione non riguarda le nuove assunzioni ma i contratti di lavoro in corso in quanto, come anticipato, la finalità della misura è di garantire la tutela dei livelli occupazionali.
L’agevolazione potrà essere concessa per il periodo intercorrente tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2020, previa autorizzazione della Commissione europea.
ArlatiGhislandi e AG Studi e Ricerche