Nella bozza del Recovery Plan ben 74,3 miliardi vanno all’area “rivoluzione verde e transizione ecologica” – La sfida della transizione ecologica nel piano italiano per la ripartenza
Il confronto nella maggioranza sul Recovery Plan va avanti. La bozza del testo traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti, l’attuazione e il monitoraggio del piano e la valutazione dell’impatto economico. Le riforme e gli investimenti mirano a realizzare una transizione «green, smart and healthy» e riguardano: riforma della giustizia; digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca, parità di genere, coesione sociale e territoriale; salute.
L’ambizioso piano, espresso dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, mira a rimuovere gli ostacoli che hanno frenato il progresso dell’Italia negli ultimi venti anni e la ripresa economica del Paese dopo la crisi dello scorso anno.
Non c’è dubbio, infatti, che oltre a dover fare i conti con la pandemia del Covid-19, negli ultimi 20 anni l’Italia ha accumulato enormi ritardi rispetto alle economie avanzate
Nella bozza del recovery plan, ben 74,3 miliardi andranno all’area “rivoluzione verde e transizione ecologica”.
Il Governo mette la transizione ecologica e la rivoluzione green in testa alle prospettive di riforma del Paese. Dalla bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) “Next Generation Italia” emerge come la maggior parte delle risorse messe a disposizione dal nostro Paese andranno a beneficio della missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica” con interventi per un ammontare pari a 74,3 miliardi di euro. Seguono a distanza le misure previste per la missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, che totalizzano 48,7 miliardi di euro, “Infrastrutture e Mobilità sostenibile” 27,7 miliardi di euro; “Istruzione e Ricerca” 19,20 miliardi di euro, “Parità di genere” 17,1 miliardi di euro e “Sanità” 9 miliardi di euro.
Le Linee guida del PNRR sono coerenti con il Piano di Rilancio presentato dal Presidente del Consiglio e approfonditamente discusso nel corso della consultazione nazionale Progettiamo il rilancio del 13-21 giugno scorso in cui si sono delineate tre linee strategiche: Modernizzazione del Paese; Transizione ecologica; Inclusione sociale e territoriale, parità di genere.
Vediamo dunque come accanto alla voglia e necessità di avere in Paese moderno, efficiente, digitalizzato, ben organizzato, sburocratizzato, inclusivo, paladino di uguaglianze tra generi e al servizio del cittadino, il Piano Nazionale di ripresa e resilienza metta al centro i temi dello sviluppo sostenibile come una colonna per incrementare la produttività dell’economia e la qualità della vita quotidiana.
“La modernizzazione dell’economia comporta il completo abbandono di paradigmi produttivi ormai superati – scrive il premier Giuseppe Conte nella sua introduzione – Per realizzare la transizione verso un’economia rispettosa dell’ambiente innanzitutto proseguiremo sulla strada indicata dal PNIEC e dagli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo e dell’agenda 2030. Il piano prevede interventi per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili, migliorare l’efficienza energetica degli immobili, a partire da scuole e ospedali. Saranno promosse nuove forme di mobilità locale sostenibile e le grandi opere di completamento dei collegamenti ferroviari del Paese. Il PNRR ha azioni specifiche anche per migliorare la qualità dell’aria nei centri urbani, favorire l’economia circolare, mitigare i rischi di dissesto idrogeologico e ripulire le acque interne e marine. Questi interventi saranno anche un investimento nella “bellezza” del nostro Paese, nei suoi borghi, nei suoi edifici storici, nelle aree verdi urbane e nella salvaguardia del territorio e delle foreste”.
La modernizzazione, dunque, passa anche attraverso la transizione ecologica da considerarsi come la base del nuovo modello di sviluppo su scala globale ed è considerato un pilastro del Piano di Rilancio. Per avviarla sarà necessario intervenire sia sul lato della domanda sia sul lato dell’offerta.
In primo luogo, occorre ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. In secondo luogo, sarà necessario migliorare l’efficienza energetica delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell’aria nei centri urbani e delle acque interne e marine.
Nell’ambito delle politiche di transizione ecologica, si ritiene prioritario incentivare una gestione efficace delle aree verdi, attraverso corposi interventi di rimboschimento e una maggiore diffusione delle stesse sul territorio urbano e periurbano.
La riconversione ecologica può e deve rappresentare anche un terreno di nuova competitività per molta parte del nostro sistema produttivo, anche attraverso investimenti nell’agricoltura sostenibile e di precisione, a partire dal Mezzogiorno, permettendo di conseguire una maggiore armonia con la natura, pur nel contesto di una società a forte vocazione industriale. Gioca un ruolo strategico, a tal fine, anche il sistema agricolo e forestale che, tramite il presidio e la gestione sostenibile della maggiore parte del territorio nazionale, è in grado di assorbire una significativa quota delle emissioni di gas climalteranti del sistema Paese, come evidenziato dallo European Green Deal.
Per quanto attiene al lato dell’offerta, l’Italia deve diventare produttrice di beni e servizi coerenti con la transizione ecologica, quali – ad esempio – la produzione di materiali ecocompatibili, la fornitura di tecnologie per la gestione dei rifiuti urbani e industriali, la conversione all’elettrico del settore automobilistico.
Si dovrà inoltre investire nella “bellezza” dell’Italia quel capillare intreccio di storia, arte, cultura e paesaggio, che costituisce il tessuto connettivo del Paese. A tal fine è necessario rafforzare la tutela dell’immenso patrimonio artistico, culturale e naturale e, nello stesso tempo, promuoverne la fruizione, consolidandone le potenzialità e la capacità di attrazione di flussi turistici.
I 74,3 miliardi dedicati all’ambiente rappresentano una quota pari al 37,9% sul totale delle risorse del PNRR italiano, ponendosi in linea, pertanto, con il piano di rilancio e con l’obiettivo europeo di destinare a investimenti e riforme verdi secondo l’impianto dell’European Green Deal il 37% delle risorse del Recovery and Resilience Facility. L’Italia ambisce così a incamminarsi sul sentiero che condurrà alla neutralità climatica entro il 2050, target che richiede un ampio spettro di riforme abilitanti e un volume consistente di investimenti.
In generale, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza prevede azioni che conducano a una riduzione cospicua della domanda di energia (in particolare nel settore residenziale/commerciale e nei trasporti), a una quota più elevata delle fonti rinnovabili nel mix energetico (unita a un’estesa elettrificazione negli usi finali e alla produzione di idrogeno) e a un aumento della capacità di assorbimento della CO2.
Le 4 azioni in cui si articola la missione del piano “Rivoluzione verde e transizione ecologica” sono:
La prima, “Impresa verde ed economia circolare”, prevede una spesa di 6,3 miliardi e privilegia la promozione della sostenibilità ambientale nella filiera agricola, il supporto a processi innovativi di decarbonizzazione tramite progetti di economia circolare e l’elaborazione di un piano nazionale sullo stesso tema. Se l’Italia ha già ottenuto buoni risultati nell’uso efficiente delle risorse (comparati al quadro europeo), nuove sfide sono poste dal recente recepimento delle direttive del “Pacchetto economia circolare” (Direttive 2018/849, 850, 851, 852), che introduce target specifici per i rifiuti urbani (riciclo del 55% entro il 2025 e del 65 entro il 2035), i rifiuti da imballaggi (70% di riciclo entro il 2030) e per l’utilizzo delle discariche (soglia massima del 10% dei rifiuti urbani con smaltimento in discarica entro il 2035). In questo ambito, si ritiene imprescindibile intervenire su una delle maggiori criticità del settore e cioè il gap impiantistico della filiera del riciclo, per cui sarà necessario ammodernare gli impianti esistenti e realizzarne di nuovi per il trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti.
Per raggiungere tali obiettivi, oltre ad un rafforzamento del quadro normativo attraverso riforme mirate, sono previste due linee d’azione:
- La prima linea d’azione “Agricoltura sostenibile”prevede iniziative per la competitività, la riqualificazione energetica e la capacità logistica del comparto agricolo italiano. In particolare, gli interventi mirano all’efficientamento energetico e all’isolamento termico/coibentazione degli immobili adibiti a uso produttivo nel settore agricolo e zootecnico, quest’ultimo responsabile di circa il 50% delle emissioni di gas clima-alteranti. Infine, si intende sostenere un piano per la logistica del comparto agricolo, che si sostanzia in contributi alle aziende per abbassare l’impatto ambientale del sistema dei trasporti, migliorare la capacità di stoccaggio delle materie prime agricole, la capacità logistica dei mercati all’ingrosso e far esprimere il potenziale in termini di export delle piccole e medie imprese agroalimentari italiane.
- La seconda linea d’azione “Economia circolare e gestione dei rifiuti”si concentra su tre interventi principali: a) la riduzione del gap impiantistico della filiera del riciclo, che costituisce una principale criticità in molte regioni del paese, tramite l’ammodernamento degli impianti esistenti e la realizzazione di nuovi impianti per il trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti; b) il sostegno a iniziative per ricavare prodotti chimici e carburanti “circolari” da rifiuti plastici e urbani; c) il sostegno a progetti innovativi di decarbonizzazione.
La seconda linea d’azione, “Transizione energetica e mobilità locale sostenibile” (18,5 miliardi), interviene nel campo della produzione di energia rinnovabile. Tutto il lavoro è focalizzato sulla creazione di nuove pipeline di progetti greenfield rinnovabili con determinate procedure di autorizzazione, supportando progetti floating PV, centrali eoliche offshore e centrali grid parity, sulla promozione dell’autoproduzione collettiva di elettricità pulita (tramite la costituzione di comunità energetiche e l’autoconsumo, superando il regime dello scambio sul posto), sul biometano da destinare al trasporto e sugli investimenti per produrre idrogeno in siti brownfield e da elettrolisi e la creazione di stazioni di rifornimento. Nel campo della mobilità locale sostenibile, invece, si prevede di rafforzare le infrastrutture di rete attraverso la promozione degli accumuli, la realizzazione di smart grid e l’installazione sistemi di ricarica elettrica e vehicle-to-grid, oltre a promuovere sperimentazioni per i servizi digitali a supporto della pianificazione urbana.
La terza linea d’azione riguarda “l’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici”, alle quali sono dedicati 40,1 miliardi di euro. Si tratta di un segmento che incrocia una dimensione molto importante della strategia di decarbonizzazione, in quanto il settore residenziale genera più di un terzo dei consumi totali di energia in Italia. In questo ambito si ritiene di dover procedere con un Piano di efficientamento degli immobili pubblici, a partire dagli edifici scolastici, dalle strutture ospedaliere e dal patrimonio abitativo di edilizia residenziale pubblica nazionale, e di rafforzare le misure a sostegno dell’efficientamento dell’edilizia privata, a cominciare dall’estensione del superbonus.
La quarta e ultima linea guida, “Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica” (9,4 miliardi), prevede interventi di riduzione del dissesto idrogeologico e di irrobustimento della resilienza agli eventi climatici estremi, insieme al sostegno all’utilizzo efficiente e alla qualità delle acque interne e marine. Nel complesso, l’obiettivo è migliorare l’adattabilità del territorio ai cambiamenti climatici attraverso misure di silvicoltura, efficientamento energetica e processi di decarbonizzazione.
Ricordiamo che l’Italia è particolarmente vulnerabile rispetto agli eventi idrogeologici e sismici: oltre il 90% dei Comuni italiani fronteggiano un elevato rischio di frane e alluvioni e richiedono, pertanto, continui investimenti nella prevenzione di tali rischi. Per colmare i gap presenti nella gestione del ciclo delle acque sono previsti interventi volti alla digitalizzazione e messa in sicurezza della rete idrica primaria e secondaria, alla riduzione degli sprechi di acqua nelle reti di adduzione, di distribuzione e di irrigazione, con il fine di garantire la disponibilità idrica per tutti gli usi, all’adeguamento dei sistemi di depurazione alle direttive europee, al riuso delle acque depurate ed alla gestione dei rifiuti nelle acque portuali, ed alla salvaguardia del territorio dalle alluvioni tramite interventi di forestazione, di gestione sostenibile nell’agricoltura e di adattamento al cambiamento climatico nei comuni. Si attendono, per favorire investimenti, interventi normativi, con azioni di riforma di governance del servizio idrico e di potenziamento dei Consorzi di Bonifica.
Promuovere l’innovazione in economia circolare (più riuso e riciclo negli input di produzione e uso virtuoso dei rifiuti), la trasformazione dell’edilizia, dei trasporti, dell’industria, dell’agricoltura e del modo di produrre energia è un’opportunità perché da sempre l’economia cresce quando si introducono nuovi prodotti e processi produttivi e oggi la transizione ecologica può aiutarci sul piano della ripartenza.
Laureata in Giurisprudenza, dopo aver maturato una significativa esperienza in ambito giuridico-legale, da qualche anno si è avvicinata al mondo della finanza agevolata, contributi a fondo perduto, industry 4.0 e innovazione.