Nel 2023 rischiano di chiudere 120mila imprese
Nel 2023 rischiano di chiudere 120mila imprese con la perdita di 370mila posti di lavoro (Confcommercio) e nel primo trimestre dello stesso anno si rileva un aumento dei fallimenti pari al 19,1% rispetto al trimestre precedente (Istat). Numeri certamente non rassicuranti in una congiuntura che non migliora, almeno per il momento.
Per gli imprenditori delle PMI, tessuto produttivo italiano, è arrivato il momento di non scherzare se si decide di non chiudere l’attività.
“Sono quattro le risorse minime da avere in azienda a prova di qualsiasi crisi” afferma Pasquale Abiuso, imprenditore e Presidente della banca di Credito Cooperativo di Gambatesa.
“La prima persona da formare è un responsabile del marketing che si interessa a tempo pieno mantenere vivo il rapporto con i clienti già acquisiti e spendenti, riattivare con offerte ad hoc i clienti persi, creare con una rete di referrals (clienti che portano altri clienti), fare continue azioni online e offline per intercettare nuovi contatti da trasformare in clienti paganti, tutto ciò con una precisa strategia non improvvisata.
È necessario avere un venditore non part time che lavora i contatti ottenuti dal marketing, vende ai già clienti, ai clienti spenti e riattivati, a quelli che arrivano dai referrals e ai nuovi clienti.
Ricordiamo che senza vendita l’azienda non esiste o muore in breve tempo.
Occorre poi un responsabile all’assistenza clienti (customer care) che risponde alle domande che quotidianamente arrivano da chi compra, risolve problemi di varia natura che minerebbero il rapporto azienda-cliente, verifica la soddisfazione dei clienti e in base alle risposte ricevute dà suggerimenti agli altri reparti aziendali.
In ultimo c’è bisogno di chi produce e consegna il prodotto (una o più risorse in funzione della dimensione e dei volumi aziendali).
Molto importante, anche se strano per il contesto italiano è che l’imprenditore non deve svolgere nessuna delle funzioni suddette, ma deve coordinare, controllare i numeri delle varie aree (KPI-Indicatori chiave di performance), formare le risorse, premiarle nel modo più opportuno in base ai risultati e correggere il tiro quando le cose non vanno come previsto.
In sostanza l’imprenditore deve far girare il sistema azienda e sbloccarlo quando non gira bene guardando i numeri e non fidandosi di sensazioni che spesso nascondono i problemi.
“Finché non si ha un organigramma minimo come quello descritto sopra, non si ha un’azienda ma un imprenditore che si divide tra le varie aree della stessa, si trascura il controllo e la crescita aziendale, con il rischio non remoto di non farcela e dover chiudere per esaurimento fisico e finanziario”, conclude Abiuso.