Minibond, un’opportunità per favorire l’accesso al credito delle PMI
I minibond rappresentano una delle novità più significative, stimolate anche dall’evoluzione del fintech, per consentire alle PMI di accedere direttamente e in maniera più flessibile al mercato del credito senza dipendere dai tradizionali finanziamenti bancari, migliorando così la loro resilienza finanziaria. Spiega Fulvio Degrassi, founding partner dello studio legale Degrassi & Partners. Un aspetto chiave di questa trasformazione riguarda l’emissione di minibond legati a obiettivi specifici, come la conformità ESG e la sostenibilità, come evoluzione dei processi produttivi e di proposizione di impresa. Attraverso questi nuovi strumenti finanziari, infatti, le aziende possono sostenere le loro pratiche di sostenibilità e l’adeguamento ai criteri ESG, attrarre talenti e promuovere l’innovazione tecnologica. Questo tipo di obbligazioni non solo facilita il reperimento di capitali, ma crea anche un legame stretto tra gli investitori e le performance aziendali, in modo disintermediato o comunque attraverso una presenza molto più diretta e personalizzata nei confronti del mercato dei capitali con tassi di interesse che variano in base ai risultati raggiunti dall’azienda. Il ruolo delle piattaforme fintech è cruciale nello sviluppo del mercato dei minibond. Queste piattaforme rendono più accessibile e trasparente il processo di collocamento, facilitando l’incontro tra domanda e offerta di capitali. Inoltre, le fintech hanno introdotto strumenti innovativi per la valutazione del rischio e la gestione degli investimenti, aumentando la fiducia degli investitori nel mercato dei minibond. Nonostante i progressi compiuti, esistono ancora alcune barriere all’adozione dei minibond da parte delle PMI italiane. Ma un importante impulso alla semplificazione è stato introdotto dall’art.7 del DDL “Capitali” (ampliando la possibilità di emissione di obbligazioni da parte delle Srl).
La differenziazione delle fonti è sempre una pratica saggia, aggiunge Massimiliano Bosaro, AD di MF Centralerisk, sia quando si parla di fornitori di materiale “tradizionale” che quando si fa riferimento a fornitori della “materia più preziosa”, il denaro. Per questo motivo e per l’aumento in atto nel ceto bancario della rigidità con cui vengono concessi gli affidamenti, complici le instabilità geopolitiche l’alto costo del denaro ed il calo della produttività a livello europeo, ipotizzare di differenziare le fonti di approvvigionamento di denaro è cosa che noi di MF Centralerisk appoggiamo e riteniamo possa registrare una crescita quest’anno.
Dal nostro osservatorio infatti notiamo, come abbiamo già avuto modo di riportare a febbraio scorso, che si stiano delineando sempre più due cluster: chi può e chi subisce. Le imprese che possono riducono l’indebitamento verso le banche e sono tipicamente quelle di grande dimensione o gruppi le altre, quelle più piccole e con poco potere d’agire sui prezzi o con bassa patrimonializzazione, subiscono le valutazioni stringenti del ceto bancario.
Ecco che strumenti alternativi di capitale come i Minibond (basta non essere un microimpresa e quindi un fatturato < 2mio) sono assolutamente da prendere in considerazione: perché, sono finanziamenti che non vengono registrati in Centrale Rischi migliorando quindi il Rating.
Tuttavia, evidenzia Giuseppe Carteni, partner dello studio legale Lead, i principali Report di settore (tra cui il 10° Report italiano sui Minibond, della School of Management del Politecnico di Milano) mostrano per il 2023, un calo significativo al ricorso di emissioni di minibond (pari a circa meno 40%) da parte delle PMI. Questo nonostante nell’ultimo periodo ci sia stata una sostanziale tenuta delle PMI a discapito di previsioni più catastrofiche in ordine ad un incremento della PD (Probability of Default) (Report Cerved Rating Agency). Certamente, come evidenziato da tali report, un elemento determinante nella riduzione dell’utilizzo di questi strumenti di finanziamento è da individuare nella crescita del tasso di interesse richiesto dai finanziatori (incrementato di circa 200 bp nel 2023) ma non si può negare che vi sia anche un elemento endogeno delle PMI, che si caratterizzano da una non ancora adeguata cultura finanziaria e da una limitata propensione ad accedere a fonti di finanziamento alternative rispetto ai più tradizionali canali bancari. Sappiamo, dagli studi effettuati, che il tessuto delle PMI può essere in grado di esprime valori davvero rilevanti in termini di emissioni di minibond, ma il numero delle società emittenti continua a calare e probabilmente la causa è proprio da ravvisare nella mancanza di strutture interne alle PMI (che magari non accedono al marcato dei capitali, quale ad esempio l’Euronext Growth Milan) in grado di valutare l’emissione di minibond. Difficilmente si vedono aziende di dimensioni fino ai 100/150 milioni di euro di fatturato propense a valutare l’emissione di questi strumenti alternativi di finanziamento o anche ad affidarsi a consulenti specializzati per strutturare tali emissioni. Dobbiamo, e credo che sia normale, lasciare ancora un po’ di tempo alla PMI perché maturino una maggiore conoscenza del mondo finanziario, che sarà solo una questione di tempo e anche di opportunità differenziali che questi strumenti devono offrire per affrancarsi dai normali canali bancari. Vediamo infatti che nonostante una decrescita complessiva di accesso ai minibond abbiamo una crescita di quelli denominati ESG (green bond e sustainability-linked bond) che vengono emessi per finanziare progetti con impatto positivo sugli indicatori di sostenibilità. In questo segmento le emissioni di minibond godono di un elemento differenziale rispetto ai normali finanziamenti bancari e questa differenziazione li rende vincenti. Quindi, la sintesi è quella di portare le PMI verso una maggiore cultura finanziaria e creare emissioni strutturate che possano essere caratterizzate da una struttura taylor made per le diverse esigenze delle imprese.