Meglio del previsto? Gli 8 fattori da monitorare per capire il vero andamento dell’economia italiana
Nel Rapporto di marzo – affermano gli esperti di Prometeia – prevedevamo per il 2022 una crescita dell’economia italiana del 2.2%, ora indichiamo +2.9%. Sia nel 2022 sia nel 2023 il nostro Paese dovrebbe crescere più dell’Eurozona. Rivedere verso l’alto le previsioni mentre nel cuore dell’Europa continua a infuriare una guerra, con le armi e con il ricatto del blocco delle forniture di energia, e mentre l’inflazione è arrivata su livelli che non si vedevano da 35 anni, può sorprendere. Ma l’andamento superiore alle attese dell’attività nella prima parte dell’anno e l’aspettativa che i prezzi dell’energia possano aver toccato i massimi inducono Prometeia a rialzare le stime per il 2022. Le cose vanno dunque meglio di quanto immaginassimo? Non esattamente. Gli effetti del carovita sulle famiglie e degli aumenti delle tariffe energetiche sulle imprese si faranno sentire nella seconda metà dell’anno e in particolare nel 2023 (anno per il quale la stima del Pil era del 2.5%, ora è all’1.9%). La crescita cumulata nel biennio rimarrà identica, ma con una diversa scansione temporale.
Ecco gli 8 fattori da monitorare per capire dove sta andando l’economia italiana.
1. Il primo trimestre dell’anno è risultato molto migliore delle attese: prevedevamo una flessione del Pil dell’1.3%, mentre nell’ultima release l’Istat ha certificato un +0.1%
L’anno era cominciato con una caduta molto forte della produzione industriale (-3.3%), in parte dovuta ai colpi di coda del Covid-19, che a gennaio aveva costretto a casa molti lavoratori (riducendo le ore lavorate). Nonostante ci si aspettasse un rimbalzo per i mesi successivi, quello che si è realizzato è stato superiore (limitando a -0.7% la caduta della produzione industriale nel primo trimestre) mostrando un manifatturiero meno in sofferenza di quanto si pensasse. Un portafoglio ordini ancora molto buono ha permesso di traslare sui prezzi di vendita gli aumenti dei costi e ha dunque sostenuto, nonostante le incertezze, l’attività dell’industria.
2. Investimenti strumentali ed esportazioni sono cresciuti rispetto alla fine del 2021 (+2.3% e +3.5%, rispettivamente)
A questi si è aggiunta un’ulteriore forte espansione del settore delle costruzioni (+5.5% sul trimestre precedente), che prosegue la sua fase di boom trainata dagli incentivi. La ripresa del turismo e il desiderio delle persone di tornare alla vita di prima stanno sostenendo anche i servizi.
3. Gli impulsi di segno negativo possono essere tutti sintetizzati nell’aumento dei prezzi
Non solo l’energia, i cui effetti sono in parte calmierati dagli interventi del governo per le famiglie a basso reddito, ma anche alimentari e servizi stanno crescendo sensibilmente e ormai più di metà dei prezzi incorpora un’inflazione ben superiore al 2%. Mentre molte imprese riescono a scaricare a valle l’aumento dei costi, le famiglie a reddito fisso stanno sperimentando una fortissima decurtazione del proprio reddito reale. Si pensi che un’inflazione dell’8% per un anno intero equivarrebbe alla perdita di potere d’acquisto di una mensilità.
4. Petrolio e gas metano sono da tempo su livelli massimi
Nonostante gli interventi dei governi per mitigarne gli effetti sull’inflazione, essa ha raggiunto nelle prime stime di giugno l’8.6% nell’Eurozona e l’8% in Italia, livelli che non si osservavano dagli anni ‘80.
5. La spesa delle famiglie è scesa (-0.8%) nel primo trimestre
Questo fenomeno riflette il clima di incertezza gravato dalla nuova ondata della variante Omicron e dalla guerra. L’evoluzione dei consumi, tra reddito reale ridotto dall’inflazione e risparmi accumulati (non per tutti) durante la pandemia, sarà una variabile chiave per definire l’andamento dell’economia nei prossimi mesi.
6. L’inflazione ha anche portato a una dura presa di realtà da parte delle banche centrali e a un’anticipazione del percorso di normalizzazione delle politiche monetarie
Il primo aumento dei tassi di policy nell’area euro è annunciato per luglio, ma i mercati hanno già incorporato tali aumenti innalzando i rendimenti a più lungo termine, con i segmenti azionari che hanno conosciuto correzioni significative. Famiglie e imprese sono così alle prese con una decurtazione del valore di mercato dei loro asset finanziari e un aumento dei tassi sui prestiti, il settore pubblico ha visto salire il costo del servizio sul debito.
7. Se il secondo trimestre potrà registrare ancora una crescita (stimiamo un +0.5% sul primo), portando la crescita acquisita per il 2022 al 3%, nel secondo semestre la crescita del Pil si fermerà
Non prevediamo al momento una recessione “tecnica”, perché riteniamo che nei mesi estivi il contributo di turismo e servizi, oltre che delle costruzioni, possa bilanciare la caduta dell’industria e dei consumi di beni. Contributo che, invece, non sarà sufficiente nei mesi autunnali, quando si potrà registrare una contrazione del prodotto interno lordo.
8. Nel 2023 potrebbe esserci una nuova ripresa, anche se il trascinamento negativo dal 2022 taglierà la crescita media del 2023 all’1.9%
Confermiamo la crescita che stimavamo a marzo per il biennio 2022-2023, ma con una diversa scansione temporale, poiché gli effetti del caro energia sulle imprese e dell’inflazione sulle famiglie sono ritardati rispetto a quanto ci aspettavamo. L’attività sarà sostenuta dagli investimenti finanziati dal PNRR e dal recupero della propensione al consumo. Il “tesoretto” accumulato durante la pandemia da famiglie e imprese sarà fondamentale sia per favorire la tenuta dei consumi nonostante la perdita di potere d’acquisto sia per garantire la resilienza delle imprese. Prometeia ipotizza infatti che non si avvierà una rincorsa prezzi-salari: ciò implica che lo shock da offerta, e quindi il trasferimento di reddito all’estero, sarà pagato in misura importante dai lavoratori dipendenti.