Mef: pubblicate le statistiche sulle dichiarazioni IRES ed IRAP dell’anno di imposta 2020
Il Ministero dell’economia e delle finanze ha pubblicato le statistiche sulle dichiarazioni IRES (Imposta sul Reddito delle Società) e IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) relative all’anno d’imposta 2020 e presentate nel corso degli anni 2021 e 2022. Occorre considerare che i dati fiscali tengono conto anche delle società di capitali il cui anno d’imposta non coincide con l’anno solare e, conseguentemente, per questi soggetti, il periodo d’imposta 2020 si conclude nel corso del 2021. Questa pubblicazione, comprendendo anche le statistiche sulle dichiarazioni Ires presentate dai soggetti che utilizzano il modello Redditi – Enti non commerciali, completa i dati statistici relativi alle dichiarazioni fiscali per l’anno d’imposta 2020.
IRES
Il contesto macroeconomico nel 2020, contraddistinto dalla crisi causata dall’emergenza pandemica da Covid-19, è stato caratterizzato da una forte contrazione del Pil (-7,6% in termini nominali e -9,0% in termini reali). Nell’anno d’imposta 2020 le dichiarazioni delle società di capitali sono state 1.280.602, in crescita rispetto all’anno precedente (+1,4%). Quasi tutte le società di capitali (90,5%) sono costituite da società a responsabilità limitata. Il 54% dei soggetti ha dichiarato un reddito d’impresa rilevante ai fini fiscali, il 39% ha dichiarato una perdita e il 7% ha chiuso l’esercizio in pareggio. Il reddito fiscale dichiarato, pari a 162,8 miliardi di euro, subisce una riduzione (-11,6%). Tra i settori che registrano una contrazione maggiore del reddito vi sono: “attività dei servizi di alloggio e ristorazione” (-75%; si tratta infatti dal settore più colpito dalle restrizioni nel periodo pandemico), “trasporto e magazzinaggio” (-43%) e “attività finanziarie” (-20%). L’ammontare della perdita fiscale, pari a 86,3 miliardi di euro, mostra un incremento del 49%. L’incremento delle perdite ha colpito in particolare il settore “alloggio e ristorazione” (il valore è triplicato rispetto al 2019) e “trasporto e magazzinaggio” (il valore è raddoppiato rispetto al 2019). Tali dinamiche riflettono presumibilmente gli effetti della crisi causata dal Covid-19.
Nel 2020 le società di capitali hanno dichiarato un imponibile[1] di 129,2 miliardi di euro (-13,1% rispetto al 2019). Se si analizza distintamente l’imponibile dichiarato nel modello Redditi e quello dichiarato nel modello Consolidato emerge che le società che liquidano in regime ordinario hanno registrato una riduzione dell’imponibile del 5,6% rispetto al 2019, prevalentemente concentrato nei settori “trasporto e magazzinaggio” (-31,6%), “attività dei servizi di alloggio e ristorazione” (-73,6%) e “manifatturiero” (-3,9%). L’imponibile del consolidato si riduce del 25,9% rispetto al 2019, passando da 55,1 a 40,9 miliardi di euro. Le riduzioni maggiori del reddito da consolidato si sono concentrate prevalentemente nel settore “finanziario e creditizio” (-42,7%).
Nel 2020 le società di capitali che hanno dichiarato imposta sono pari al 50,3% del totale, in forte diminuzione rispetto l’anno precedente; il rimanente 49,7%[2] non ha dichiarato imposta o ha un credito. Le società che sono soggette a tassazione ordinaria dichiarano un’imposta netta pari a circa 21,1 miliardi di euro (-5,7% rispetto al 2019), mentre i gruppi societari che hanno optato per il regime fiscale del consolidato dichiarano un’imposta netta di circa 9,8 miliardi di euro (-25,9% rispetto al 2019).
I contribuenti che hanno presentato il modello “Redditi ENC – Enti non commerciali” per l’anno d’imposta 2020 sono stati 144.492 (-1,9% rispetto all’anno precedente). Classificando i soggetti in base alla natura giuridica, si rileva che le Associazioni non riconosciute e comitati rappresentano il 63,3% del totale degli Enti non commerciali, seguite dalle “Altri enti ed istituti con personalità giuridica” (che include gli enti religiosi e le parrocchie) che rappresentano il 10,4% del totale. L’imposta netta totale dichiarata risulta pari a 656 milioni di euro.
Aiuto alla Crescita Economica – ACE
Nel 2020 la quota ammessa in deduzione dal reddito d’impresa del rendimento figurativo del capitale proprio (cosiddetta ACE “Aiuto alla crescita economica”) è confermata all’1,3%. Le società di capitali con diritto alla deduzione ACE sono oltre 328.000 (+0,6% rispetto al 2019), per un ammontare di deduzione spettante di 19,1 miliardi di euro (+3,7% rispetto al 2019). L’eccedenza pregressa relativa all’anno precedente, pari a 10,8 miliardi di euro (-1,6% rispetto al 2019), ha riguardato oltre 82.900 società, mentre l’ammontare di deduzione non utilizzata nell’anno e riportabile agli anni successivi è pari a 12,4 miliardi di euro (+10,2% rispetto al 2019).
La quota di ACE detenuta dai soggetti con ricavi superiori a 50 milioni di euro è pari al 45% dell’ammontare complessivo, mentre l’analisi per sezione di attività evidenzia che circa il 60% dell’ACE spettante proviene complessivamente da due settori: “attività finanziarie ed assicurative” (35%, pari a 6,7 miliardi di euro) ed “attività manifatturiere” (25%, pari a 4,7 miliardi di euro). Focalizzando l’attenzione sull’importo ACE utilizzato nel 2020 emerge che oltre 208.000 società ne hanno usufruito individualmente per un ammontare complessivo di oltre 3,5 miliardi di euro, mentre per le società partecipanti al consolidato fiscale l’utilizzo complessivo è stato di 3,2 miliardi di euro.
Analisi della deducibilità degli interessi passivi
Le regole sulla deducibilità degli interessi passivi[3] influiscono sostanzialmente sulla determinazione del reddito imponibile ai fini Ires. In estrema sintesi, sono interamente deducibili gli interessi passivi fino all’ammontare corrispondente a quello degli interessi attivi, mentre gli interessi passivi che eccedono quelli attivi sono deducibili nei limiti del 30% del Reddito Operativo Lordo (ROL). Gli interessi passivi di periodo iscritti in bilancio ammontano a 30,2 miliardi di euro (+1,2% rispetto al 2019), mentre quelli afferenti a periodi precedenti, e riportabili in quanto non dedotti precedentemente, ammontano a 37,4 miliardi di euro (-2,7% rispetto al 2019). La quota di interessi deducibili (comprensiva di quelli dei periodi precedenti) è pari a circa 25 miliardi di euro (37% del totale). Classificando le società per classi di volume d’affari, si rileva che la percentuale degli interessi deducibili raggiunge il 53,7% nelle società con volume d’affari da 5.615.000 a 25.000.000 euro, mentre scende al 12,5% nella classe da 0 a 200.000 euro.
Patent Box
A partire dall’anno d’imposta 2015 è stata introdotta la possibilità di optare per un trattamento di favore dei redditi derivanti dall’utilizzo di brevetti industriali, marchi, opere di ingegno, processi e disegni industriali. Nel 2017 i marchi d’impresa sono stati esclusi dal regime patent-box; tuttavia sono state previste alcune disposizioni di salvaguardia per le opzioni esercitate precedentemente, per le quali rimane aperta una finestra temporale (cd. grandfathering) per continuare a sfruttare tale agevolazione entro il 30 giugno 2021. L’opzione ha una durata di 5 esercizi ed è irrevocabile.
Dalle dichiarazioni per il 2020 risultano oltre 1.700 società che hanno utilizzato l’agevolazione per un ammontare di reddito detassato e plusvalenze esenti pari a 3,1 miliardi di euro (la metà del valore del 2019). La contrazione maggiore (da circa 4 a 1,5 miliardi di euro) si registra nel settore “manifatturiero”. Il 48,3% del totale dell’agevolazione è utilizzato nel settore manifatturiero. Il regime patent box per le annualità successive al 2021 è stato profondamente modificato dal decreto legge n. 146/2021 e dalla Legge di Bilancio per il 2022.
Crediti d’imposta per investimenti in beni strumentali e per ricerca e sviluppo
Tra i principali crediti d’imposta usufruibili dalle società di capitali meritano attenzione i crediti per investimenti in beni strumentali materiali ed immateriali che nel 2020 hanno sostituito precedenti agevolazioni (ex super-ammortamento e iper-ammortamento).
Dal 2020, infatti, le agevolazioni super-ammortamento e iper-ammortamento, quest’ultimo funzionale a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», sono state trasformate in crediti d’imposta a partire dal 2020. Le precedenti deduzioni permangono solo fino a completamento del periodo di ammortamento degli investimenti effettuati negli anni precedenti.
Nel dettaglio, si segnalano il credito d’imposta per investimenti in beni materiali (ex super-ammortamento) dichiarato da oltre 157.000 soggetti per un ammontare di 771 milioni di euro; il credito d’imposta per investimenti in beni materiali 4.0 dichiarato da oltre 15.500 soggetti per un ammontare di 1,5 miliardi di euro; il credito d’imposta per investimenti in beni immateriali 4.0 dichiarato da oltre 2.800 soggetti per un ammontare di circa 19,9 milioni di euro ed il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, in transizione ecologica e in innovazione tecnologica (L. 160/2019) dichiarato da oltre 18.100 soggetti per un ammontare di 1,2 miliardi di euro. Questi crediti d’imposta sono finanziati in parte con i fondi PNRR[4].
È importante sottolineare che gli investimenti possono aver risentito della crisi legata al Covid-19 e pertanto l’ammontare di utilizzo dei crediti d’imposta legati agli investimenti può risultare più basso delle aspettative. Statistiche preliminari di utilizzo degli incentivi negli anni successivi sembrano indicare un rimbalzo significativo degli investimenti già nel 2021.
Infine, le informazioni desunte dalle dichiarazioni mostrano che oltre 19.000 soggetti hanno beneficiato del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi nel Mezzogiorno[5] effettuati dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019. L’ammontare del credito si attesta a circa 1,2 miliardi di euro (in lieve calo rispetto agli 1,3 miliardi di euro dell’anno precedente).
IRAP
Il numero dei soggetti che hanno presentato la dichiarazione Irap[6] per l’anno d’imposta 2020 è pari a 3.354.929 (-2,1% rispetto al 2019). La contrazione ha interessato in misura prevalente le persone fisiche (-4,5% rispetto al 2019) e le società di persone (-3,7% rispetto al 2019).
I soggetti che dichiarano un valore della produzione diverso da zero (al netto delle deduzioni del costo del lavoro) sono 2.924.367 (-2,6% rispetto al 2019), per un ammontare complessivo di circa 345 miliardi di euro (-17,7% rispetto al 2019). La riduzione ha interessato in particolare i settori: “attività dei servizi di alloggio e ristorazione (settore più colpito dalle restrizioni dovute alla pandemia, che passa da 12,3 miliardi a -1,2 miliardi di euro), “trasporto e magazzinaggio” (-50%), “attività finanziarie ed assicurative” (-43%) e “manifatturiero” (-18,5%).
La base imponibile complessiva è risultata pari a circa 416 miliardi di euro (-11% rispetto al 2019); se si considera invece solo la base imponibile dell’attività istituzionale della P.A., costituita dall’ammontare delle retribuzioni corrisposte (pari a 114,4 miliardi di euro), si registra un andamento in linea con l’anno precedente.
L’imposta dichiarata per l’anno 2020 è stata pari a 22,5 miliardi di euro (-9,2% rispetto al 2019), con un valore medio pari a 12.800 euro. Sulla base del luogo in cui è svolta l’attività produttiva, il 51% dell’imposta è dichiarata al Nord e il 17% al Sud, in linea con l’andamento dell’anno precedente. Per quanto riguarda l’anno d’imposta 2020, le deduzioni per lavoro dipendente[7] sono pari a oltre 399 miliardi di euro (-5,9% rispetto al 2019) e sono utilizzate per il 90% dalle società di capitali.
LE IMPRESE
Con la pubblicazione dei dati delle Società di Capitali è ora possibile consultare sul sito internet del Dipartimento delle Finanze tutte le statistiche relative all’anno d’imposta 2020 delle 3.062.904 imprese italiane: 1.177.243 ditte individuali, 605.059 Società di persone e 1.280.602 Società di capitali.
Tutti i dati statistici e le analisi sono disponibili sul sito www.finanze.gov.it seguendo il percorso “dati e statistiche fiscali/ dichiarazioni / 2020”.