L’Italia ha tirato il freno a mano: Pil 2024 a +0,4%
Pil Italia 2023: +0,7%; 2024: +0,4%
Pil Eurozona 2023: +0,5%; 2024: +0,4%
Pil Mondo 2023: +3,1%; 2024: +2,6%
L’economia italiana è ferma da un anno: nel terzo trimestre il Pil è cresciuto dello 0,1% sia sul trimestre precedente sia su un anno prima. Tuttavia, l’inflazione a due cifre (15,7% quella cumulata dal 2021) e l’inasprimento delle condizioni monetarie messo in atto per contrastarla hanno solo interrotto la crescita, senza portare l’economia in recessione.
Pil e inflazione 2023-2024
Per il quarto trimestre dell’anno Prometeia stima una lieve contrazione del Pil (-0,1%), dovuta soprattutto alla frenata dei consumi. Si conferma comunque una previsione di crescita 2023 allo 0,7%, quanto già acquisito nel corso dei primi nove mesi dell’anno. L’eredità lasciata al 2024 sarebbe quindi leggermente negativa (-0,1%). Nell’ipotesi che non ci siano ulteriori shock internazionali, nei prossimi trimestri si potrà riavviare una ripresa che porterà l’economia italiana a crescere: Prometeia prevede un incremento del Pil 2024 a +0,4%, frenato dal trascinamento negativo, ma in accelerazione poiché l‘incremento tendenziale passerà dal -0,1% di fine 2023 a +0,8% di fine 2024, ritmo di crescita sul quale ci si stabilizzerà nella media degli anni successivi.
Sul fronte dell’inflazione prevediamo un rallentamento che l’anno prossimo porterà l’indice al 2,1% e nel 2025 all’1,9%. La core inflation rimarrà al 2,5% il prossimo anno e scenderà verso il 2% solo successivamente.
Alla fine del 2024 i livelli di Pil saranno comunque superiori del 4,2% rispetto al 2019, quelli di occupazione del 2,9%, pari a 745mila occupati in più, il tasso di disoccupazione più basso di 2,2 punti percentuali: risultati che si riflettono in un risparmio finanziario delle famiglie cresciuto di 160 miliardi di euro e in un saldo finanziario delle imprese produttrici migliore per 150 miliardi.
Debito pubblico, l’ostacolo da superare
L’economia italiana può uscire da questa fase non particolarmente appesantita da zavorre e dunque pronta a cogliere le opportunità che il nuovo scenario internazionale fornirà. Ma dovrà far fronte al problema del debito pubblico.
Debito che è cresciuto rispetto al 2019 di circa 6 punti. L’indebitamento era all’1,5% del Pil nel 2019 e sarà verosimilmente al 5,3% nel 2023. Con la disattivazione della general escape clause a fine 2023, si chiude il periodo di sospensione delle regole fiscali. Qualunque forma prenderà il Patto di Stabilità e Crescita in discussione a Bruxelles, i nostri conti pubblici dovranno affrontare un percorso di riduzione del debito. In questo contesto, la Legge di Bilancio per il 2024 presenta diversi aspetti problematici, avendo scelto di destinare a misure espansive le risorse liberate dal venire meno dei supporti per il caro energia finanziandole in prevalenza in disavanzo. Non si riduce il deficit, se non in misura modesta (dal 5,3% al 4,7%, nelle nostre stime), e si rimanda a fine 2024 la decisione di dove reperire risorse permanenti per finanziare i tagli del cuneo per i redditi medio-bassi. Col rischio di incorrere in richiami da parte della Commissione e contribuire a puntare ancora i riflettori dei mercati sul nostro debito.
Le leve di crescita: il PNRR
Con politiche monetarie e fiscali che potranno essere al più neutrali, in un contesto internazionale in cui le tensioni geopolitiche e le difficoltà della Cina proiettano scenari di crescita del commercio molto meno dinamici che in passato, le leve della crescita dovranno essere trovate in Europa e direttamente in Italia. Tradotto: per la maggior parte nel PNRR, a disposizione fino al 2026. La sua nuova definizione prevede un aumento di 2,9 miliardi di euro e una parziale redistribuzione delle risorse dagli investimenti diretti ai contributi e verso la transizione climatica, oltre a prendere atto delle difficoltà di attuazione e spostando in avanti gli effetti sull’attività economica. Proiettiamo la crescita del Pil effettivo dell’Italia nel biennio 2025-2026 allo 0,8%, dunque superiore alla crescita potenziale, proprio tenendo conto degli effetti espansivi delle misure finanziate col PNRR.
Un debole quadro economico globale e l’azione delle banche centrali
Vari fattori portano a stimare una crescita globale debole nel 2024. Dopo la buona crescita nel terzo trimestre, l’economia americana inizia a mostrare segni di rallentamento; i consumi stanno frenando, nel contesto di risparmi pandemici in eccesso in via di esaurimento. L’area euro è praticamente in stagnazione da un anno, e la sua economia al momento più debole, quella tedesca, deve affrontare un’imprevista correzione dei conti. Le difficoltà cinesi aggiungono ragioni di prudenza, con le misure messe in atto dalle autorità per limitare le tensioni nel mercato immobiliare e rilanciare l’attività economica che mostrano un’efficacia limitata. Inoltre, l’incertezza relativa a importanti elezioni che si terranno nel prossimo anno – dalle presidenziali americane a quelle per il rinnovo del Parlamento europeo, nonché a Taiwan e in India – peserà sulle scelte degli operatori economici.
In tale contesto le prospettive per le banche centrali stanno cambiando. Nell’area euro i recenti cali della dinamica dei prezzi riflettono in gran parte effetti base legati ai forti aumenti dei prezzi energetici nell’autunno dello scorso anno, ma non si osservano tensioni al rialzo su altre componenti. Negli Stati Uniti, il calo dei prezzi dei beni durevoli sta facendo rapidamente scendere l’indice aggregato. Il calo dell’inflazione corrente si rifletterà sul calo dell’inflazione attesa e porterà a un aumento dei tassi di interessi reali, che sarà più sostenuto fintanto che le principali banche centrali lasceranno invariati i tassi di interesse nominali.
Nel contesto di una forte debolezza economica globale, riteniamo dunque probabile una prima riduzione dei tassi a partire da giugno per la Fed e luglio per la Bce. Al tempo stesso, in assenza di tensioni sulle condizioni di liquidità, la riduzione dell’attivo continuerà anche nella fase in cui i tassi cominceranno a calare.
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