Le qualità del leader nella crisi: pensare e agire velocemente, fuori dagli schemi
Qualcuno ricorderà l’atterraggio di emergenza di un aereo della US Airways con 155 persone a bordo, avvenuto sul fiume Hudson, a pochi metri di distanza dai grattacieli di Manhattan.
Il 15 gennaio 2009 un aereo Airbus A320, un due motori turbofan, molto diffuso e utilizzato nell’aviazione civile, decolla dall’aeroporto La Guardia di New York diretto a Charlotte nella Carolina del Nord. Il cielo è limpido, fa un gran freddo, diversi gradi sotto zero. All’orizzonte, qualche stormo di uccelli in volo.
Al comando Chesley Sullenberger, 57 anni, nell’aviazione civile da quasi 30 anni. Al suo fianco, Jeff Skiles, pilota di otto anni più giovane e altri tre membri dell’equipaggio. Un paio di minuti dopo il decollo, una formazione di uccelli, probabilmente oche del Canada, entra in rotta di collisione con l’aeroplano. L’impatto è inevitabile. Non tutti i passeggeri capiscono subito cosa succede, ma è impossibile non accorgersi delle esplosioni e del fumo provenienti dai motori. Avviene tutto in meno di un minuto. I motori smettono di funzionare, l’aero inizia a perdere lentamente quota.
Il pilota contatta subito la torre di controllo. Il controllore di volo ferma all’istante tutti gli aerei in partenza e gli dà istruzioni di una rotta di emergenza per rientrare. Sullenberger in pochi istanti si rende conto che non ce l’avrebbe fatta a riportare indietro l’aereo, che proseguiva la planata a motori spenti.
Informa i passeggeri dell’incidente con lo stormo di uccelli. Non dice che esclude ogni possibilità di compiere un atterraggio di emergenza al La Guardia o nel New Jersey. Sotto di loro, a 500 metri, si vedono le case, le strade, il traffico di New York.
“Andiamo nell’Hudson”
Consapevole di avere pochissimo tempo per risolvere la situazione, Sullenberger dice al controllore di volo: «Andiamo nell’Hudson». Il fiume diventa la pista per un atterraggio di emergenza di un aeroplano di 37,6 metri e con ali di 34 metri. L’aereo passa radente sopra il ponte George Washington. Gli abitanti della zona capiscono che c’è qualcosa che non va. Qualcuno teme un nuovo attacco terroristico sulla città, dopo quello del 2001.
Novanta secondi prima del contatto con l’acqua, Sullenberger dice all’equipaggio la frase standard: “Prepararsi all’impatto”. Le istruzioni di emergenza ai passeggeri, quelle che nessuno ascolta prima del decollo, sono ripetute rapidamente e più nel dettaglio. Il pilota esegue un perfetto ammaraggio, facendo planare lentamente l’aereo. Dopo sei minuti dal decollo, l’Airbus termina il proprio volo a motori spenti nel fiume Hudson.
Il pericolo non è finito.
L’aereo inizia a imbarcare l’acqua gelida del fiume. Le ali diventano una zattera e viene aperto uno degli scivoli gonfiabili di emergenza per i passeggeri, ancora frastornati e increduli. 155 persone in piedi sulle sue due ali e su uno scivolo gonfiabile. Usciti tutti, Sullenberger percorre avanti e indietro la cabina per assicurarsi personalmente che tutti i passeggeri e l’equipaggio siano effettivamente fuori dall’aereo. E’ l’ultima persona a lasciare l’aeroplano. Il primo battello di soccorso, dopo quattro minuti dal momento in cui l’aereo è nell’Hudson avvia le operazioni di salvataggio. Tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio sono recuperati e portati sulla terra ferma. Molti di loro vengono soccorsi subito per ipotermia o contusioni. Nei giorni seguenti ricevono un aiuto psicologico per superare il trauma subito, curare insonnia e attacchi di panico.
Il pilota Sullenberger commenta l’accaduto, dicendo “Ho fatto solo il mio dovere, con un po’ di fortuna.” A lui e all’equipaggio furono date le chiavi della città di New York.
Lucidità e nervi saldi nella crisi. Senso di responsabilità verso le persone a bordo. Coraggio nella analisi. Velocità nella reazione e decisione. Soluzione fuori dagli schemi. Esecuzione impeccabile. Cura e attenzione in ogni momento della crisi. Modestia.
Le qualità di un leader.