Le PMI e le nuove assunzioni nel 2022
Come sottolineato dall’ Istat a gennaio 2021 l’occupazione è cresciuta di 700mila unità rispetto al 2021, ed è ormai vicina a raggiungere i livelli immediatamente precedenti alla pandemia: per toccare quella soglia mancano ancora 115mila unità. Tra i motori di questa progressiva crescita ci sono ovviamente le PMI, che durante l’anno scorso hanno assunto migliaia di nuovi dipendenti e che continueranno a farlo anche nel corso del 2022.
Ma quali saranno le esigenze delle PMI nei prossimi mesi? E quali saranno le sfide che dovranno affrontare? Lo abbiamo domandato a Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati (www.adamiassociati.
«Tra gli elementi di novità nel 2022 c’è la consapevolezza delle imprese italiane di trovarsi di fronte agli effetti del fenomeno “Great Resignation”, ovvero di quell’aumento esponenziale delle dimissioni volontarie che si è registrato oltreoceano negli ultimi mesi» ha spiegato Adami, aggiungendo che «indubbiamente in Italia questo fenomeno ha avuto dimensioni decisamente minori rispetto a quanto visto negli Stati Uniti, e sicuramente l’incremento delle dimissioni è registrato soprattutto nelle realtà più grandi. Anche le PMI, però, stanno correndo ai ripari, mettendo in atto delle apposite strategie di retention». Da qui, dunque, gli investimenti che vengono fatti nelle aziende per ridurre il tasso di turn over, per mantenersi competitive e per ridurre per quanto possibile i rallentamenti causati dalle dimissioni.
A caratterizzare il 2022 non sarà però unicamente l’accresciuta attenzione sul fronte retention.
«I cacciatori di teste della nostra società di head hunting stanno notando anche una sensibile trasformazione nei criteri di assunzione delle PMI, le quali riconoscono sempre maggiore priorità alla qualità dei profili da inserire in azienda. La preferenza è quella di assumere un professionista talentuoso ed esperto, a fronte di stipendi medio-alti o alti, piuttosto che optare per l’assunzione di due dipendenti con competenze di livello minore» ha spiegato l’head hunter.
La maggior parte delle imprese, in quasi tutti i settori, lamenta una particolare difficoltà nell’individuare candidati che rispondano ai requisiti richiesti.
«In certi casi specifici il gap tra domanda e offerta si fa particolarmente forte. Ma il problema è in realtà generale, con le aziende che non mettono in campo un processo di ricerca e selezione strutturato e professionale che, inevitabilmente, si trovano a vedersi sottrarre dai competitors i talenti presenti sul mercato. Sta però crescendo la consapevolezza che sia necessario mettere in campo una maggiore proattività sul fronte del recruiting, agendo su più canali, per incrementare le possibilità di trovare il candidato ideale», conclude l’head hunter Carola Adami.