Le imprenditrici italiane? Giovani, istruite ed eco-friendly
L’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere ha recentemente stimato che le donne libere professioniste in Italia sono circa 3 milioni e rappresentano il 27% del numero totale di partite iva attive. Sono impegnate soprattutto nei servizi dedicati al benessere e alla cura della persona, nel settore dell’educazione e dell’istruzione, oltre che in servizi culturali e di supporto sociale per la collettività.
Attraverso i dati ricavati dal proprio Osservatorio annuale sulla Piccola Impresa in Italia ProntoPro.it, portale che mette in contatto domande e offerte di servizi professionali, conferma questa tendenza, anche se rispetto alla media nazionale il numero di donne iscritte al portale è maggiore: ricopre il 40% del totale.
Le libere professioniste e titolari di piccole imprese si propongono soprattutto per consulenza e servizi professionali (33%) nel ruolo di notai, avvocatesse o commercialiste, seguono le consulenti per il benessere e la cura della persona in veste di psicologhe o nutrizioniste, ma anche esperte in makeup (26%) e le insegnanti che offrono lezioni di lingue straniere, ripetizioni scolastiche o corsi per qualsiasi tipo di passione, dal canto alla cucina (17.5%). Altro settore particolarmente nutrito è quello dei servizi per la casa (12,5%) che vede impiegate molte donne nel ruolo di collaboratrici domestiche, ma anche interior designer e decoratrici pittoriche, ultima e folta categoria quella delle organizzatrici di eventi, che comprende pasticcere, wedding planner, ma anche fotografe e videomaker (11%).
L’impatto del Covid sull’imprenditoria femminile
Che impatto sta avendo il Coronavirus sulle professioniste italiane e quanto è stato utile il supporto fornito fino ad ora dalle istituzioni? Il 53% delle lavoratrici ha visto dimezzare il proprio fatturato nel 2020, una percentuale che cala nel caso degli uomini al 45%. Interrogate sull’utilità dei ristori previsti dal governo per le categorie più in difficoltà, 1 professionista su 2 li ha dichiarati inutili a colmare le perdite, inoltre per 1 su 3 le modalità di accesso erano poco chiare. Nonostante la poca fiducia nei supporti offerti ne ha fatto richiesta il 53% delle intervistate, e fra loro 2 professioniste su 3 affermano di averli già ricevuti. L’atteggiamento diventa più positivo nell’analizzare i possibili sviluppi futuri: il 60% delle lavoratrici confida che l’attuale governo presenterà al Parlamento Europeo un piano efficace per l’accesso al Recovery Fund.
Giovani, istruite ed eco-friendly
Nel confronto con i colleghi uomini le libere professioniste risultano più giovani, il 22% delle donne imprenditrici ha infatti fra i 20 e i 35 anni, contro il 15% dei colleghi maschi; sono inoltre sul mercato da meno tempo: il 48% delle professioniste esercita la propria attività da meno di 10 anni, nel caso degli uomini la percentuale si abbassa al 35%. Le donne delle nuove generazioni sono quindi più predisposte ad intraprendere una carriera nel settore del lavoro autonomo e lo fanno soprattutto da sole: il 72% di loro dichiara infatti di lavorare senza il supporto di nessun collaboratore, contro il 58% dei colleghi uomini. L’indagine di ProntoPro evidenzia infine che le donne imprenditrici hanno un livello di istruzione più elevato, il 64% di loro ha conseguito una laurea, la percentuale scende al 14% nel caso degli uomini, tra i quali prevalgono i diplomati presso un istituto superiore.
Le donne risultano più sensibili al tema sostenibilità rispetto agli uomini, ma anche rispetto ai risultati raccolti lo scorso anno da ProntoPro. Nel 2019 la percentuale di donne che sceglie di spostarsi a piedi o con mezzi green come la bicicletta e i trasporti pubblici era del 32%, contro un 12% per gli uomini. Oggi questo dato ha mostrato una forte crescita arrivando a un 42% per le donne. Anche i piccoli gesti possono fare la differenza nella lotta contro il cambiamento climatico.