Lavoro sostenibile: cosa significa per aziende e lavoratori?
- 8 aziende su 10 ritengono i propri dipendenti ingaggiati, autonomi, aperti al cambiamento e motivati ad investire sul proprio percorso professionale
- Regolarità, equità, meritocrazia, corretta intensità del lavoro, retribuzione benefit e welfare soddisfacenti: gli elementi che per i lavoratori rendono un lavoro sostenibile
- Politiche attive del lavoro: la misura più richiesta dalle aziende alle istituzioni per rendere il lavoro sostenibile
Maggiore autonomia, disponibilità al cambiamento, ingaggio e motivazione ad investire sul proprio percorso professionale: questo il quadro che emerge indagando la percezione che le aziende hanno delle condizioni dei loro dipendenti in questo particolare momento storico. Non mancano segnali di stress, stanchezza e timore, maggiormente avvertiti nelle aziende che non prendono in considerazione la sostenibilità.
In un momento storico caratterizzato da transizioni demografiche, tecnologiche ed ecologiche, si deve sostenere e agevolare la cooperazione fra persone, organizzazioni, corpi intermedi, parti sociali, mondo della scuola e istituzioni per contribuire a realizzare uno sviluppo sostenibile. In questo contesto Gi Group – prima multinazionale italiana del lavoro – è profondamente convinta che il lavoro debba assumere centralità e debba essere reso sostenibile per le persone, le organizzazioni e la società.
Per questo Gi Group ha deciso di impegnarsi in un percorso che ha l’obiettivo di definire un modello di Lavoro Sostenibile, che possa essere concreto, misurabile e replicabile. L’evento in live streaming “Vivere il lavoro: un impegno condiviso per il Lavoro Sostenibile” è stata l’occasione per condividere l’impegno della prima multinazionale italiana del lavoro, presentare l’Osservatorio e creare un primo momento di confronto e dibattito sul tema insieme ad alcuni membri del Comitato Scientifico.
Tra i contributi condivisi anche i risultati della survey condotta da Gi Group a livello nazionale (su un campione di 200 aziende e di 1.000 persone, tra i 15 e i 64 anni, statisticamente significativo per generazione, sesso e area geografica) con l’obiettivo di avere una fotografia della percezione di aziende e persone, comprendere quali priorità e iniziative si aspettano dalle istituzioni, oltre alle priorità nella ricerca di lavoro.
Gli effetti della pandemia sull’organizzazione del lavoro
La pandemia ha portato le organizzazioni ad investire maggiormente in smart working, digitalizzazione, flessibilità: le realtà che già sono attive o certificate rispetto al tema della sostenibilità e le realtà di grandi dimensioni, hanno mostrato una maggior implementazione di queste soluzioni, evidenziando allo stesso tempo un minore impatto sulla riduzione di produttività e di risultati economico-finanziari.
Gli elementi che rendono sostenibile il lavoro per aziende e lavoratori
Le aziende ritengono che la misura più importante per favorire la sostenibilità del lavoro consista nell’investire nelle politiche attive del lavoro.
Tra gli elementi ritenuti rilevanti per rendere un lavoro sostenibile emergono meritocrazia equità e inclusione ambiente di lavoro positivo e sicurezza del lavoro (sicurezza nel medio-lungo periodo, sostegno nelle transizioni, solidità aziendale), indicati da oltre il 45% delle imprese con un voto pari a 9 o 10. Le aziende già attive o certificate rispetto alla sostenibilità ritengono che gli elementi principali per rendere il lavoro sostenibile siano sviluppo personale e professionale (61,8%), meritocrazia equità e inclusione (59,2%), ambiente di lavoro positivo (59,2%) e innovazione (57,9%). Le aziende di piccole dimensioni indicano come terza voce per rendere il lavoro sostenibile gli aspetti economici (retribuzione, benefit e welfare soddisfacenti) (43,2%) mentre le grandi danno a tutte le voci importanza maggiore e indicano al secondo posto, al pari di sicurezza, lo sviluppo personale e professionale (51,8%) e al terzo posto aspetti economici e management (50%).
Per i lavoratori, gli elementi che rendono un lavoro sostenibile sono la regolarità (contratto, contributi, pagamenti) (46,9%), a cui seguono equità e meritocrazia (40,2%) e la corretta intensità del lavoro, indicata da circa il 40% del campione, e la retribuzione di benefit e welfare soddisfacenti 37%.
Quando le persone ricercano un lavoro, oltre la metà del campione vorrebbe svolgere un lavoro che lo appassiona e oltre un quarto preferirebbe un contratto a tempo indeterminato.
Analizzando il dato per generazione, l’ordine delle preferenze non cambia. Tuttavia, nella Generazione Y cresce l’importanza attribuita al contratto a tempo indeterminato (con la percentuale più alta rispetto agli altri cluster 35,1%), mentre scende sotto il 50% la percentuale di chi vorrebbe un lavoro che li appassioni (42,0%).
Cosa si aspettano aziende e lavoratori dalle istituzioni
Per rendere il lavoro sostenibile, le aziende indicano alle istituzioni di investire innanzitutto nelle politiche attive del lavoro (39,8%), con una preferenza ancora più marcata da parte delle piccole imprese (45,7%), mentre i sistemi di certificazione delle competenze sono maggiormente indicati dalle imprese medie (34,4%) e grandi (35,7% primo posto pari merito con politiche attive).
Le persone indicano ai primi posti i servizi di supporto al lavoro di cura dei bambini (45,1% vs. 24,4% delle aziende), i percorsi formativi di qualità a livello territoriale ad accesso gratuito (42% vs. 21,4% delle imprese) e la riduzione delle tasse del lavoro (41,9% vs. la riduzione del costo del lavoro indicata dal 17,9% delle imprese). Oltre un terzo del campione indica la necessità di maggiori servizi di supporto agli anziani e alle persone non autosufficienti (indicato dal 22,4% delle imprese).
Il 31,9% delle persone segnala il miglioramento dei Servizi per l’impiego, indicato invece dal 27,9% delle imprese (terza voce di intervento evidenziata dalle imprese insieme ad ampliamento delle forme di flessibilità e il miglioramento di servizi di matching fra domanda e offerta di lavoro pubblici e privati). Da notare come le politiche attive del lavoro, al primo posto per le aziende (39,8%) si trovi a metà classifica per le persone, indicato dal 29,4% del campione dei lavoratori.
I dati sono stati presentati nel corso dell’evento organizzato insieme a Fondazione Gi Group dove si è riflettuto sul profondo cambiamento che la società – e il mondo del lavoro – sta attraversando e che richiede a persone, aziende e istituzioni di ripensare al ruolo che ricoprono nella realtà sociale ed economica.
Vivere il lavoro: un impegno condiviso per il Lavoro Sostenibile
Le continue evoluzioni e i cambiamenti che caratterizzano l’attuale momento storico richiedono di ripensare il ruolo che persone, aziende e istituzioni rivestono all’interno della realtà economica e sociale. Gi Group sostiene la necessità di dare vita ad un cambiamento che contribuisca a rendere il lavoro “sostenibile”, ovvero a creare condizioni di vita e di lavoro che supportino le persone nel rimanere a lungo attive, eliminando, al tempo stesso i fattori che scoraggiano o impediscono l’entrata nel mondo del lavoro e il mantenimento della propria employability.
Francesco Baroni, Country Manager Italia di Gi Group, ha commentato: “In un mondo che distingue chi lavora per vivere e chi vive per lavorare, noi crediamo che si possa e si debba vivere in piena consapevolezza il senso del lavoro. Perseguendo la nostra mission, da tempo abbiamo avviato una riflessione sul Lavoro Sostenibile: adesso è fondamentale aprire il confronto con imprese, parti sociali e istituzioni per meglio definire tale concetto e identificare, insieme, le condizioni e le iniziative che possano favorirne l’attuazione. “
Durante l’evento è stato presentato l’Osservatorio sul Lavoro Sostenibile istituito da Fondazione Gi Group per creare dibattito e conoscenza sul tema. “Ci siamo dotati di un Comitato Scientifico che affianca e arricchisce la nostra riflessione attraverso visioni e competenze differenziate. L’Osservatorio ci consente di avere una prospettiva privilegiata sul tema che, insieme alla nostra expertise, ci permette di identificare azioni concrete che diventino modelli replicabili per promuovere il Lavoro Sostenibile” – ha spiegato Antonio Bonardo, Direttore della Fondazione Gi Group – “Transizioni di lavoro e cambiamento del lavoro, politiche attive, occupabilità (capacità e competenze) saranno le aree di riflessione su cui inizieremo ad orientare i nostri interventi”.
Con la moderazione di Maria Cristina Origlia, nel corso della tavola rotonda Tindara Addabbo, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Marco Frey, Direttore del laboratorio di ricerca sulla Sostenibilità alla Sant’Anna di Pisa, Mauro Magatti, Università Cattolica di Milano, Fondatore e Presidente di Generatività, Michele Tiraboschi, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Coordinatore Scientifico ADAPT si sono confrontati sul perché sia importante parlare adesso di lavoro sostenibile e su quali siano le priorità di azione.