La fine dei sussidi e l’era delle imprese resilienti
Rimane poco tempo per tornare a nuotare senza giubbotto salvagente. L’effetto dei sussidi alle imprese – moratorie, prestiti garantiti dallo Stato, blocco dei licenziamenti – concessi ex lege è in sostanza questo. Ma ora siamo giunti al capolinea.
Ci sono diversi indizi a indicare che sia così. Da un lato proprio il fatto che l’ultima proroga, che estende la garanzia sui prestiti dal 30 giugno 2021 a fine anno, sia ancora sul tavolo della Commissione Ue, che dovrà esprimersi sulle richieste del Governo (sollecitate da Confindustria e Abi) di allungare la garanzia sui prestiti sopra i 30mila euro da 6 a 10 anni. L’Europa sembra ancora dubbiosa e quasi sicuramente chiederà riduzioni nelle percentuali di garanzia.
Insomma, il perdurare delle forme di sussidio alle imprese è meno scontato di quanto sia apparso inizialmente sulla stampa. E questo, insieme a elementi nuovi introdotti nel dibattito e nel testo del decreto, ci convince che si stia entrando in una fase di graduale disintossicazione dai sussidi.
Dunque, è il momento, per le imprese, quale che sia la loro dimensione o il settore merceologico, di smettere di contare su queste stampelle pubbliche e strutturarsi per il next normal del post Covid. “Spegnere il lume è un mezzo opportunissimo per non veder la cosa che non piace, ma non per veder quella che si desidera”. La frase, frutto della penna di Alessandro Manzoni, è stata ripresa nella relazione del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco per ricordare che bisogna essere preparati ai cambiamenti di cui abbiamo contezza e abbastanza flessibili per rispondere agli eventi e agli sviluppi inattesi.
Perché i sussidi sono al capolinea
Visco nelle sue ‘Considerazioni Finali’ del 31 maggio scorso, ha richiamato il sistema delle imprese e quello finanziario, affermando che il Pnrr in partenza, “deve essere parte di uno sforzo collettivo, volto a superare le nostre debolezze strutturali, la specificità di una anemia della crescita economica che dura da oltre due decenni… Si tratta di una formidabile sfida… non è pensabile un futuro costruito sulla base di sussidi e incentivi pubblici”.
Allora, senza dubbio, già dagli ultimi mesi del 2021 le imprese dovranno attrezzarsi per affrontare la realtà: ovvero un mondo in cui si potrà licenziare per ristrutturare, i prestiti bancari saranno concessi senza il paracadute dello Stato e le rate di rimborso dei debiti assorbiranno cassa dopo la fine delle moratorie. E in cui la riduzione di un pesantissimo fardello di debito pubblico peserà sull’economia e sulle imprese.
Il credito è tornato a fluire all’economia reale?
Le imprese devono dunque guardare oltre e per farlo devono possedere gli strumenti che saranno indispensabili per operare nei mercati post-pandemia, nell’epoca del next normal. La cautela espressa dal governatore Visco sullo stato di salute delle banche e la ripresa delle sofferenze induce molte imprese ad andare alla ricerca di credito alternativo a quello bancario. L’effetto dei prestiti garantiti è stato un’apertura temporanea da parte delle banche nei confronti delle pmi, erogando i 25mila euro alle microimprese senza istruttoria e deliberando complessivamente 200 miliardi di euro tra aprile 2020 e maggio 2021 tra nuovi finanziamenti (circa 30 miliardi netti) e consolidamento di vecchie posizioni, con 170 miliardi di garanzie del Fondo Centrale e 25 di SACE.
Un’inversione di tendenza rispetto al lungo credit crunch che aveva portato a fine 2019, secondo Banca d’Italia, a una riduzione del 31% delle erogazioni alle imprese, dal picco di 914 miliardi del novembre 2011 ai 631 miliardi di fine 2019. Il protagonista di questa stagione d’emergenza è stato solo il credito a medio-lungo termine: oltre 60 miliardi di finanziamenti a breve sono stati rimpiazzati da 80 miliardi di mutui a 6 o più anni di scadenza, che hanno generato liquidità e finanziato più il circolante che investimenti fissi.
Questo fenomeno di ribaltamento delle scadenze, positivo in apparenza nel dare respiro a quella parte d’imprese senza cuscinetti di liquidità, deve ora essere riequilibrato mano a mano che la ripresa economica e la crescita dei fatturati impone alle imprese il finanziamento del capitale circolante nel modo flessibile in cui avveniva prima della pandemia. Il finanziamento del credito commerciale è tipicamente rigenerabile e non implica i deflussi per il rimborso delle rate dei mutui.
La sfida delle banche (che torneranno a essere severe)
Quello che ci attende a breve è una prospettiva di maggiore severità per le banche. Ed è ancora nelle parole di Visco la migliore delle spiegazioni: “La proroga delle moratorie accrescerà la differenza con gli altri paesi europei riguardo all’intensità di utilizzo di questo tipo di misure, che se da un lato possono produrre benefici per i debitori, dall’altro rendono meno trasparenti i bilanci bancari, quindi è necessario che le banche utilizzino tutte le informazioni a loro disposizione per classificare correttamente i finanziamenti oggetto di moratoria, facendo emergere in modo tempestivo e prudente le perdite, anche per evitare potenziali dubbi degli investitori sull’effettiva qualità dei loro portafogli di prestiti.”
Sostanzialmente le banche torneranno a essere più severe quando cesserà l’ombrello delle garanzie statali. La sfida che attende dal prossimo autunno il sistema del credito risiede nell’interpretazione dei bilanci 2020 alterati da ammortamenti e costi del lavoro ridotti, ristori e cancellazione di imposte non ricorsivi, rate di leasing e debiti sospesi. I modelli di rating semi-automatici usati dalle banche per misurare il rischio di credito saranno ancora meno efficaci alla prova di questi bilanci. La selezione del credito, condizionata dal timore di nuovi NPL, dovrà essere agevolata dal comportamento attivo delle imprese nel fornire una trasparenza informativa senza precedenti a supporto delle valutazioni.
Gli impatti del next normal sulle imprese
Il sistema finanziario in questo periodo è ossessionato dalla ricerca delle imprese vincenti o ‘resilienti’, ovvero le più flessibili e capaci di superare l’impatto della pandemia, della crisi nelle catene di fornitura e ora dell’aumento dei costi per le materie prime e per i noli. Le imprese che si misurano con il sistema finanziario dovranno fornire le prove della loro capacità: sul piano di un governo puntuale dei flussi di cassa, sui programmi di investimento (specie se le legati al PNRR), sulla digitalizzazione e l’adattamento a una ‘nuova’ domanda digitale e fisica di prodotti di consumo e beni durevoli.
Ci sono alcune azioni pratiche, semplici, da compiere e altre più strutturali e strategiche. Nel breve periodo si prospetta, come spiegato in precedenza, la necessità di riequilibrare il credito a lungo-termine ritornando sul credito a breve con le forme di anticipo o di cessione delle fatture commerciali, offerti dalle banche, dal factoring ma anche dalle fintech come Workinvoice. Recuperare liquidità dal credito commerciale cedibile è una scelta immediata per avere cassa per fluidificare l’attività senza appesantire il bilancio e senza compromettere i futuri investimenti che si finanziano invece con i prestiti a lungo termine.
Le azioni strategiche per diventare resilienti
Un tessuto economico come quello italiano, popolato da tantissime micro-imprese e forme di terzismo spinto nella produzione, ma anche nei servizi (si vedano i recenti casi nella logistica) si confronta con sfide troppo spesso rimandate, strutturali e strategiche. Per poter emergere nel contesto selettivo che si va disegnando nel post Covid, bisogna fare un nuovo tentativo per uscire dal nanismo industriale, immaginare aggregazioni, poli industriali, alleanze capaci di dare luogo a sinergie ed economie di scala. Con il supporto di un buon sistema finanziario.
Le PMI, in particolare, dovranno avere molta più attenzione riguardo ai loro bilanci aziendali, che sono il biglietto da visita ed è anche il modo per bypassare i rischi di insolvenza e crisi a cui si indirizza il nuovo “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”, la cui entrata in vigore è stata rallentata dal Covid ma la cui portata rivoluzionaria è evidente. Se l’obiettivo ultimo della riforma, che riscrive la disciplina delle procedure concorsuali, è quello di rafforzare le imprese, aumentare il tasso di resilienza anche grazie a una diagnosi precoce di una potenziale crisi di impresa, la partita si gioca su investimenti organizzativi e informatici, che sono più sopportabili per una media impresa rispetto a una micro.
La pressione sale dunque soprattutto sulle piccole e medie imprese che convivono con condizioni di cash flow o di circolante non esattamente perfette, che appesantiscono il bilancio facendo apparire il business non sostenibile. Sono queste le imprese che devono seriamente valutare la possibilità di cedere i crediti commerciali attraverso l’invoice trading, per migliorare la propria situazione finanziaria.
Co-Founder di Workinvoice