La chiave del successo è gestire se stessi
La chiave del successo è gestire se stessi – 1^ parte
Essere l’Amministratore delegato di te stesso
Viviamo in un’epoca di opportunità mai viste prima.
Fino a qualche decennio fa si nasceva con un percorso tracciato, destinati a occupare una posizione nel lavoro, nella società. Il figlio di un agricoltore avrebbe fatto l’agricoltore. Il figlio di un artigiano sarebbe diventato artigiano. Nessuno aveva mai avuto un effettivo bisogno di conoscere i propri punti di forza.
Oggi, chi è dotato di intelligenza e ambizione può salire fino ai vertici dell’attività che ha scelto, indipendentemente dal suo livello di partenza. Ma l’opportunità porta con sé varie responsabilità.
Se vogliamo usare una metafora, dovremmo essere “gli amministratori delegati di noi stessi”.
Che significa? Conoscersi. La prima domanda è: “Quali sono i miei punti di forza?”.
Siamo quasi tutti convinti di sapere esattamente cosa sappiamo fare bene. E in genere ci sbagliamo. È forse più facile riconoscere ciò che non sappiamo fare bene. E spesso ci sbagliamo anche in questo.
Allenare la nostra capacità di auto-diagnosi è fondamentale. Perché possiamo fare bene solo partendo dai nostri punti di forza.
Vale per le nostre imprese, i nostri prodotti e servizi. Vale per noi come imprenditori e imprenditrici a capo di PMI, perché spesso non abbiamo accanto persone che ci dicano la verità. Se non il mercato. Vale per noi come persone.
Nessuno può ottenere risultati significativi basandosi sui propri punti deboli.
Bisognerebbe sprecare il minor tempo possibile nel tentativo di migliorare le aree di scarsa competenza. Ci vogliono molta più fatica e più energia per passare dall’incompetenza alla mediocrità su qualcosa, che far diventare eccellente una prestazione già buona.
È fondamentale quindi identificare i nostri punti di forza più preziosi e le debolezze che ci è più difficile superare; determinare in che modo impariamo e lavoriamo con gli altri. E riconoscere il tipo di ambiente lavorativo in cui possiamo dare il massimo contributo.
Facciamo insieme un breve viaggio in cinque tappe alla scoperta di noi stessi.
“Solo quando riusciamo a combinare i nostri punti di forza con una disciplinata conoscenza di noi stessi possiamo raggiungere la vera e duratura eccellenza”
Peter Drucker
La chiave del successo è gestire se stessi – 2^ parte
Il potere del feedback
Il modo migliore per scoprire i nostri punti di forza è “l’analisi del feedback”.
L’analisi del feedback non è una novità.
È stata inventata nel 1300 da un teologo tedesco e ripresa circa centocinquant’anni dopo, in modo indipendente, da Giovanni Calvino e da Ignazio di Loyola, che la fecero adottare come regola nei rispetti ordini religiosi: la chiesa Calvinista e l’ordine dei Gesuiti, di lì a trent’anni avrebbero dominato l’Europa.
Con questo termine intendiamo la capacità di mantenerci costantemente concentrati sui risultati delle nostre scelte e azioni. E confermarle o modificarle in base ai risultati che queste producono.
La logica è ambiziosa. Chiediti: “Quali risultati devo conseguire per fare la differenza?” Quindi concentrati là dove i tuoi punti di forza possono permetterti di ottenere i migliori risultati.
Come si utilizza il potere del feedback?
Ogni volta che prendi una decisione chiave o ti impegni in un’azione importante di business o nella sfera personale, scrivi il risultato che ti aspetti di ottenere.
Sei-dieci mesi dopo, confronta le tue aspettative con ciò che è realmente accaduto.
“Prega come se tutto dipendesse da Dio. Lavora come se tutto dipendesse da te”
Ignazio di Loyola
La chiave del successo è gestire se stessi – 3^ parte
“Come riesco al meglio? Sono un decisore o un consigliere?”
La domanda è: “Nella piramide dell’azienda a quale livello ottengo risultati migliori? Come decisore o come consigliere?”
Al vertice di qualunque organizzazione deve esserci un decisore.
Alcune persone sono eccellenti numeri due, ma non riescono a sostenere il peso e la pressione di dover decidere. Altri, invece, traggono utilità dal confronto con un consigliere che li costringa a pensare con metodo.
Poi, sono in grado di prendere decisioni e attuarle velocemente, con sicurezza e coraggio.
È proprio questo il motivo per cui il numero due di un’organizzazione spesso fallisce
quando viene promosso al ruolo di numero uno.
I bravi decisori, se chiamano al proprio fianco come numero due un consigliere di cui si fidano, creano un tandem che ottiene risultati straordinari.
Ogni Leader ha bisogno di qualcuno che gli dica con onestà dove sta sbagliando.
Difficile da accettare. Soprattutto se si tratta di qualcuno di famiglia, come capita spesso nelle nostre PMI. Con il rischio che una divergenza di valutazione nel business si trasformi in una tensione anche in casa.
“Apple dovrebbe essere quel genere di azienda in cui chiunque può andare dall’Amministratore delegato ad esporgli le sue idee”
Steve Jobs
La chiave del successo è saper gestire se stessi – 4^ parte
Un piano di azione per piccoli passi
Chiediti anche: Che cosa richiede la situazione?
Dati i miei punti di forza e il mio modo di lavorare in che modo posso dare il massimo contributo nella mia attività?
I manager agiscono secondo questo criterio: “È la decisione giusta per l’azienda?”
E “Io personalmente, dove e in che modo posso raggiungere risultati che faranno la differenza entro il prossimo anno e mezzo? Quali vincoli potrebbero limitare la nostra azione?”
E costruiscono su queste basi il piano di azione. Che deve comprendere un sistema che permetta di verificare i risultati.
Un esempio dell’efficacia dei piccoli passi che producono grandi risultati?
Il dirigente sanitario di un medio ospedale americano fu chiamato a guidare un grande ospedale.
Da nuovo direttore, si chiese quale contributo significativo avrebbe potuto dare entro due anni. Decise che avrebbe stabilito uno standard d’eccellenza in uno specifico settore. Scelse il pronto soccorso, che era grande, in vista e trascurato. Stabilì che ogni paziente che vi entrava sarebbe stato visitato da un infermiere qualificato entro sessanta secondi dall’arrivo.
Nel giro di dodici mesi quel pronto soccorso divenne un modello per tutti gli ospedali degli Stati Uniti. Nell’arco di due anni l’intero ospedale fu completamente trasformato.
I risultati devono essere significativi. Fare la differenza. Essere visibili, misurabili.
Su questi pilastri si baserà il piano d’azione: che cosa fare, dove e come iniziare, il ruolo delle persone che lavorano nei team dell’azienda, quali obiettivi, anche piccoli nell’immediato, e quali scadenze fissare.
I manager efficaci si concentrano su un obiettivo per volta, al massimo due.
Gli altri compiti, per quanto urgenti o allettanti, vengono delegati o posticipati.
Ogni sei-mesi sono necessari step intermedi di verifica e se necessario, aggiustare il tiro.
“Se non agisci significa che non hai veramente deciso”
Antony Robbins
La chiave del successo è gestire se stessi – 5^ parte
Cosa vuoi fare e cosa devi fare a volte non coincidono
Harry Truman, quando diventò il 33 Presidente USA sapeva di dover completare le riforme economiche e sociali rimandate a causa della Seconda guerra mondiale.
Eppure, appena insediato, capi che la politica estera aveva la priorità. Organizzò allora ogni sua giornata di lavoro in modo da iniziarla dando ai suoi capi della diplomazia chiari input di politica estera. Fu in grado di arginare così il comunismo in Europa e in Asia. E, con il piano Marshall, innescò una ripresa economica globale che durò cinquant’anni.
Jack Welch, quando assunse la carica di Amministratore Delegato di General Electric capi che il passo da compiere per primo non era l’espansione internazionale che avrebbe voluto intraprendere. Doveva liberarsi di quelle attività che, sebbene remunerative, non sarebbero mai diventate le numero uno o numero due nel settore.
“Ci sono solo tre criteri che dicono a un capo azienda tutto ciò che serve conoscere sulla sua organizzazione per orientarne le decisioni: l’impegno dei collaboratori, la soddisfazione dei clienti e il flusso di cassa”
Jack Welch
La chiave del successo è gestire se stessi
In Sintesi
Temiamo di non aver il talento o la personalità del leader?
Cosa hanno in comune i leader efficaci in ogni contesto, secondo il noto imprenditore e guru del Management Peter Drucker?
Seguono queste 8 regole d’oro:
- Si chiedono «in cosa so fare la differenza?»
- Si chiedono costantemente «cosa è giusto per l’impresa?»
- Sviluppano piani di azione di breve e medio termine
- Si assumono le responsabilità delle decisioni
- Si focalizzano sulle opportunità, non sui problemi
- Realizzano riunioni produttive
- Pensano e dicono «noi» invece di «io»
- Usano disciplina e metodo nell’applicare queste regole.