Iva: Unimpresa, Sud e Isole trainano la crescita dell’economia italiana
Economia italiana a macchia di leopardo e con qualche sorpresa: il Sud e le Isole corrono, tiene il Nord Ovest, galleggia il Centro, soffre il Nord Est. È questa la fotografia più nitida e concreta sullo stato di salute della congiuntura economica del Paese scattata dal Centro studi di Unimpresa attraverso i dati relativi all’Iva del 2023. Sul totale di 20 regioni, cinque hanno registrato l’anno scorso un andamento negativo, mentre tra le 15 con segno positivo (pari al 60% del pil), i primi otto posti sono per la quasi totalità appannaggio del Mezzogiorno: Molise (+14%), Sicilia (+12%), Campania (+7%), Calabria (+6%), Puglia (+4%) e Basilicata (3%). Valle d’Aosta e Piemonte tengono alta la bandiera settentrionale con aumenti rispettivamente del 10% e del 6%. Le cinque regioni da bollino rosso, che da sole rappresentano circa il 41% del prodotto interno lordo, sono: Friuli Venezia Giulia (-1%), Trentino Alto Adige (-1%) e Lombardia (-4%) oltre a Lazio e Liguria che con un risultato economico negativo superiore all’8% sono nettamente le peggiori aree economiche del Paese. Il resto della classifica è il seguente: Umbria (+3%), Sardegna (+3%), Emilia Romagna (+2%), Abruzzo (+2%), Marche (+1%) e Toscana (+0,5%), mentre il Veneto, con una variazione positiva dello 0,1%, si salva per un soffio dalla zona retrocessione. Risultati che portano il dato nazionale della fatturazione elettronica a chiudere in rosso del 2,1%. «I dati sfatano alcuni miti, a cominciare dallo storytelling della locomotiva del Nord Est imprenditoriale, e confermano quanto noi di Unimpresa sosteniamo da anni ovvero che i territori meridionali sono un valore aggiunto, sono essenziali per l’economia italiana. Da questo punto di vista i quasi 200 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza saranno cruciali, proprio in termini di coesione tra le varie realtà italiane: l’Italia del Nord non può fare a meno del resto del Paese, ma si tratta di un aspetto che il governo di Giorgia Meloni sta tenendo sempre in giusto risalto» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
L’analisi del Centro studi di Unimpresa ha preso in esame le statistiche Iva relative al 2023, considerandole un valido indicatore dello stato di salute dell’economia. Si tratta dei dati relativi alla fatturazione elettronica, secondo i quali il 41% del pil è in rosso, si tratta delle cinque regioni dove il fatturato di imprese e partite Iva si è fermato in territorio negativo: -1% in Friuli Venezia Giulia, -1,3% in Trentino Alto Adige, -4,3% in Lombardia, -8,2% in Lazio e -8,6% in Liguria. Delle 15 regioni con risultato positivo, spiccano quelle del Sud e le Isole. Nei primi otto posti del ranking della fatturazione elettronica, infatti, figurano ben sei regioni meridionali – Molise (+13,9%), Sicilia (+12,3%), Campania (+7,3%), Calabria (+6,2%), Puglia (+4,1%) e Basilicata (3,7%) – assieme a Valle d’Aosta e Piemonte che hanno tenuto alta la bandiera settentrionale, con aumenti rispettivamente del 9,9% e del 6,4%. Il resto della classifica è il seguente: Umbria (+3,2%), Sardegna (+2,7%), Emilia Romagna (+2,6%), Abruzzo (+2,3%), Marche (+1,3%) e Toscana (+0,5%). Solo per un soffio, ovvero una variazione positiva dello 0,1%, il Veneto si è salvato dalla zona negativa.
Le 15 regioni che hanno chiuso in positivo corrispondono al 59% circa del pil del Paese. Da sole, invece, le cinque regioni in rosso garantiscono il restante 41% dello stesso prodotto interno lordo. In generale, il Nord Ovest rappresenta il 33,3% del pil, il Nord Est il 23,3%, il Centro il 21,2%, il Sud il 15,2% e le Isole il 6,9%. Il Molise, che figura al primo posto nel ranking fiscale, apporta solo lo 0,4% all’economia nazionale, la Sicilia il 5%, la Valle d’Aosta lo 0,3%. Giù dal podio, e sempre in ordine di graduatoria, la Campania vale il 6,1% del pil, il Piemonte il 7,5%, la Calabria l’1,8%, la Puglia il 4,3%, la Basilicata lo 0,8%, l’Umbria l’1,4%, la Sardegna l’1,9%, l’Emilia Romagna il 9,1%, l’Abruzzo l’1,8%, le Marche il 2,4%, la Toscana il 6,6%, il Veneto il 9,3%, il Friuli Venezia Giulia il 2,2%, il Trentino Alto Adige il 2,2%, la Lombardia il 22,8%, il Lazio il 10,9%, la Liguria il 2,8%.