Istat: segnali di ripresa per l’economia italiana
Dopo il crollo di marzo e aprile l’economia mondiale ha iniziato a mostrare segnali di progressivo miglioramento. Il commercio internazionale di merci in volume, che nel secondo trimestre è diminuito del 12,5%, a giugno ha registrato un rimbalzo significativo e diffuso tra i paesi.
La caduta del Pil italiano del secondo trimestre è associata a estesi segnali di ripresa emersi, da maggio, per la produzione industriale e da giugno per i nuovi ordinativi della manifattura e per le esportazioni che hanno riportato forti incrementi sia verso i mercati Ue sia verso quelli extra-Ue, interessando tutte le principali categorie di beni.
A luglio, stime preliminari sui flussi commerciali con i paesi extra-Ue indicano la prosecuzione della fase di risalita delle vendite all’estero mentre ad agosto il clima di fiducia delle imprese ha confermato i segnali positivi la cui diffusione coinvolge quasi tutti i settori anche se con intensità diverse.
A luglio, si sono registrati i primi segnali di recupero anche per l’occupazione accompagnati da una intensificazione della ripresa delle ore lavorate pro capite.
Ad agosto, si è ampliata la tendenza alla flessione dei livelli dei prezzi al consumo, ancora condizionati dalla caduta tendenziale delle quotazioni dei prodotti energetici.
IL QUADRO INTERNAZIONALE
L’attività economica mondiale ha segnato, nel secondo trimestre, una forte flessione dovuta principalmente al fermo amministrativo della produzione imposto nei vari paesi per contenere i contagi avvenuto con tempistiche e intensità differenti. Gli indicatori statistici a frequenza mensile, tuttavia, dopo il crollo di marzo e aprile hanno mostrato con poche eccezioni un progressivo miglioramento. Il commercio internazionale di merci in volume, che nel complesso del secondo trimestre è diminuito del 12,5% (-2,7% nei tre mesi precedenti), a giugno ha registrato un rimbalzo diffuso tra i paesi (+7,6% congiunturale, fonte: Central planning bureau). Da maggio, anche le prospettive per gli scambi mondiali sono migliorate, come segnalato dalla ripresa del PMI globale sui nuovi ordinativi all’export. Nei mesi estivi l’economia cinese ha proseguito il percorso di recupero dei ritmi produttivi avviato a marzo. Dopo il forte rimbalzo del Pil nel secondo trimestre (+11,5% in termini congiunturali), gli indici PMI hanno continuato a crescere. In particolare, ad agosto, il PMI manifatturiero è salito a 53,1 collocandosi per la quarta volta consecutiva sopra la soglia di espansione, pari a 50, mentre quello dei servizi è sceso marginalmente (54 da 54,1 di luglio).
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In T2, il Pil statunitense ha segnato un crollo congiunturale (-9,1%), ma da maggio gli interventi di politica economica fortemente espansivi attuati dalla Federal Reserve e dal Governo hanno determinato i primi segnali di risalita dell’attività economica. A luglio, le vendite al dettaglio e di auto sono state più elevate di quelle di febbraio. La fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board ad agosto è, invece, ancora significativamente inferiore ai livelli di febbraio (rispettivamente 84,8 e 132,6), verosimilmente ancora condizionata dall’evoluzione dell’emergenza sanitaria e dalla crescita della disoccupazione, salita a livelli record (10,2%).
Nell’area dell’euro, il Pil nel secondo trimestre si è contratto del 12,1% rispetto al trimestre precedente. Nel dettaglio nazionale, in termini congiunturali il Pil tedesco è sceso del 9,7%, quello francese del 13,8% mentre in Spagna la caduta è stata del 18,5%. Il dato trimestrale per il complesso dell’area, tuttavia, sintetizza un andamento mensile eterogeneo dell’attività economica: alla caduta di aprile si è affiancato il recupero di maggio e giugno, quando la produzione industriale ha continuato a segnare successivi miglioramenti congiunturali (+9,1% a giugno). Le informazioni disponibili per gli ultimi mesi hanno mostrato una ripresa della fiducia, più decisa tra le imprese che tra i consumatori. A luglio, il tasso di disoccupazione nell’area è cresciuto al 7,9% (7,7% a giugno) a sintesi di un elevato grado di eterogeneità tra i paesi legato a una diversa reazione alla tempistica della crisi e a differenze nelle policy a sostegno dell’occupazione. Nello stesso mese, le vendite al dettaglio hanno segnato una contenuta riduzione congiunturale ( -1,3%) che fa seguito all’ampia risalita dei due mesi precedenti (rispettivamente +20,6% e +5,3%): a livello tendenziale i valori risultano superiori a quelli dell’anno precedente (+0,4%).
I segnali di miglioramento si estendono anche ad agosto. L’Economic sentiment indicator (ESI, Figura 2) elaborato dalla Commissione europea in recupero da maggio ha continuato a salire (87,7 da 82,3 di luglio) trainato da industria, commercio al dettaglio e servizi mentre la fiducia è peggiorata nelle costruzioni ed è rimasta stabile per i consumatori (nonostante il miglioramento delle attese sull’occupazione). Nel dettaglio nazionale l’ESI è aumentato in Italia (+2,7), Germania (+5,9) e Francia (+9,3) mentre è peggiorato in Spagna ( -2,5).
Nello stesso mese, è proseguita la fase di indebolimento del dollaro nei confronti dell’euro, verosimilmente legata alla diminuzione dei tassi americani. In media, ad agosto, il cambio si è attestato a 1,18 dollari per euro (1,15 a luglio). Nello stesso periodo, pur rimanendo su livelli storicamente bassi, il prezzo del Brent ha continuato a rafforzarsi, nonostante l’assenza di particolari vincoli di offerta: 44,6 dollari al barile, da 43,2 di luglio (ad aprile il valore era di 18,5 dollari).
LA CONGIUNTURA ITALIANA
Imprese
Nel secondo trimestre, il prodotto interno lordo (Pil) ha registrato un calo senza precedenti (-12,8% rispetto al primo trimestre) condizionato negativamente sia dalla domanda interna (-9,5 punti percentuali) sia da quella estera netta (-2,4 punti percentuali), a sintesi di una riduzione congiunturale delle esportazioni più marcata di quella delle importazioni (rispettivamente -26,4% e -20,5%).
La caduta della domanda interna è stata determinata dalla marcata riduzione dei consumi (-8,7% la variazione congiunturale in T2), condizionati dalla contrazione di acquisti di beni durevoli (-21,4%) e servizi (-15,8%), e degli investimenti (-14,9%), con significative riduzioni diffuse tra le tipologie a eccezione di quelli in proprietà intellettuale (-0,9%).
Tra aprile e giugno, il valore aggiunto è caduto in tutti i settori economici: -22% nelle costruzioni, -19,8% nell’indu- stria in senso stretto e -11,0% nei servizi. Tuttavia, la media trimestrale ha sintetizzato andamenti mensili eterogenei legati alla tempistica di applicazione delle misure di lockdown: alla marcata contrazione di aprile è seguita una ripresa a maggio e giugno quando la produzione industriale, gli ordinativi della manifattura e le vendite al dettaglio hanno mostrato segnali decisamente positivi.
A giugno, anche il commercio estero ha confermato i segnali di vivacità mostrati il mese precedente: le vendite all’estero sono aumentate del 14,4% su base congiunturale (+35,2% a maggio), riportando forti incrementi sia verso i mercati Ue (+13,3%) sia verso quelli extra-Ue (+15,6%) e interessando tutte le principali categorie di beni, in particolare quelli strumentali e intermedi (+23,6 e 10,2%). Anche le importazioni hanno mostrato un ulteriore miglioramento (+16,1% da +6,1% a maggio), a cui ha contribuito in particolare l’aumento degli acquisti provenienti dai paesi extra-Ue con una crescita diffusa tra le principali tipologie di beni.
Le informazioni disponibili per i mesi di luglio e agosto, seppure ancora parziali, suggeriscono il proseguimento della fase di ripresa. A luglio, si osservano aumenti nei dati dei consumi elettrici e della fatturazione elettronica e le stime preliminari sui flussi commerciali con i paesi extra-Ue indicano la prosecuzione della fase di risalita delle vendite all’estero, con un dimezzamento del calo tendenziale delle esportazioni osservato a giugno.
Ad agosto, l’indice del clima di fiducia delle imprese ha confermato i segnali positivi registrati a luglio e diffusi a tutti i settori anche se di intensità diverse, con i servizi di mercato e il commercio al dettaglio che hanno segnato gli aumenti più ampi. Tuttavia il livello degli indici rimane inferiore a quello di gennaio con distanze più accentuate per i servizi.
Famiglie e mercato del lavoro
I dati di contabilità nazionale confermano l’evoluzione asimmetrica dell’occupazione rispetto agli altri principali indicatori del mercato del lavoro. Nel secondo trimestre, gli occupati hanno registrato una moderata riduzione rispetto al trimestre precedente (-2,5%), più contenuta rispetto a quella dell’area euro (-2,8%). Nella fase di lockdown, l’intensità del fattore lavoro ha comunque registrato significative contrazioni. Il numero di unità di lavoro ha subito un forte calo (-11,8%) così come le ore lavorate (-13,1%). Allo stesso tempo anche i redditi da lavoro dipendente hanno segnato una significativa riduzione (-10,4%) mentre quelli pro capite, per unità di lavoro, sono aumentati (+1,5%).
A luglio, sembrano emergere segnali di recupero dell’occupazione insieme al proseguimento della ricomposizione tra disoccupazione e inattività. Dopo quattro mesi di flessioni consecutive, l’occupazione è cresciuta di 85mila unità rispetto a giugno (+0,4%), con un significativo miglioramento dell’occupazione femminile (+80mila) e, dal punto di vista delle tipologie occupazionali, dei dipendenti (+145mila, +0,8%). Contestualmente, è cresciuto il numero di persone alla ricerca di lavoro (+134mila) mentre si è ridotto quello degli inattivi (-224mila). È proseguita la fase di recupero dell’intensità lavorativa degli occupati: il numero di ore pro capite effettivamente lavorate è stato pari a 33,1 ore, un livello di sole 1,2 ore inferiore a quello registrato a luglio 2019. Per i dipendenti il gap rispetto all’anno precedente è ancora più ridotto (-0,8 ore).
In analogia all’andamento dell’area euro, a luglio le vendite al dettaglio hanno registrato una pausa rispetto ai decisi aumenti segnati nei due mesi precedenti: le vendite in volume sono diminuite (-3,1%) condizionate negativamente da quelle in beni non alimentari (-4,8%). Nel complesso, tra gennaio e luglio, le vendite in volume si sono mantenute a un livello decisamente inferiore a quello dell’anno precedente (-9,7%) a sintesi di una contrazione di quelle in beni non alimentari (-17,8%) e di un lieve miglioramento di quelle in beni alimentari (+1,5%).Il quadro complessivamente incerto si riflette anche sulla fiducia dei consumatori che ad agosto ha segnato un marginale miglioramento sostenuto da quello del clima economico e dalle attese sulla situazione economica del paese. Seppure in attenuazione rimangono elevati i livelli delle attese per la disoccupazione.
Prezzi
Il rallentamento della dinamica dei prezzi al consumo dei primi mesi del 2020 si è trasformato dalla fine della primavera in una fase deflativa. Ad agosto, in base alla stima provvisoria, il tasso di variazione annuo dell’indice nazionale per l’intera collettività è sceso al -0,5% (-0,4% a luglio e -0,2% a maggio e giugno). La tendenza negativa è stata determinata principalmente dalla forte caduta annua dei prezzi dei beni energetici, come effetto della eccezionale contrazione delle quotazioni del petrolio sui mercati internazionali dei mesi precedenti. L’ampliarsi dei ribassi relativi a taluni servizi di trasporto ha fornito un ulteriore condizionamento negativo. I rincari nei beni alimentari si sono confermati in rallentamento, dopo i significativi rialzi segnati nei mesi del lockdown in seguito alla domanda sostenuta e ai maggiori costi di produzione. La dinamica dell’indicatore che misura la tendenza di fondo (calcolato escludendo energia, alimentari e tabacchi) è rimasta positiva ma estremamente contenuta e ad agosto si è pressoché annullata (+0,1%, valore più basso da ottobre 2016).
La tendenza deflativa ha coinvolto anche la maggior parte dei paesi dell’eurozona, dove ad agosto la variazione su base annua dei prezzi al consumo è diventata in media negativa (-0,2%, +0,4% in luglio), portandosi sui valori più bassi dalla primavera del 2016. I tassi tendenziali dei prezzi italiani sono risultati inferiori a quelli medi dell’area in tutte le principali componenti ad esclusione dei beni industriali non energetici, il cui andamento risente ancora in parte dell’avvio ritardato rispetto allo scorso anno dei saldi estivi inclusi nell’indice.
Gli effetti dei ribassi delle materie prime sono evidenti in tutto il sistema dei prezzi. Spinte deflative continuano a interessare i prezzi all’importazione che a giugno sono diminuiti del 6,5% su base annua; più contenuta la riduzione per i soli beni di consumo non alimentari, scesi dello 0,7% rispetto a un anno prima. Anch e per i prezzi alla produzione dei prodotti industriali venduti sul mercato interno è proseguita la fase deflativa, con una variazione annua negativa ma in attenuazione (-5,4% a luglio da -7,2% a maggio) per la minore discesa dei prezzi energetici. Al netto di questi ultimi i prezzi sono rimasti invariati, mentre i beni di consumo non alimentari hanno mantenuto una dinamica di crescita sui ritmi di giugno (+1,0%). In base ai dati di contabilità nazionale, nel secondo trimestre dell’anno nell’industria manifatturiera alla riduzione dei costi degli input intermedi si è associato un aumento del costo del lavoro per unità di prodotto. La caduta congiunturale dei costi unitari variabili è nel complesso risultata più contenuta rispetto a quella dei prezzi dell’output, dando luogo a una compressione dei margini di profitto unitari.
Dalle aspettative di inflazione degli operatori economici ad agosto non sono emerse indicazioni di dinamiche dei prezzi molto diverse dalle attuali per i prossimi mesi.